Il Vescovo ha commentato e letto il XXX Canto del Purgatorio
Una serata sui passi di Dante e Beatrice, in uno scenario mozzafiato: quello trascendente del Giardino dell’Eden, nell’evocazione della Divina Commedia, e quello naturale della Pietra di Bismantova, che domina il paesaggio appenninico. Nel dopocena di mercoledì 5 febbraio, all’Oratorio di Castelnovo Monti, un uditorio numeroso e attento accoglie la lezione del vescovo Massimo Camisasca, che introduce, commenta e infine legge per intero il XXX Canto del Purgatorio dal capolavoro di Dante Alighieri. L’incontro, intitolato “La natura anticipazione del Paradiso”, è promosso dalla Diocesi reggiano-guastallese - in particolare attraverso il Comitato etico nato attorno all’Eremo di Bismantova per la custodia del creato, che si è preoccupato dell’organizzazione – insieme al Vicariato della Montagna, alla parrocchia locale, nell’unità pastorale “Beata Vergine di Bismantova”, al Comune di Castelnovo ne’ Monti, al Parco Nazionale dell’Appennino Tosco Emiliano e al Cea – Centro etica ambientale di Parma.
Una collaborazione fattiva e concludente tra i diversi enti, come in conclusione sottolineerà il presidente del Parco Fausto Giovanelli.
Anche don Carlo Castellini, vicario foraneo e membro del Comitato etico, nel suo saluto iniziale ricorda il legame spirituale intenso tra i montanari e la Pietra, annunciando l’impegno assunto dai sacerdoti del Vicariato, quando in primavera l’Eremo sarà riaperto, per garantire la presenza di confessori tutti i pomeriggi dell’anno.
Poi è il Vescovo a prendere per mano i presenti per accompagnarli nel Paradiso terrestre, una grande foresta di alberi, con piante meravigliose, uccelli splendidi, un cielo terso e luminoso, dove brillano le stelle. Siamo in prossimità del fiume Lete, dove le anime, immergendosi, ricevono la purificazione dei propri peccati per potere poi salire al Paradiso.
Nella rappresentazione della Commedia ci troviamo sulla sommità del monte del Purgatorio, che in altra parte del poema (canto IV) viene paragonata insieme ad altri luoghi (San Leo, Noli) alla nostra Pietra a motivo dell’asprezza dell’ascesa. Aggiungiamo noi che alcuni commentatori presumono che Dante abbia visitato la Pietra di Bismantova nel 1306 e che in molte versioni illustrate dell’opera dell’Alighieri, ad esempio nella celebre tavola di Gustavo Dorè dipinta a fine Ottocento, la Pietra appare singolarmente richiamata.
Prima di addentrarsi nel Canto XXX, monsignor Camisasca racconta dell’amore del giovanissimo Dante per la figura reale di Beatrice, un innamoramento troncato dalla precoce morte dell’amata. Al lutto, ricorda il Vescovo, fece seguito l’allontanamento del poeta dalla verità, fino a quando, poco più di dieci anni dopo il decesso della fanciulla, ancora lei intervenne in suo soccorso perché potesse intraprendere la strada del ritorno.
Questo, annota il relatore, non è un semplice reimmergersi nel suo passato di adolescente, ma è la scoperta che Dante fa di se stesso come uomo maturo e come protagonista della storia di Firenze, dell’Italia e dell’umanità. Nella Commedia Dante non fa altro che dichiarare il suo posto come “profeta laico di riforma” di tutta la civiltà umana, ecclesiale e politica. In questa sua posizione sta la convinzione tipicamente francescana di farsi strumento attraverso cui gli uomini possano comprendersi e le correnti ereticali ritornare nell’ortodossia.
Un megalomane, dunque? Dante stesso risponde affermando che la certezza della sua missione profetica è il battesimo, dunque il nesso tra la sua fede e la sua poesia, tutto parte di un’unica grazia.
Così l’incontro con la Beatrice celeste, che nel XXX Canto si sostituisce a Virgilio, allegoria della ragione, assume per Dante un significato sia personale che cosmico – spiega Camisasca - giacché vi si realizza un novus ordo, un nuovo inizio per la storia del mondo. Un incontro che il poeta rapporta con allusioni chiare a quello tra Cristo (Beatrice) e la Chiesa (Dante).
D’altra parte è proprio Beatrice in persona che conduce Dante a rivivere la sua lontananza da Dio nell’Inferno, l’esperienza della luce in Purgatorio e poi la contemplazione definitiva della Trinità nel Paradiso.
Il commento del testo precede la lettura integrale, da cui traspare la familiarità del vescovo Massimo con la letteratura e una spiccata passione per la Divina Commedia.
Richiamiamo qui, molto succintamente, soltanto i punti essenziali della vicenda narrata da Dante, il cui incontro con l’amata non è certo idilliaco; tutt’altro: Beatrice rimprovera aspramente il poeta per il traviamento esistenziale che l’ha condotto alle soglie della dannazione infernale.
Il tutto si spiega in un’ottica battesimale e di purificazione delle proprie colpe che il pellegrino deve affrontare. La contrizione del protagonista - tradotta in versi con la similitudine delle nevi appenniniche in disgelo - che sfocia in un pianto doloroso è solo l’anticipo di una nuova arringa d’accusa. È necessario che il poeta si penta e l’espiazione sarà il viatico per il proseguimento del suo viaggio.
Mentre il silenzio dell’Oratorio riceve la proclamazione del testo poetico, l’insegnamento immortale della Commedia ancora risuona: Dante ci ricorda che per progredire nel cammino della vita sono indispensabili l’umiltà di riconoscere i propri errori davanti a Dio e la volontà di rileggere in Lui, in una visione più ampia e pacificata, tutti i fatti della nostra povera esistenza.
Edoardo Tincani
(La Libertà, edizione 19 febbraio 2020)