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Life agriCOlture, cambia il clima, cambia l’agricoltura

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La buona notizia: grazie a un progetto di ricerca finanziato dalla Ue le imprese agricole diventano ‘angeli custodi’ del territorio, infatti, vedono riconosciuto un ruolo attivo nella difesa dell’Appennino dai mutamenti climatici e dallo spopolamento. Scopriamo come.

L’anidride carbonica (CO2) è la principale responsabile del riscaldamento globale causato dall’uomo.
La sua concentrazione nell’atmosfera supera ora del 40% il livello registrato agli inizi dell’era industriale.
Alla base di questa molecola c’è il carbonio. Life AgriCOlture è un innovativo progetto teso a dimostrare che, anche grazie a buone pratiche di coltivazione, si può stoccare il carbonio nei terreni. A beneficio della fertilità e anche dell’atmosfera, appunto. Svolto nel cuore della Riserva di Biosfera Appennino tosco emiliano, finanziato dall’Unione Europea, va in scena tra Reggio, Modena e Parma, e i proponenti sono i Consorzi di Bonifica Emilia Centrale e Burana, il Parco dell’Appennino tosco emiliano e il Centro Ricerche Produzioni Animali (Crpa).
Iniziato a settembre 2019, durerà quattro anni. Aronne Ruffini, 61 anni, dirigente del Consorzio di Bonifica dell’Emilia Centrale è il project manager.
“Il dato scientifico: la concentrazione di CO2 nell’atmosfera continua a crescere per le attività umane e ha raggiunto il livello di 415 ppm (parti per milione N.d.R.), rispetto a un valore medio di 300 ppm che mai era stato superato da 800.000 anni. Questo si evince dalle misurazioni effettuate su bolle d’aria intrappolate nel ghiaccio antartico. In termini pratici, il fenomeno comporta l’incremento di gas a effetto serra e, quindi, il riscaldamento dell’atmosfera terrestre. Per gas serra intendiamo la capacità di alcuni di questi, quali l’anidride carbonica (CO2), l’ossido d’azoto (N2O), il metano (CH4) e altri gas d’origine industriale di intrappolare il calore solare ed evitare che questo si allontani dall’atmosfera. Pertanto riteniamo che oggi sia necessario ridurre le emissioni di CO2 attraverso una diminuzione dei consumi di energia e materia e compensare localmente le emissioni di CO2 residuali”.

Come si può operare ciò?

Luca Filippi e Aronne Ruffini

I contenitori maggiori per lo stoccaggio del carbonio nel pianeta, sono le foreste, gli oceani e il suolo sano che rappresenta il principale deposito.
Il sequestro del carbonio si verifica quando il carbonio dell’atmosfera è assorbito e immagazzinato nel suolo, di qui la necessità di rigenerare i terreni degradati, adottando pratiche di conservazione del suolo, attuando pratiche agricole particolari quali lavorazioni a basso impatto, semina su sodo, concimazioni organiche, coltivazioni di prati stabili e prati polifiti in alternativa alle monocolture.

Vi siete rivolti a una quindicina di aziende per questa iniziativa: come le avete individuate?

Era importante fare in modo che le aziende fossero rappresentative del comprensorio montano dove operano i due Consorzi di bonifica proponenti il progetto. Sono equamente distribuite per quota altimetrica, oltre che per dimensione e tipologia produttiva: molte producono latte per il Parmigiano Reggiano, altre hanno vocazione produttiva diversa.
Ogni singola azienda ha sottoscritto un impegno a favore delle attività previste che andranno a realizzare.

Gli agricoltori sentono il problema del cambiamento climatico?

Il cambiamento climatico forse non è sempre un tema dibattuto tra loro, ma sono i primi a toccare con mano gli effetti evidenti come la mancanza di adeguate ore di freddo durante l’inverno, il minore numero di giornate nevose rispetto a 20 anni fa, periodi siccitosi che si alternano a periodi di forti piogge in climi che, un tempo, erano tipicamente mediterranei.
C’è quindi il fenomeno delle piante che provano ad adeguarsi al cambiamento come possono, a volte andando in fioritura addirittura in inverno, altre mantenendo le foglie troppo a lungo con gravi danni in caso di nevicate precoci, come successo lo scorso autunno. Tutto questo, in Italia, diventa drammaticamente evidente quando in comparti agricoli si giunge, agli estremi, a chiedere lo stato di calamità per fenomeni atmosferici avversi.

Come avete iniziato queste prime fasi del progetto? In seguito cosa farete?

