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Guidetti (giornalista) a Redacon: “La querela temeraria fa male alla libertà di stampa”

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Mario Paolo Guidetti è consigliere e tesoriere dell’ordine regionale dei giornalisti. Ogni anno partecipa al raduno di Redacon, Radionova e Reggio Emilia Meteo e, da anni, si batte per la difesa della libertà di stampa. Lo fa con una battaglia che porta avanti da anni, per cui in questi mesi si è incontrato con moltissimi parlamentari. Accade, infatti, che la stampa, nella maggior parte dei casi in mano a piccoli editori e fatta di firme che a volte non prendono nemmeno da che campare, è costantemente sotto ricatto della querela temeraria.

Mario Paolo Guidetti

Esclusi i casi di diffamazione (che legittimamente va punita), ci sono molti più casi dove articoli scomodi a chi dispone di ingenti risorse economiche (una multinazionale, un consorzio, un ente pubblico) vedono la minaccia di querela ad autori ed editori, con richieste milionarie per ottenere, in sintesi, l’ammorbidimento del giornalista o la rimozione di articoli non graditi.

“Quando si parla di stampa, non si può sottacere che sia ‘la professione più bella e rischiosa  del mondo’” spiega Mario Paolo Guidetti a Redacon che aggiunge: “Di pari passo l’interrogativo: ‘La stampa è libera od in libertà vigilata?’  Tale affermazione è supportata dal fatto che ricerca della verità, responsabilità e libertà sono inseparabili. L’etica è l’obiettivo più importante della professione di giornalista. Ma qual è il  rapporto dei mezzi di informazione con la libertà di informazione sancito dall’art. 21 della Costituzione? Per altro il tema dei rischi legati alla professione (minacce, pressioni indebite, querele temerarie da chi si crede untouchable, la pena del carcere per diffamazione, tentativi di imbavagliare la libera stampa) è da tempo monitorato dall’Ordine dei Giornalisti”.

Ci vuole fare un esempio di “querela temeraria”?

“Ingaggiando fior fior di avvocati, recentemente i rappresentanti di interessi economici sono ricorsi alle vie legali nei confronti di due testate reggiane (La Voce e Reggio Report) e di Pierluigi Ghiggini, giornalista, chiedendo milioni di euro di danni per articoli ritenuti non graditi, diffamatori. Si riferiscono ad un giornalismo di inchiesta di giornalisti con la schiena diritta che hanno scavato, verificato per scrivere parole di verità. Quei rappresentanti di interessi economici, anziché avvalersi del diritto di replica, hanno preferito scegliere le vie giudiziarie, illudendosi  di limitare la libertà di stampa con una causa per diffamazione che noi definiamo ‘una querela temeraria’. In attesa che la querela faccia il proprio corso, solidarietà al collega giornalista ed agli editori. Questi i fatti che ci stimolano nell’approfondire il tema: la stampa è libera o in libertà vigilata?”

Cosa limita la libertà di stampa?

“Oltre alle querele temerarie e a quelle per diffamazione direi l’editore che a volte condiziona la linea, i grandi (e per le testate web, anche i modesti/piccoli) inserzionisti sono simili agli 'untouchables', le minacce da parte di ‘ndrangheta, camorra, mafia La querela per diffamazione”.

Un problema nazionale.

“Dal marzo 2013 un provvedimento per cambiare la barbarie della legge sulla diffamazione rimbalza tra Camera e Senato, senza essere approvato, i giornalisti continuano ad essere condannati al carcere… Noi diciamo ‘No al carcere per i giornalisti’. Con questo slogan, mercoledì 15 giugno 2016 eravamo sotto l’obelisco di Montecitorio, a Roma, per difendere il diritto dei cittadini ad essere informati correttamente. Per far tacere i giornalisti da tempo c'è infatti l'abitudine di minacciarli, appunto, con querele temerarie per diffamazione a mezzo stampa, reato che prevede non solo sanzioni pecuniarie, ma anche richieste risarcitorie di importi esorbitanti e il carcere fino a sei anni”.

Chi oggi ha ancora a cuore la libertà di stampa?

“Spero molti. ‘La libertà di informazione, come il pluralismo, deve rimanere uno dei pilastri su cui si regge un sistema davvero democratico’.- ha scritto Sergio Mattarella, Presidente della Repubblica, nel suo messaggio all’Ordine dei Giornalisti -  ‘Il mio augurio  è che guardando alla gloriosa storia del giornalismo italiano e al sacrificio di molti vostri colleghi, essa sia sempre di più la casa della trasparenza, della verità, della professionalità, della formazione e della deontologia professionale’”

Prima di lui?

“’Io ho un concetto etico del giornalismo. Un giornalismo fatto di verità impedisce molte corruzioni, frena la violenza e la criminalità, impone ai politici il buon governo. Un giornalista incapace, per vigliaccheria o per calcolo, si porta sulla coscienza tutti i dolori umani che avrebbe potuto evitare e le sofferenze, le sopraffazioni, le corruzioni e le violenze che non è mai stato capace di combattere’ scrisse Giuseppe Fava. Fu poi assassinato da Cosa nostra nel 1984.  ‘Il dovere della verità’ - sta scritto all’ingresso della sede nazionale dell’Ordine dei Giornalisti”.

Mario Paolo Guidetti, consigliere regionale dei giornalisti, è intervenuto all'ultimo raduno della Cooperativa Novanta, assieme a Giuseppe Adriano Rossi, presidente dell'Associazione Stampa Reggiana

Come vi siete mossi per cambiare le cose?

