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Di due poeti d’Appennino: Amilcare Veggeti e Silvio Leoncelli

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Arcobaleno in Appennino. Foto scattata nei pressi di Sologno da Duilio Campani

Ci scrive Giovanni Laurent Cossu

In occasione di una mia mostra presso la galleria " l' Ottagono " di Bibbiano dove esponevo bassorilievi in terracotta ispirati alle ottave del Boiardo e dell'Ariosto, il dott. Danilo Manari mi fece conoscere i poemetti in ottava rima di due poeti del nostro appennino: Amilcare Veggeti e Silvio Leoncelli.

Il primo scrisse "Vera storia" una drammatica cronaca dei rastrellamenti e delle violenze perpetrate dai nazifascisti a Vaglie di Ligonchio.

Il secondo scrisse "Viaggio da qui alla Maremma degli antichi pastori" sulla pratica della transumanza e "Rime di nostalgia" e " Alle mie pecorelle" ottave di commiato dall'attività di pastore.

In accordo con il dott. Manari,nativo di Busana, e che conobbe da bambino gli autori, decidemmo di divulgare questi poemetti organizzando tre letture pubbliche,due a Bibbiano in collaborazione con la biblioteca comunale, e una a Reggio Emilia presso la galleria S. Francesco nell'ambito del progetto " Arte e poesia".

I testi di Veggeti e Leoncelli sono di notevole interesse, autentica espressione della poesia popolare. I due poeti adottano l' ottava rima rifacendosi evidentemente ai romanzi cavallereschi, non usano il dialetto, ma l'italiano, elaborando un originale impasto linguistico vivace ed espressivo che si pone tra la parlata popolare e la lingua "colta". Nei loro testi troviamo espliciti riferimenti alla poesia italiana come attestano gli incipit dei poemetti, la citazione del personaggio di Rodomonte in Veggeti, Inoltre la sua ripetuta esortazione all'Italia ricorda il tono accorato della "Canzone per l'Italia" del Petrarca.

In Veggeti sono dominanti i toni epici e drammatici ma non manca il lirismo nelle descrizioni della natura, dei paesaggi e dei più profondi sentimenti umani.

In Leoncelli cambiano i soggetti e le ambientazioni,i toni sono più lirici,sopratutto nei momenti di intensa nostalgia per la vendita del gregge, ma si è anche avvolti dall'atmosfera picaresca del viaggio verso la Maremma dove il cibo,il vino,la danza,gli incontri acutamente ironici con i Garfagnini i Lucchesi i Pisani rendono sopportabili fatiche e disagi.

Bellissima la metafora nelle ottave "Alle mie pecorelle" dove i campanelli del gregge ormai venduto tacciono appesi alle pareti e Leoncelli sogna di rivederli e risentirli appesi ai rami dei faggi in una visione di ritrovata giovinezza con il suo gregge nei pascoli della montagna.

I due poeti sono uomini di forte carattere e impegnati in un percorso di emancipazione,sono uomini che lottano per la loro libertà e avevano compreso ,come fecero tanti dei nostri padri e nonni, l'importanza di conquistare la padronanza della lingua nazionale (Veggeti impara a scrivere a vent'anni).

Leggono e reinterpretano i classici della poesia italiana,ne fanno delle parodie,delle rielaborazioni ( Veggeti partecipa alla messa in scena di una "Pia dei Tolomei). Veggeti e Leoncelli come altri loro coetanei tra la fine dell'ottocento e i primi decenni del novecento,non deridono, non snobbano in maniera impotente la cultura ,la lingua da cui li si voleva esclusi, la conquistano ,la rinsanguano con la freschezza della loro vena popolare mai ripudiata. La lingua, la poesia, l'ottava rima la utilizzano per cantare e rendere mitica,come quella dei cavalieri antichi, la loro vita di contadini e di pastori.