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I racconti dell’Elda 34/ (Il mio San Valentino)

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Avevo da poco compiuto i diciotto anni e ogni settimana mi recavo in pullman a Reggio, dovevo portare la biancheria pulita a mio fratello che studiava nel seminario nuovo. Il mio bagaglio era composto da una valigetta di cartone marrone un po’ consunta negli angoli, che poi riportavo a casa piena di panni sporchi e di calze puzzolenti.

Beati i diciotto anni, quando non hai paura di niente, quando ti pare di cavalcare il mondo sempre alla ricerca di qualcosa che ti manca e non riesci a raggiungere mai.

Era un sabato pomeriggio d’autunno, uno di quegli autunni splendidi, il sole ancora caldo illuminava le colline. Stavo tornando da Reggio in corriera, seduta sul primo seggiolino vicino alla portiera, con la famosa valigetta sotto le gambe.

A Casina questo servizio faceva una sosta di cinque o dieci minuti, forse aspettava una coincidenza.

Seduta in prima fila davanti alla portiera lasciata aperta dall’autista, guardavo fuori come sempre presa dai miei pensieri, guardavo senza vederle le persone sedute a un tavolino davanti al bar e il gruppo cicaleccio di ragazzine, che alzavano più o meno la voce ridendo di gusto.

Ad un tratto il mio sguardo si svegliava e incontrava due occhi verdi bellissimi, adombrati da lunghe e folte ciglia che mi fissavano e sotto un sorriso smagliante, denti candidi regolari come non ne avevo mai visto sul volto di un uomo, che subito mi fece sussultare il cuore in gola. Quel sorriso era rivolto proprio a me che in quel momento non capii più niente e glielo restituivo.

Tutto cominciò così, durante il resto del viaggio continuai a pensare a quel bellissimo poliziotto della stradale con la paletta in mano e il casco da motociclista sotto al braccio.

Tutto cominciò così e ringrazio ancora Dio di avermelo fatto incontrare.

Adesso arriviamo a San Valentino, questa festa negli anni sessanta ancora non esisteva, almeno per quel che mi ricordo a Castelnovo non se ne parlava, forse cominciò a far capolino negli anni settanta, ma per noi non è mai esistita, perciò niente cene fuori e niente regalini.

San Valentino per me era un giorno qualsiasi dell’anno, quando lui rientrava e sostava qualche attimo in giardino, sceglieva il bocciolo di rosa più bello, poi entrava silenziosamente in cucina, mentre stavo scodellando la minestra, mi abbracciava da dietro e mi allungava il fiore.

Naturalmente prima si era accertato bene che non ci fossero occhi indiscreti in giro, “gli occhi dei figli”. Davanti a loro lui era sempre quel papà serio un po’ riservato senza tante smancerie.

Oppure per me era San Valentino quando mi interpellava, ma non chiamandomi col mio nome, ma usando il nomi famosi di regine che aveva conosciuto tanti anni prima sui libri di storia o di epica “Ermengarda, oppure Ginevra e anche Epaminonda”, come vedete nomi stranissimi, ma io sapevo leggere fra le sue righe, Ermengarda era una principessa longobarda, Ginevra era la bellissima moglie di re Artù  e questi me li appioppava quando c’era qualche gita da programmare, ed Epaminonda che fu  guerriero e politico Tebano, invece lo tirava fuori se c’era un problema da risolvere.

Così un po’ sul serio e un po’ sul faceto abbiamo tirato su la nostra famiglia che nonostante i vari scossoni è ancora qui a sorreggermi in questa mia strana vecchiaia anche senza San Valentino.

Elda Zannini

4 COMMENTS

  1. L’amore immenso dimostrato tutti i giorni dell’anno e per tutti gli anni della vita. Leggo sempre tutto d’un fiato i suoi racconti, come sempre accattivanti. Poi li stampo pure per farli leggere ad una sua amica (che non ha dimestichezza con il computer) per renderla partecipe dei suoi ricordi: la signora Pasquina. Complimenti come sempre signora Elda.

    Paola Bizzarri

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