“Recentemente il sottoscritto, il collega Fabio Zani e l’amica (pure lei giornalista) Anita Garibaldi eravamo in Piazza Montecitorio per chiedere una nuova legge che punisse sì la diffamazione a mezzo stampa ma evitando il carcere. Per le querele temerarie, una norma che preveda, da parte del querelante, il deposito di una somma pari al 50% rispetto a quella richiesta per danni; tale somma verrebbe consegnata al querelato qualora il giudizio fosse a lui favorevole. Ora sembra che, finalmente, qualcosa si muova: il ddl del senatore Primo Di Nicola sulla diffamazione  è uscito dal porto, ora deve affrontare il voto nell’aula del Senato, poi quello della Camera. C’è la farà prima della fine della legislatura?”

In cosa consiste?

“All'articolo 96 del codice di procedura civile, dopo il primo comma sarebbe inserito il seguente: «Nei casi di diffamazione commessa con il mezzo della stampa, delle testate giornalistiche online o della radiotelevisione, in cui risulta la mala fede o la colpa grave di chi agisce in sede di giudizio civile per risarcimento del danno, su richiesta del convenuto, il giudice, con la sentenza che rigetta la domanda, condanna l'attore, oltre che alle spese di cui al presente articolo e di cui all'articolo 91, al pagamento a favore del richiedente di una somma, determinata in via equitativa, non inferiore alla metà della somma oggetto della domanda risarcitoria»”.

Questo cosa significa?

“Che se dovesse essere approvata chi avvierà in malafede liti temerarie contro i giornalisti con richieste di danni sproporzionate sarà tenuto a risarcirli. Un grande cambiamento, visto che adesso chi si comporta così non incorre in alcuna penalità. Purtroppo i giudizi sulle misure proposte dal senatore Di Nicola non sono tutti favorevoli e non è ancora chiaro se in parlamento c’è veramente la volontà politica di approvare qualche misura concreta per mettere fine al flagello delle cause e delle querele per diffamazione a mezzo stampa usate a scopo di intimidazione o di ritorsione”.

Il suo auspicio?

“Se questa ddl diventerà legge – conclude Guidetti - , il 2020 sarà un anno lieto ed il sottoscritto recupererà la piena fiducia nelle Istituzioni. Un appello: colleghi giornalisti, deputati in Parlamento, battete un colpo. E' un atto di Giustizia Costituzionale; ve ne saremo grati”.

6 COMMENTS

  1. Da garantista quale mi ritengo, o suppongo quantomeno di essere, mi trovo dalla parte di chi sostiene il principio della libertà di stampa, augurandomi nel contempo di avere sempre una stampa pluralista, a più voci, così da poter sentire l’una e altra “campana”

    Mi chiedo poi come qualsivoglia condizionamento o limitazione della libertà di stampa possa conciliarsi con l’art.21 della nostra Costituzione, dove troviamo scritto che la stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure (concetto piuttosto chiaro).

    P.B. 13.02.2020

    P.B.

    • Firma - P.B.
    • Buonasera P.B.
      con il consueto garbo le faccio notare che scrivere, come ha fatto lei, di non ” lasciarsi distrarre e incantare da chi ha puntato ad enfatizzare e ingigantire l’episodio del citofono” non è a mio avviso proprio da garantisti. A meno che il garantismo non sia a corrente alternata, e che valga solo per politici e personaggi potenti, ma non valga per la gente comune, soprattutto se di origini straniere.

      Andrea

      • Firma - Andrea
  2. A me non pare francamente possibile equiparare l’episodio del citofono con la libertà di stampa, e con la libera manifestazione del proprio pensiero – ossia i diritti garantiti dall’art.21 della nostra Costituzione, da cui prende spunto il garantismo – e col rischio di dover rispondere in Tribunale per quanto possiamo scrivere, o dire, sembrandomi questo il tema dell’articolo in questione (ma forse Andrea è molto più “perspicace” di me, e riesce a vedere aspetti e collegamenti tra l’una e altra tematica che a me invece sfuggono).

    P.B. 15.02.2020

    P.B.

    • Firma - P.B.
    • Difatti io non ho commentato l’articolo, ma ho risposto al suo commento. Evidenziando che quando una persona si definisce garantista dovrebbe a mio avviso portare avanti questo principio in ogni situazione e non, come spesso fanno i politici, solamente quando fa comodo. Nel caso specifico, torno a ribadire, mi stupisco del fatto che una persona che si definisce garantista e che, giustamente, si schiera dalla parte della libertà di stampa invocando i nostri principi costituzionali, possa sminuire la gravità delle azioni compiute da Salvini in campagna elettorale. Il garantismo, per sua definizione, andrebbe invocato in entrambi i casi, perchè di violazione dei diritti delle persone sempre si tratta.

      Andrea

      • Firma - Andrea
  3. Egregio Andrea,

    le parole possono talora ferirci, anche parecchio – vedi il caso di chi si sente apostrofare come fascista, razzista, xenofobo, ecc…, quando ritiene di non esserlo affatto – ma alle parole si può comunque replicare, come anche a noi è capitato più di una volta di fare su queste stesse pagine (non a caso il giornalista Guidetti cita l’avvalersi del diritto di replica rispondendo alla richiesta di fare un esempio di “querela temeraria”).

    Mentre mi pare essere cosa piuttosto diversa l’essere chiamati a rispondere in un’aula giudiziaria di quanto si è scritto o detto, con tutte le eventuali conseguenze che potrebbero derivarne, ma io non voglio di certo convincere Andrea, che potrà continuare a vedermi come un garantista a metà – o a un terzo, veda lui la percentuale – anche se questo “dimezzamento” può non farmi piacere (io continuerò a presumermi garantista).

    P.B. 16.02.2020

    P.B.

    • Firma - P.B.