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Il lavoro al centro dell’omelia di Papa Francesco

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Il tema del lavoro – di drammatica attualità – è stato al centro dell’omelia della Messa che Papa Francesco ha celebrato oggi, 1° maggio, nella cappella di Santa Marta.

Introducendo la celebrazione eucaristica ha rivolto questa intenzione di preghiera: “Oggi, che è la festa di San Giuseppe lavoratore, anche la Giornata dei lavoratori, preghiamo per tutti i lavoratori. Per tutti. Perché a nessuna persona manchi il lavoro e che tutti siano giustamente pagati e possano godere della dignità del lavoro e della bellezza del riposo”.

Commentando il passo della Genesi (1,26 – 2,3) ha detto che Dio creatore creò il mondo, creò l’uomo e gli diede una missione: gestire, lavorare, portar avanti il creato. E la parola “lavoro” è proprio quella che usa la Bibbia per descrivere questa attività di Dio: “Portò a compimento il lavoro che aveva fatto e cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro”. Dio consegna questa attività all’uomo: “Tu devi fare questo, custodire quello, quell’altro, tu devi lavorare per creare con me – è come se dicesse così – questo mondo, perché vada avanti”. A tal punto che il lavoro non è che la continuazione del lavoro di Dio: il lavoro umano è la vocazione dell’uomo ricevuta da Dio al fine della creazione dell’universo, ha evidenziato Papa Francesco.

Il Santo Padre ha sottolineato che il lavoro rende l’uomo simile a Dio, perché con il lavoro l’uomo è creatore, è capace di creare tante cose, anche creare una famiglia per andare avanti. “L’uomo è un creatore e crea con il lavoro”. Questa è la vocazione. E dice la Bibbia che Dio vide quanto aveva fatto ed ecco, era cosa molto buona.

Ciò significa, ha proseguito Papa Francesco che il lavoro ha dentro di sé una bontà e crea l’armonia delle cose – bellezza, bontà – e coinvolge l’uomo in tutto: nel suo pensiero, nel suo agire, tutto. L’uomo è coinvolto nel lavorare. È la prima vocazione dell’uomo: lavorare. E questo dà dignità all’uomo. La dignità che lo fa assomigliare a Dio. E ha rimarcato la dignità del lavoro.

Al riguarda ha citato questo episodio: a un uomo che non aveva lavoro e andava alla Caritas per cercare qualcosa per la famiglia, un dipendente della Caritas ha detto: “Almeno lei può portare il pane a casa” – “Ma a me non basta questo, non è sufficiente”, è stata la risposta: “Io voglio guadagnare il pane per portarlo a casa”. Gli mancava la dignità, la dignità di “fare” il pane lui, con il suo lavoro, e portarlo a casa.

La dignità del lavoro, che è tanto calpestata, purtroppo. Nella storia abbiamo letto le brutalità che facevano con gli schiavi: li portavano dall’Africa in America – io penso a quella storia che tocca la mia terra – e noi diciamo “quanta barbarie” … E poi l’affondo: Ma anche oggi ci sono tanti schiavi, tanti uomini e donne che non sono liberi di lavorare: sono costretti a lavorare, per sopravvivere, niente di più.

Sono schiavi: i lavori forzati … sono lavori forzati, ingiusti, malpagati e che portano l’uomo a vivere con la dignità calpestata. Sono tanti, tanti nel mondo. Tanti. Nei giornali alcuni mesi fa abbiamo letto, in quel Paese dell’Asia, come un signore aveva ucciso a bastonate un suo dipendente che guadagnava meno di mezzo dollaro al giorno, perché aveva fatto male una cosa.

La schiavitù di oggi è la “indignità” nostra, perché toglie la dignità all’uomo, alla donna, a tutti noi, ha ammonito Bergoglio.

“No, io lavoro, io ho la mia dignità: sì, ma i tuoi fratelli, no. Sì, Padre, è vero, ma questo, siccome è tanto lontano, a me fa fatica capirlo. Ma qui da noi …”.

Il discorso del Papa si è così focalizzato sulla nostra realtà: “anche qui, da noi. Pensa ai lavoratori, ai giornalieri, che tu li fai lavorare per una retribuzione minima e non otto, ma dodici, quattordici ore al giorno: questo succede oggi, qui. In tutto il mondo, ma anche qui. Pensa alla domestica che non ha retribuzione giusta, che non ha assistenza sociale di sicurezza, che non ha capacità di pensione: questo non succede in Asia soltanto. Qui”.

Ogni ingiustizia che si fa su una persona che lavora, è calpestare la dignità umana, ha stigmatizzato il Santo Padre, anche la dignità di quello che fa l’ingiustizia: si abbassa il livello e si finisce in quella tensione di dittatore-schiavo.

Invece, la vocazione che ci dà Dio è tanto bella: creare, ri-creare, lavorare. Ma questo si può fare quando le condizioni sono giuste e si rispetta la dignità della persona.

Oggi ci uniamo a tanti uomini e donne, credenti e non credenti, che commemorano la Giornata del Lavoratore, la Giornata del Lavoro, per coloro che lottano per avere una giustizia nel lavoro, per coloro – imprenditori bravi – che portano avanti il lavoro con giustizia, anche se loro ci perdono. Due mesi fa, ha raccontato Bergoglio, ho sentito al telefono un imprenditore, qui, in Italia, che mi chiedeva di pregare per lui perché lui non voleva licenziare nessuno e ha detto così: “Perché licenziare uno di loro è licenziare me”. Questa coscienza di tanti imprenditori buoni, che custodiscono i lavoratori come se fossero figli. Preghiamo pure per loro.

E ha così concluso: chiediamo a San Giuseppe che ci aiuti a lottare per la dignità del lavoro, perché ci sia il lavoro per tutti e che sia lavoro degno. Non lavoro di schiavo. Questa sia oggi la preghiera.