Home Editoriale “Coronavirus, il paragone con la guerra è sbagliato: oggi abbiamo troppa rabbia”

“Coronavirus, il paragone con la guerra è sbagliato: oggi abbiamo troppa rabbia”

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Questa pandemia, che come un fiume in piena ha attraversato l’Italia da nord a sud raccogliendo, nei paesi più esposti, migliaia di vite umane disperatamente trascinate in abbandono nel mare dei cimiteri, ha scosso l’animo anche dei più forti. E poiché le cose si ripetono ciclicamente, nonostante il costante mutamento dei livelli di vita, si è ripetuta la dolorosa storia della peste che, esattamente un secolo fa, segnò lutti in tutte le famiglie. Pur seguendo il confronto, polemico e accusatorio, tra la politica e il mondo scientifico, non si riuscirà mai a capire se ci siano state colpe da una parte o dall’altra. Quello che è certo è che anche oggi, a cinque mesi dalle prime dolorose manifestazioni del Coronavirus, i due ‘mondi’ sono ancora lì a rimpallarsi le responsabilità, dando una notizia buona e una cattiva a secondo delle fonti. E’ pur vero che la scienza medica ha fatto grandi sviluppi in un secolo di ricerche, ma tutto quello che è stato scoperto fino a ieri serve a curare le malattie note, il Covid-19 è nuovo, per poterlo combattere i ricercatori devono prima capirne la natura. E qui, nel rispetto di tutti, vale l’antica saggezza: lavarsi le mani, mascherina, distanziamento sociale e aspettare pazientemente che qualcosa cambi, senza fretta. Abbiamo capito che correre non serve.

Un’emergenza sanitaria paragonata ad una guerra, sia per i tanti morti che ha lasciato in ogni paese sia per le criticità relative alle condizioni economiche che, secondo gli esperti, rendono difficile la ripartenza. Ma quale ripartenza dopo tanta paura? Quella di prima del Coronavirus, dopo aver annunciato a più voci il cambiamento? Se è così significa che il Covid-19 non ha insegnato nulla.

E’ sbagliato paragonare l’attuale situazione a quella dell’immediato dopoguerra quando c’era tutto da rifare, città da far risorgere dalle macerie causate dai bombardamenti, scuole aperte per pochi e miseria per tutti. Dopo l’aprile del 1945 ciò che univa tutti era l’allegria, la voglia di ripartire insieme a ricostruire l’Italia.  In questo contesto chi ne rimase in disparte a meditare sul proprio dolore. Ma oggi c’è solo rabbia e competizione che creano incertezze e tanta tristezza fra chi aggiunge al dolore, per la perdita di persone care, la preoccupazione del futuro.

In queste settimane siamo rimasti tutti aggrappati ai cespugli sulle sponde di quel fiume che, evocando il fiume Acheronte dell’Inferno di Dante con “Caron dimonio, con occhi di bragia,/ loro accennando, tutte le raccoglie;/ batte col remo qualunque s'adagia”, trascinava via i morti .

Molti anziani non hanno resistito alla corrente, sono stati strappati con dolore ai loro cari senza il conforto di una carezza, di uno ultimo sguardo amico se non quello pietoso di un medico o di un’infermiera, anche loro stressati e spaventati, e in certe situazioni costretti a scelte disumane.

Davide Dughetti

In questo clima di terrore del Coronavirus, c’è stato uno che non ha avuto paura, o forse ne ha avuta troppa, Davide Dughetti: ha preso la rincorsa e si è lanciato nel fiume lasciandosi trasportare dalla corrente, diventando compagno di viaggio di chi, anziano, sarebbe rimasto volentieri con i nipoti. Davide aveva 80 anni, ha sempre vissuto a Ramiseto lavorando sodo come operaio, ha fatto anche il boscaiolo, per anni il trattore era la sua macchina di lavoro. Si distraeva con qualche partita a carte nel bar del paese. Era una persona tranquilla, molto disponibile e rispettoso nei confronti di tutti.

Ne parlo proprio perché lo conoscevo come una brava persona di poche parole, come del resto ha dimostrato con la sua scomparsa. Vanno bene le moderne tecnologie che rendono immediata la comunicazione, però Davide aveva bisogno di comunicare all’antica, come quei tanti anziani che si è portato via il Covid-19: bastano poche parole e in certe situazioni anche uno sguardo aiuta. Tanti lo seguiranno per il cimitero di Ramiseto dove riposano i suoi genitori. Per molti resta il dispiacere aggiunto di non aver potuto celebrare il funerale dei propri defunti a causa della pandemia, per tutti vale una preghiera, il ricordo e l’insegnamento che un parente o un amico ha lasciato in tutti noi.

(Settimo Baisi)

 

 

 

 

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