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Suor Lorenza, un po’ Teresina e un po’ Gian Burrasca

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Un ricordo di Suor Lorenza (Irene Melloni), spentasi nella Casa della Carità di Cagnola il 28 febbraio scorso.

Irene Melloni nasceva a Sant’Ilario d’Enza il 1° aprile 1930 (stavamo per festeggiare il suo 90° compleanno). Questa data ci ha sempre fatto sorridere perché se c’era una che amava gli scherzi era lei. Non dev’essere stato uno scherzo, però, vivere in campagna, in una famiglia povera come tante, perdere presto il padre e poi lavorare come operaia alla MaxMara, dove - dicono - si era anche presa a cuore le questioni sindacali. Trasferitasi a Villa Cella con la madre Rosina vicino alla vecchia chiesa parrocchiale (il parroco era don Dante Ronzoni), conobbe la Casa della Carità quando era ancora nel vecchio edificio sulla via Emilia.

Quella diventò la sua famiglia, al punto da andarci ad abitare con la mamma (una “macchietta” pure lei) che curò fino alla morte, avvenuta nel 1974. Nel frattempo, Irene aveva deciso di legare per sempre la sua vita a questa Chiesa reggiana nella Famiglia delle Case della Carità. Emise i primi voti nelle Carmelitane Minori il 16 luglio 1966 a Fontanaluccia, assumendo il nome di suor Lorenza di Cristo Re, insieme a suor Luisa (già in cielo) e a suor Giovanna Orlandini, e regalò il suo servizio generoso e la sua simpatia in parecchie comunità: nel Reggiano, nel Modenese, a Scandicci (nella Casa di Riposo dello Spettacolo Viaggiante), a Roma, e ancora qui a Cella per un lungo tempo.

In questi anni, la sua allegria ha conquistato tutti e molti potrebbero raccontare tanti episodi che parlano di una donna del popolo dalla fede tenace, dedita agli ospiti e al parroco (quante corse dalla casa alla canonica), del suo amore infantile (nel senso più nobile) alla vita in tutte le sue espressioni: i bambini, gli animali, i fiori, che lei amava scappare a raccogliere, noncurante dei pericoli e delle sgridate. Perché spesso ruzzolava, ma poi si rialzava e ripartiva a scheggia!

Personalmente, il primo ricordo che ho di suor Lorenza risale agli anni ’90, a Roma, durante la festa della Casa della Magliana.

Qualcuno suonava la chitarra, tutti cantavano in coro e lei ballava sottobraccio a un giovanotto che la faceva girare fino a farla alzare da terra, sfidando le leggi della gravità. Una suora volante non l’avevo mai vista...

È stata una presenza luminosa anche alla Casa della Preghiera di Madonna di Pietravolta, dal 2004 al 2011: qui è emersa la sua accoglienza semplice e affettuosa delle sorelle, ma anche lo spirito ribelle da “Gian Burrasca”, la fedeltà alla preghiera comunitaria, l’amore per la natura, la curiosità per il mondo e per tutto ciò che non aveva potuto conoscere direttamente. Per questo, quando deponeva il mestolo o l’ago e il filo, girava spesso con il giornale o un libro in mano.

Un giorno, una sorella più giovane l’ha fatta sedere davanti al computer e le ha mostrato la volta celeste con le sue costellazioni. Lei rimase estasiata ed esclamò: “A sun neda trop prest!”. Insieme alle sorelle di Pietravolta, ebbe il privilegio di entrare per alcune ore nel monastero carmelitano di Ferrara. Anche lì conquistò tutte quante, al punto che avrebbero voluto trattenerla, ma lei fu molto decisa nel rispondere che… no, lì dentro si sarebbe sentita troppo chiusa.

In realtà, abbiamo sempre riconosciuto in lei un autentico spirito carmelitano, quello che fa della “piccola via” di santa Teresa di Lisieux un trampolino di lancio verso l’umanità intera. Tant’è che anche lei, già ultraottantenne, aveva espresso il desiderio di partire per il Brasile. In questi ultimi anni a Cagnola, abbiamo visto il suo graduale declino fisico, che ha fatto risplendere ancora di più la sua testimonianza. Finché ha potuto parlare, “Grazie” e “scusa” sono state le sue parole più ricorrenti durante le operazioni d’igiene, ma anche battute fulminanti, domande con cui s’interessava alle volontarie e alle rispettive famiglie, frasi d’incoraggiamento ai giovani, pillole di saggezza che penso non saranno dimenticate da coloro che le hanno ricevute.

La leggerezza sapiente con cui prendeva se stessa e la vita mi si è rivelata quando un paio d’anni fa mi ha chiesto (in dialetto): “Ma io ce l’ho pronto il vestito da morta?”. Io (che non sapevo cosa dire) le ho risposto: “Sì, come lo vuoi, leggero o pesante?”. E lei: “L’è cumpagna!”.

Ti ringraziamo Dio, Padre buono, di avercela donata e ti chiediamo la grazia di saper vivere, invecchiare e morire come lei.

 

Suor Lorenza di Cristo Re in tre stagioni diverse della sua vita. La religiosa viveva nella Casa della Carità di Cagnola dal 2011.

 

suor Antonella della Casa della Carità di Cagnola

(La Libertà, edizione 11/03/2020)