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Ricordando Cain (Caio)

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Riceviamo e volentieri pubblichiamo

Appena terminato il servizio militare ebbi la fortuna di essere assunto da Giorgione nella sua ditta (ora diventata Reverberi Enetec) e lì ho avuto il piacere di conoscere Caio.

Lui uomo quarantacinquenne io appena ventenne, quindi per me divenne subito punto di riferimento.

Uomo profondamente innamorato della sua famiglia, orgoglioso di sua moglie, instancabile lavoratore professionale e soprattutto gioviale, ogni mattina arrivava col sorriso.

Per lui passare da pochi milliampere all’alta tensione non faceva differenza. E' grazie al suo insegnamento se non sono rimasto fulminato nei primi giorni di lavoro.

Con Caio si lavorava sempre fuori e quindi nelle brevi trasferte lungo il nostro Appennino c’era tempo di chiacchierare in furgone per cui una delle mie prime domande fu proprio la seguente; “Caio ma perché ti chiamano così?” … “Eh pin (per lui noi giovani eravamo tutti pin “bambini” e l’ho sempre e solo sentito parlare in dialetto) Caio o Cain è il diminutivo di Caino perché mio fratello s’era fatto prete quindi lui era l’Abele e a me è toccato Caino perché non avevo una gran bella pagella”. E rideva con i suoi occhi azzurri raccontandomi questo.

Aveva iniziato fin da giovane a girare l’Italia per lavoro, Mi raccontava di quando in pieno inverno aveva installato le teste toroidali (sono dei distanziatori per cavi) sulla linee dell’alta tensione che attraversano il Po martellando prima via il ghiaccio per riuscire ad avanzare con quella strana bicicletta che permetteva agli operai di stare appesi ai cavi. Era un lavoro che volevano fare in pochi per via dell’altezza, del vento, del freddo, del caldo, ma lui non aveva paura di nulla quindi lo chiamavano sempre e sempre ha lavorato.

Io, testa calda ventenne, avevo demolito due auto in pochi mesi e mi ero ridotto a recarmi al lavoro in motorino. Un giorno che nevica Caio mi fa: “Pin ascolta non ti posso vedere venire al lavoro sotto la neve in motorino. A casa ho una Mini Cooper che non uso, vieni a vederla che ci mettiamo d’accordo”. La sera vado da lui e nel garage trovo questa sprizzante macchinina. Io gli faccio: “Caio non ho abbastanza soldi per questa” e lui mi risponde “Ascolta la macchina varrebbe un milione e mezzo e me l’hanno già chiesta, tu dammi cinquecentomila lire e siamo a posto… però bada bene di non dirlo in giro se no prendo dell’asino”.

Caio era fatto così: un cuore d’oro.

Ricordo ancora un consiglio ricevuto da Caio: “Pin finchè sei giovane i soldi che guadagni usali per divertirti ma usali tutti! Se capita un imprevisto per ora hai i genitori, ma bada bene usali tutti ma fatteli bastare per arrivare a fine mese!”. Questi erano i consigli gioviali e pratici di Caio.

Eravamo in Asta d’inverno e mi fa: “Pin è mezzogiorno andiamo a magiare” e come di consueto quando si era in zona arriviamo da Renzo al Rifugio Peschiera Zamboni e con l’ordinazione non poteva mancare una bottiglia di vino: “Pin bada bene quando si chiede del chianti che la bottiglia abbia sul collo il galletto nero… è una garanzia”.

Nella foto lo si vede a mala pena: è quello di destra insieme a Sergio e Mauri, Il comune aveva dato allora il permesso di installare dei fari sopra Sassolungo per illuminare nei giorni di festa le pareti della Pietra. Io tiro per centinaia di metri il cavo di alimentazione attraverso il bosco - questo il compito che mi aveva assegnato perché diceva, giustamente, che i giovani dovevano fare il lavoro di fatica-  poi ovviamente fu lui il primo a salire aggrappandosi all’edera che avvolgeva il sasso per poi dare corda e la possibilità di salire tutti quanti per terminare il lavoro.

Una manciata di ricordi dell’amico Caio.

Gabriele Colombani

 

 

 

 

1 COMMENT

  1. Grazie Gabri, per queste pennellate, che descrivono bene Caio. Io me lo ricordo quando ero ragazzo, le mie prime licenze di caccia, non ancora ventenne….Andavo spesso al bar qui, di fronte casa mia, ad ascoltare i racconti dei cacciatori esperti, per imparare, quasi fossi a scuola….D’autunno, con l’arrivo delle Beccacce, Caio e Romano diventavano un punto di riferimento per tutti gli altri cacciatori del paese….Per questi due infatti, la Regina (Beccaccia) non aveva segreti….Mamma mi raccontava ogni tanto di quei due fratelli così diversi….e ci pensavo spesso quando nell’andare o nel tornare a casa mia, vedevo Cain davanti casa che, con Baroncini o con Romano, programmava l’uscita di caccia per la mattina successiva….Andranno a Starne o a Beccacce mi chiedevo ….. Impossibile che lui non sorridesse…..Così che, passando gli anni, noi si invecchiava e mi convincevo che quei due fratelli, non fossero poi tanto differenti….Non che il fratello prete somigliasse al fratello Caino……ma, il contrario….

    Umberto

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