Abbiamo avviato i sopralluoghi con i tecnici del Crpa per campionare i terreni aziendali ai fini di individuarne la composizione chimica e fisica.
Inoltre, gli agricoltori coinvolti sono molto interessati alla coltivazione dei prati con metodi innovativi e al confronto con i tecnici del Crpa. Le tecniche agronomiche che attueremo dovranno essere dimostrate, nella loro validità, dal punto di vista scientifico. Per questo realizzeremo analisi chimico, fisiche e biologiche del suolo, ante e post pratiche agricole. La superficie interessata è di 2,5 ettari per azienda: su un ettaro si faranno le prove agronomiche innovative, previste già dall’autunno di quest’anno, e la restante parte sarà testimone per il confronto.

Ci faccia un esempio.
Chiederemo agli agricoltori di effettuare la semina su sodo, senza cioè una preliminare aratura. Questo eviterà lo svantaggio, tipico delle arature profonde, di portare in superficie la parte più distale, meno fertile, oltre che a mettere a contatto con l’atmosfera la sostanza organica (humus) contenuto nel terreno che è celermente ossidata liberando CO2. Sono, insomma, sistemi agro-ambientali a salvaguardia del carbonio organico del suolo.
Le ‘buone pratiche’, che saranno implementate con azioni dimostrative nel corso di quattro anni, riguarderanno, tra le altre cose, anche la gestione efficiente dei reflui zootecnici, l’applicazione di rotazioni colturali e di pratiche di agricoltura conservativa, oltre ad opportune sistemazioni idraulico-agrarie.

Chi interviene nelle aziende per i consigli agronomici e i rilievi?
Il Crpa, per le analisi di campo e i consigli agronomici, i tecnici delle due bonifiche relativamente agli  aspetti legati alle regimazioni idraulico-agrarie e conservazione del suolo, e il Parco nazionale dell’Appennino per quanto riguarda la conservazione degli agro ecosistemi e l’incremento della biodiversità. Inoltre, i vari enti coinvolti dovranno necessariamente costruire una governance sostenibile della risorsa suolo sostenendo l’azione di servizi ecosistemici da parte delle aziendeagricole.

Quali vantaggi avranno gli agricoltori da Life AgriCOlture?
Certo, il tema è quello della lotta al cambiamento climatico, ma di contro le aziende agricole aumenteranno la loro capacità tecnica, la fertilità dei terreni, la qualità dei foraggi e l’efficienza aziendale, con un nuovo rapporto con l’ambiente e il paesaggio. L’impegno delle aziende porterà al riconoscimento della multifunzionalità poiché non sono chiamate solo a produrre foraggio e latte e di conseguenza formaggio, ma nello stesso tempo alla realizzazione di opere funzionali alla conservazione del territorio. Rientrano nel contesto del progetto interventi sul reticolo idraulico per il miglioramento dello scolo di acque superficiali.

Come c’entra il tema idraulico?
È migliorando la struttura del suolo con l’incremento di sostanza organica nel terreno che si ottimizza la capacità di ritenzione idrica del suolo.
Un suolo ben strutturato, ricco di sostanza organica, ha l’effetto spugna: trattiene maggiormente l’acqua piovana e la rilascia lentamente con conseguente beneficio per la riduzione del rischio idraulico, in quanto l’acqua arriva ai collettori idraulici come fossi e ruscelli in tempi più lunghi e in minore quantità. Multifunzionalità, appunto.

Se il progetto darà i frutti sperati, cosa accadrà?
Le buone pratiche potranno essere replicate in altre zone dell’Appennino e se i dati, come si spera, saranno positivi, potrebbero essere estese al resto dei paesi dell’Unione Europea.
Grazie allo sviluppo del progetto all’interno delle aziende agricole, si creerà un processo virtuoso di condivisione di esperienze, conoscenze specialistiche e settoriali da parte di tecnici del Centro Ricerca e Produzione Animale e di una rete internazionale di specialisti che saranno coinvolti in seminari e prove sul campo. Ogni azienda partecipante sarà accreditata come ‘Agricoltore Custode del Suolo’.

A quando i primi dati?
Nella primavera del 2020 avremo i dati sulla composizione organica, i dati chimico fisici del terreno che saranno tutti pubblicati sul sito internet di riferimento www.lifeagricolture.eu come richiede l’Ue. Sempre sul sito saranno pubblicate le relazioni intermedie e finali, nonché le newsletter e gli aggiornamenti sulle varie azioni.

