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Covid-19: ecco cosa ne pensano i giovani

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Cosa ci rende davvero insofferenti in questo momento? Ci atterrisce di più il timore del Coronavirus o della contingenza nella sua totalità? Il fatto di dover stare in casa, in solitudine, assieme alla consapevolezza che si tratta di un dovere/obbligo piuttosto che di una scelta presa autonomamente è così straniante?

Sono crollate nel giro di poco quelle certezze che prima davamo per scontate. Il caffè tra una lezione e l’altra, la serata al bar con gli amici dopo il lavoro, la camminata, la corsetta di fine giornata, la ‘vasca’ in macchina...piccoli momenti che inconsciamente garantivano soprattutto a noi giovani quel senso di libertà di cui oggi ci sentiamo privati.

Noi non siamo abituati a stare a casa, non siamo abituati ad autoimporci limiti ben precisi e nemmeno a passare troppo tempo soli con noi stessi e le nostre sensazioni. Facciamo parte di una generazione fatta di vite irrefrenabili, in cui il non aver nulla da fare ci è completamente estraneo, e ancor di più, ci fa paura. L’incertezza, la noia, la nullafacenza si trasformano in paura nel momento in cui non ci vengono dati né il tempo né il modo di prepararci, se non altro moralmente, ad una situazione completamente nuova e che mai avremmo pensato potesse  verificarsi.

Il web, la tv, i social, in quanto strumenti che usiamo e che ci fanno compagnia quotidianamente, sono pieni di messaggi che ci vengono indirizzati con un unico e perentorio messaggio: RESTATE A CASA!

Ci viene detto: “Ci sono tante cose da fare...guardate Netflix, cucinate, leggete un libro, studiate” ed è tutto vero, indiscutibile, si trasmette positività ed è importantissimo; come è vero che si può andare a fare la spesa per gli anziani, rendersi utili, aiutare chi, ora come ora, ha più bisogno e meno strumenti di noi, si può sfruttare il tempo e non darlo per perso a prescindere. Tuttavia, il confine tra il tentativo di trasmettere speranza e lo scadere nella banalità e nella superficialità, seppur a fin di bene, è molto sottile.

La verità è che non è facile resistere. Inoltre, generalizzare non è possibile e nemmeno fruttuoso. Non si tratta solo di aperitivi mancati, compleanni non festeggiati...ci sono giovani il cui papà e la cui mamma, non lavorando, magari faranno fatica ad arrivare a fine mese, studenti che, dopo anni di sacrifici ed impegno, si vedono privati della gioia di laurearsi con a fianco i propri amici e i propri familiari, pendolari che non possono tornare a casa. A questi ed altri ancora, sentirsi dire che l’obbligo di fermarsi ci farà riscoprire i valori di un tempo e perché no, forse ci farà anche bene, non basterà, o meglio non servirà.

Ciò che ci vuole è la schiettezza e l’ammissione di non essere imbattibili e la reciproca accettazione. Non siamo cattive persone solo perché ci sentiamo impreparati di fronte a leggi e restrizioni che sappiamo essere necessarie, ma che, allo stesso tempo, ci spaventano, come non siamo insensibili solo perché ci pesa l’obbligo di non spostarci. Nonostante tutto, ciò di cui ci lamentiamo è davvero poco rispetto a quello che stanno facendo coloro che il Covid-19 lo vivono in prima persona e ne sono testimoni in prima linea, queste sensazioni generalizzate non sono una colpa, siamo umani. Lo diventano, però, nel momento in cui non rispettiamo ciò che ci viene chiesto e quando sappiamo bene che è proprio da questo che dobbiamo ripartire.

Si potrebbero fare tanti discorsi filosofici a riguardo, aprire numerosi dibattiti, ma non è il momento di fare polemica. Noi giovani sembriamo averlo capito più di chiunque altro. Fino ad oggi, senza cattiveria, abbiamo tutti, chi più chi meno, vissuto nel nostro mondo e pensato al nostro orticello, ma ora ce ne siamo resi conto. Ora dobbiamo e vogliamo fermarci. Ci videochiamiamo, ci scriviamo e facciamo la nostra parte, continuando a vedere il bello, a credere nell’arte, in ogni sua forma, e nel ritorno.

