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La scuola ai tempi del Coronavirus

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“L’amore ai tempi del colera” di Gabriel Garcia Marquez, Premio Nobel per la letteratura nel 1985, è uno dei romanzi più pubblicati, tradotti e divulgati di sempre, noto in ogni parte del globo.

Mutuando e adattando il titolo del famoso testo alla tremenda situazione attuale, si indaga come gli insegnanti del nostro territorio si sono approcciati ai nuovi strumenti didattici diventati assolutamente necessari per far fronte all’emergenza contingente. In questa piccola inchiesta, la cui lettura richiederà un po’ di pazienza, si da spazio alle parole con le quali il personale docente racconta come sta adattando il proprio metodo di lavoro per poter giungere al cuore dei ragazzi.

Si riporta il pensiero dei docenti che prestano servizio in scuole di diversi istituti. Dalle scuole primarie alle scuole secondarie il pensiero principale che muove è sostanzialmente unanime: “i nuovi metodi di approccio sono essenziali per tener saldo e rafforzare il rapporto con i ragazzi”. Questa è per tutti la solida base di partenza: “essenziale è fuor di dubbio l’approccio relazionale, il continuare a “far classe””.

Certo è che ogni docente è stato chiamato ad approfondire “senza se e senza ma” le proprie competenze informatiche in parte già acquisite prima dell’emergenza sanitaria in corso. Se nel “mondo del prima” l’utilizzo era scarso o nullo e così anche l’interesse degli insegnanti, nel “mondo del dopo” la formazione sulle nuove tecnologie è diventata inevitabile. E allora, con molto impegno e abnegazione, ogni docente, nonostante le più o meno importanti difficoltà, ha colto la sfida che è stata  lanciata e si è equipaggiato con i nuovi “attrezzi del mestiere”. “Anche noi stiamo imparando con i ragazzi”: questa è la frase con la quale si può riassumere l’esperienza vissuta. Lo stimolo che ha spinto i docenti si sostanzia in questo: “Lo devo fare, devo riuscire perché devo poter vedere i ragazzi e devo essere in grado di farli  a lavorare”.

Tutti gli intervistati sottolineano la forte collaborazione reciproca: i docenti con più esperienza tecnologica, generalmente quelli più giovani, si sono messi a disposizione dei colleghi meno formati e ciò ha consentito a tutti di poter essere adeguatamente preparati.

L’esperienza risulta essere stimolante anche se non priva di insidie se non altro quelle legate alla novità ma in tutti prevale la necessità di poter continuare l’attività con i loro ragazzi.

Altro aspetto imprescindibile è il ruolo fondamentale della famiglia. Per i più piccini è ovviamente irrinunciabile essendo i genitori stessi il tramite necessario per il rapporto. Aumentando l’età degli studenti ovviamente aumenta anche la loro autonomia e indipendenza che si modula e prende forma anche in forza della strumentazione tecnica che gli stessi hanno a disposizione. I ragazzi che hanno pc o tablet o cellulare proprio sono più autosufficienti rispetto a chi deve condividere gli stessi oggetti con i fratelli che devono svolgere la stessa attività o con i genitori che sono a casa in “smart working”. Purtroppo  però qualcuno resterà escluso. “Non uno di meno” è la frase di una insegnate che sintetizza l’obiettivo. Sfortunatamente questo non è realizzabile al 100 % soprattutto a causa di assenza di linea, e per i più giovani con genitori stranieri e/o poco scolarizzati.

“C’è comunque chi non fa i lavori assegnati, come non li faceva prima. Ci sono assenti ma come ci sarebbero stati anche in classe.” così riporta un’altra delle voci ascoltate. E questo rende il tutto assolutamente reale.

Tutti gli intervistati sono concordi nell’affermare che anche gli studenti si stanno rapportando in modo serie e responsabile alla nuova scuola

“Gli studenti dimostrano una grande responsabilità e collaborazione, lavorano, hanno capito che devono impegnarsi. Hanno coscienza che questa comunque è e rimane una scuola e che i nuovi strumenti adottati sono l’unico modo per poter renderla e mantenerla tale.” Così si esprime un’insegnante di lingue straniere.

Aggiunge inoltre un insegnante di discipline tecniche di un istituto superiore: “La seria partecipazione dei ragazzi si riscontra nei risultati didattici che si ottengono. Gli elaborati trasmessi sono di valore: da questi si può misurare la bontà dell’approccio adottato”

Variando l’ordine di scuola cambia la metodologia adoperata e l’utilizzo della stessa. Nella scuola  dell’infanzia sono utilizzati messaggi di “whatsup” inviati su gruppi appositamente costituiti o individuali e vidochiamate: si ritiene che il contatto visivo sia imprescindibile. Le piattaforme “Meet” e “Classroom” la fanno invece da padrone alla scuola primaria e secondaria. Con questi strumenti vengono tenute lezioni vere e proprie, vengono assegnati i compiti, eseguite e corrette le verifiche. Si passa da chi si connette sporadicamente e per poco tempo  a chi invece rispetta sostanzialmente in modo quasi integrale l’orario scolastico. Per alcune discipline, ad esempio quelle umanistiche, le lezioni si attengono al programma per altre sono più aperte. E’ certamente limitata la possibilità di interazione dovuta al fatto che il rapporto è mediato dagli strumenti utilizzati ma soprattutto dalla mancanza di contatto visivo e fisico.

“Si semplificando i contenuti, si limitano le argomentazioni più articolate. Si cerca di essere più coincisi e puntuali eliminando  i fronzoli, andando dritti alla sostanza” questa è un po’ la sintesi che un’insegnante ha voluto condividere.

Una docente di eduzione fisica di una scuola superiore dice che viene lasciato molto spazio al dialogo. Al momento non ha tenuto vere e proprie lezioni, ma ha utilizzato il tempo a disposizione per mettersi in ascolto dei ragazzi che “fanno i toghi ma che esprimono anche la necessità di mantenere viva la relazione con gli insegnanti e tra loro. In quest’ottica ho cercato di tenerli abbracciati (solo virtualmente) perché hanno bisogno di un’ancora. Passata la prima settimana in cui i ragazzi si sono sentiti in vacanza, ora non vogliono più stare a casa, hanno voglia di rivedersi, di incontrarsi di nuovo”. Prosegue raccontando che, come condiviso anche con altri colleghi,  ha consigliato ai ragazzi la visione di alcuni film: pellicole classiche a tema sportivo.  Nelle prossime sedute darà spazio a lezioni di primo soccorso. In questo modo cercherà di mettere in risalto i valori di vita più veri che spesso sono anche gli stessi valori che dovranno essere il faro per  ragazzi  “donne e uomini di domani”.