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Cos’è il Life

I Programmi Life sono strumenti finanziari dell’Unione Europea e sono attuati mediante progetti pilota o dimostrativi. Per dare sostegno alle direttive europee, l’obiettivo generale è contribuire all’attuazione, all’aggiornamento e allo sviluppo della politica e della normativa ambientale tramite il co-finanziamento di progetti.

Come evolve il paesaggio, tra pascoli e “prati vecchi” Luca Filippi, architetto paesaggista, assistente del project manager Aronne Ruffini nella gestione e nel coordinamento scientifico del Life agriCOlture.

Quale è la situazione di partenza che avete osservato, in questi primi sopralluoghi condotti presso le aziende dimostrative, dal punto di vista della struttura agraria dell’Appennino?
Osserviamo almeno due sistemi agrari che rispondono abbastanza fedelmente a logiche altimetriche.
Da un lato, abbiamo una collina e una media montagna in cui sopravvive l’arativo seppure in dimensioni sempre più ridotte e con piani colturali temporalmente sempre più estesi. Parliamo in questo senso di un sistema agrario incentrato sul prato vecchio. Dall’altro lato, abbiamo un’area di alta montagna e di crinale quasi interamente condotta in regime sodivo e in cui la foraggicoltura per Parmigiano Reggiano risulta più o meno integrata con il pascolamento ovino. Si deve a questo proposito notare come la drastica riduzione di allevamenti ovini abbia determinato una situazione del tutto inedita, con vastissime estensioni di territorio potenzialmente sfruttabili a pascolo sui secondi tagli che vengono oggi gestite da un numero estremamente ridotto di pastori.
In entrambi i casi sia che si tratti di prati vecchi di 7-8 anni che di prati pascoli permanenti, vi è senz’altro un’esigenza avvertita dagli agricoltori di miglioramento dei cotici dal punto di vista del rendimento in stalla. Da diversi anni Crpa conduce nel nostro Appennino prove in campo di semina su sodo di erbai che, accompagnate da una buona gestione della sostanza organica, allungano l’efficienza dei prati vecchi e dei regimi sodivi. Life agriCOlture, con l’innovativo partenariato tra Consorzi di Bonifica Parco nazionale e Crpa, diventa l’occasione per mettere a sistema queste esperienze pilota, progettando una graduale transizione della foraggicoltura dell’Appennino verso una gestione ancora più sostenibile della risorsa suolo nella duplice prospettiva dell’efficienza aziendale e del necessario  apporto dell’agricoltura alla mitigazione dei cambiamenti climatici.

Dal punto di vista paesaggistico cosa avete osservato?
Vorrei segnalare una forma paesistica di straordinario valore ed estensione che si è conservata attraverso i processi di modernizzazione dell’agricoltura degli ultimi settanta anni: il paesaggio a ciglioni nella duplice variante a campi chiusi, conservata soprattutto nell’alto Appennino, e a campi aperti. Quest’ultima presente anche a quote più basse e perfettamente integrata nella gestione meccanizzata della foraggicoltura di montagna.

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Le aziende coinvolte nel progetto Life AgriCOlture sono:

  • l’Azienda Agricola Begani di Palanzano (Parma),
  • la Cooperativa di comunità La valle dei Cavalieri di Succiso Nuovo di Ventasso,
  • l’Azienda Agricola La Fattoria di Tobia di Gova di Villa Minozzo,
  • l’Azienda Agricola Rossi Daniele e figli di Montecreto (Modena),
  • l’Azienda Agricola Le Capre della Selva Romanesca di Frassinoro (Modena),
  • l’Azienda Agricola Le Cornelle di Gova di Villa Minozzo,
  • l’Azienda Agricola Castellari s.s. di Monchio di Castelnovo ne’ Monti,
  • l’Azienda Agricola Lavacchielli Ermanno di Pavullo nel Frignano (Modena),
  • l’Azienda Agricola I Casoni di Trignano di Fanano (Modena),
  • l’Azienda Agricola Grisanti Spagnolo di Groppo di Vetto,
  • l’Azienda Agricola Agriturismo Casa Minelli di Pavullo nel Frignano (Modena),
  • l’Azienda Agricola Giavelli s.s. di Case Gatti di Viano,
  • l’Azienda Agricola La Fazenda s.s. di Prignano sulla Secchia (Modena),
  • l’Azienda Agricola Bonacorsi e Colombarini di Guiglia (Modena)
  • l’Azienda Agricola L’Arcobaleno di Cavola di Toano.

 

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