La Pietra di Bismantova costituisce un luogo simbolo del patrimonio naturalistico e paesaggistico della montagna reggiana. In pochi altri siti si coniugano in modo così profondo le componenti geologiche e morfologiche con quelle storico-culturali, articolandosi in una continuità temporale che dalla preistoria giunge fino ai giorni nostri.
La presenza in questo luogo dell’Eremo a Bismantova va quindi ben oltre la rigida dimensione di volume architettonico, per assumere quella dell’immagine materializzata, in un ancestrale retroterra culturale, nel quale il tempo dell’uomo promana direttamente da quello delle remote ere geologiche.
L’intervento di recupero della struttura deve quindi interpretare ed essere nel contempo vivida espressione di questo intimo messaggio, recuperando un ruolo mistico e di riflessione che, dopo l’abbandono da parte dei Padri Benedettini, era andato progressivamente affievolendosi.
In merito a questi aspetti mi sono spesso confrontato con Padre Giacomo, abate del monastero di San Giovanni di Parma con il quale, quando ancora risiedeva all’Eremo, avevamo condiviso bellissime esperienze di studio, conoscenza e tutela della natura. Da questo dialogo è scaturita, qualche anno fa, l’iniziativa dell’affidamento in comodato gratuito al Parco nazionale dell’Appennino tosco emiliano di un’ampia zona del pianoro sommitale della Pietra, appartenente al convento benedettino di Parma.
La proposta è stata immediatamente accolta dal presidente del Parco, Fausto Giovanelli, e dal Direttivo stesso, dimostrando nei fatti l’intenzione di farsi parte ancora più attiva nella difesa dei valori della Pietra.
Questo è stato il primo passo dal quale è poi scaturito quello che ha condotto alla donazione dell’intero Eremo allo stesso Parco nazionale da parte della Diocesi di Reggio Emilia. Anche in questo caso l’ipotesi è stata inizialmente confrontata con i Padri Benedettini di Parma e successivamente con i referenti della Diocesi per verificarne la fattibilità e, grazie alla disponibilità delle strutture ecclesiastiche supportata dalla ferma determinazione dell’ente Parco, si è finalmente riusciti a conseguire l’obiettivo.
L’enciclica papale riguardante la custodia del Creato costituisce un nuovo importante tassello nello scenario della rinascita dell’Eremo, poiché riempie di contenuti un’ipotesi e un’intenzione che per certi aspetti era ancora rimasta nel vago: l’obiettivo è ora quello di riuscire a fare dell’Eremo un luogo di divulgazione della Laudato Si’. Questo non è affatto semplice, poiché implica la capacità di affrontare ed esprimere l’etica della natura, la sacralità insita nella bellezza del paesaggio, la comunione con il Creato e il senso cosmico dell’esistenza. Il tutto schiudendo una dimensione irrazionale che la logica e razionalissima società contemporanea sta sempre più dimenticando e che fa sempre più fatica a comprendere.
La stessa Pietra sta sempre più assumendo l’immagine di un luogo dedicato ad attività rocambolesche e all’esercizio degli sport estremi, offuscando tutti quei profondi valori legati alla contemplazione e all’intima riflessione che per secoli e millenni hanno accompagnato questa montagna “incantata”. Questo è ora il compito più difficile al quale è chiamato l’Eremo di Bismantova.
Spiega l’architetto Cervi: “L’ex Eremo è simbolo della montagna reggiana ed è ora affidato al Parco. La prima idea origina da un confronto con Padre Giacomo. Occorreva intervenire dopo il ritiro dei Benedettini”.
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Giuliano Cervi. Laureato in architettura a Firenze nel 1978 (indirizzo storico), ha studiato geologia a Bologna conseguendo successivamente la specializzazione in architettura del paesaggio presso l’Università di Genova (1984).
Autore di numerose pubblicazioni riguardanti i beni culturali, il paesaggio e l’ambiente naturale, è attualmente presidente del comitato scientifico centrale del Club Alpino Italiano. Opera professionalmente nel settore dell’architettura del paesaggio e dell’ecologia applicata alle grandi opere.
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