Sfruttiamo la risorsa più preziosa che la nostra età ci regala, la convinzione di farcela sempre, con volontà e determinazione e assumiamoci questo pesante, ma imprescindibile onere.

Restiamo a casa e sentiamoci vicini, seppur in lontananza e facciamo sì che, riprendendo la domanda iniziale, diventi a tutti gli effetti una scelta ragionata e voluta e non più una imposizione.

6 COMMENTS

  1. Come scrisse Guccini, come cantarono anche i Nomadi e successivamente anche Giovanni Lindo Ferretti: “Noi non ci saremo”.
    Un virus che potrebbe essere fatale, non tanto per le nostre vite ma per le nostre abitudini, che andranno a nascondersi e torneranno quando,appunto, noi non ci saremo. Moriremo tutti, morirà qualsiasi vizio che caratterizza il mondo occidentale al giorno d’oggi e impareremo a valorizzare lo stretto necessario senza sprechi e inutili consumi. Da cattolico credente, penso appunto che questa morte porterà ancora più vita. Sconfiggeremo il virus per festeggiare alla vita.

    Il Sommo MG

    • Firma - Il Sommo MG
  2. Forza ragazzi, ora tocca a voi, come noi tantissimi anni fa abbiamo superato l’incubo della guerra, ora voi dovete “non per imposizione” ma per libera scelta, superare questo momento, che durerà molto meno del nostro.
    Vi capisco e sono con voi tutti, state tranquilli tutto tornerà come prima.
    Una nonna

    EldaZannini

    • Firma - EldaZannini
  3. la verità e che nn si sa rinunciare a niente. siamo una società ridicola, un mondo ridicolo. non sappiamo fare nulla per noi e per gli altri. non sapete stare in casa da soli xchè siete deboli, avete paura di stare con i vostri pensieri.

    ilRid

    • Firma - ilRid
  4. Come troviamo scritto in questa nota, “generalizzare non è possibile e nemmeno fruttuoso”, ed in effetti è sicuramente il caso di fare dei distinguo, vedi ad asempio il più che comprensibile disagio di chi si è trovato a dover sospendere la propria attività, o cerca di proseguirla, laddove è possibile, con non poche difficoltà, al che si aggiungono altresì situazioni particolari, anche sul piano economico, mentre altrettanto non può dirsi per chi si trova invece in tutt’altra condizione, potendo rimanersene in casa senza dover nutrire simili preoccupazioni.

    Anche perché oggigiorno si può rimanere in casa senza restare “inerti”, dal momento che disponiamo di telefono, radio, televisione, computer, ossia strumenti vari che, volendo, ci fanno restare in collegamento e contatto con l’esterno, per chi accusa più di altri la sensazione di solitudine e di “nullafacenza”, nel senso che possiamo trascorrere la nostra giornata in compagnia, pur trattandosi di compagnie immateriali (e probabilmente se ne convincerà anche chi ha mostrato segni di insofferenza alle limitazioni già in questi primi giorni dell’entrata in vigore).

    Circa la conclusione di questi righe, ossia l’auspicio o invito che “diventi a tutti gli effetti una scelta ragionata e voluta, e non più una imposizione”, noi dobbiamo sempre augurarci che i disposti dell’Autorità .trovino la più ampia condivisione tra chi si trova a doverli rispettare, ma vi sono “prescrizioni” cui dobbiamo attenerci senza se e senza ma, ed è forse questo che abbiamo disimparato a fare, abituati come siamo a mettere in discussione tutto quanto non ci aggrada, per non “comprimere” la nostra personalità (a tempo debito varrà forse la pena di rifletterci sopra).

    P.B. 14.03.2020

    P.B.

    • Firma - P.B.