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I racconti dell’Elda 32 / Paciola e le elezioni

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Questa volta dal momento che si stanno avvicinando le elezioni regionali abbastanza combattute, vi voglio raccontare quelle politiche di tanti anni fa, anche se forse questa storia l’ho già scritta in qualche mio libro, una rinfrescatina non fa mai male, cerchiamo di sorridere un po’.

Era da poco finita la guerra e già la gente, si mangiava un’altra volta il fegato, ci sarebbero state le elezioni e si sa, come diceva il mio amato “Trilussa” (chi vò qua chi vò là pare un congresso).

I rossi facevano un gran baccano, quando c’era un comizio in piazza, arrivavano stipati su un camion, dalla rossa Felina, sventolando rosse bandiere con falce e martello cantando a squarciagola “Bandiera rossa” oppure “Abbasso i preti viva Stalin”. Naturalmente io ero piccola e mi prendeva una certa angoscia, mi facevano paura, anche perché una volta avevo visto che avevano fermato il camion e tutti insieme si erano infilati dietro a un povero padre di famiglia che stava mietendo il grano, perché il vento glielo sgranava tutto e urlavano:

“Dai al crumiro!...”

Allora non sapevo cosa significasse questa parola, ma vedevo questo poveretto che scappava verso la Pieve rifugiandosi dentro al campanile e loro dietro, poi a un certo punto gli esagitati tornavano indietro con le pive nel sacco. Adesso sorriderei al loro passaggio come lo farei anche per i bianchi che più moderatamente cantavano “O bianco fiore” composti come se fossero stati in chiesa, anche loro mi mettevano ansia non so perché, ma forse non era un canto tanto allegro.

Uno dei miei fratelli cercava di seguire le orme di Bertucci primo sindacalista C.I.S.L. sceso a Castelnovo dalla montagna, perciò tutte le notti usciva di casa per imbiaccare i muri delle case di manifesti con lo scudo crociato con scritto su vota qua vota là.

La mamma naturalmente non dormiva fino al suo ritorno, viveva col timore che qualcuno gli potesse fare del male, la guerra era finita da poco e gli odi erano ancora bollenti e ripeteva:

“Non ne abbiamo avuto abbastanza? Sta a casa, bada ai fatti tuoi”.

Lui però era in quell’età che uno vuole cambiare il mondo e ogni sera partiva.

Paciola cosa c’entra in tutto questo? Direte voi. Aspettate adesso ve lo spiego.

Questo personaggio se ci fosse adesso lo definireste un barbone, ma per me non era così anche se non sono riuscita a sapere se aveva un nome e una casa. Lui gironzolava per le strade del paese e cantava con una bella voce tenorile, romanze, canzoni della prima guerra e pezzi d’opera. Lo trovavi all’osteria dove qualcuno gli offriva un bicchiere per farlo cantare, poi qualcun altro gliene offriva un altro per farlo smettere.

Paciola che poi significa pace, cantava sempre, ricordo che si lavava la biancheria e anche i pantaloni, restando solo con una lunga camicia che gli arrivava alle ginocchia, sotto al fontanazzo di rio Ferlara che passava vicino a casa mia, poi dopo aver cantato “Piemontesina bella” si addormentava sotto la croce di legno posta sul montarotto, aspettando l’asciugatura della sua biancheria, stesa al sole sulla siepe di bocco.

Una sera fu arrestato dai carabinieri per schiamazzi notturni, si dilettava a cantare sotto le finestre di certi stimati cittadini che volevano dormire, perciò lo presero e lo rinchiusero in gattabuia, ma anche lì continuò a cantare le sue romanze tutta la notte.

Il mattino presto il tenente arrivò in ufficio, voleva sapere chi aveva arrestato Paciola e perché:

“Liberatelo subito non mi ha lasciato chiudere occhio in tutta la notte”.

Dovete sapere che il tenente abitava un appartamento sopra la guardina.

Adesso torniamo alle elezioni, un giorno sti ragazzi che facevano propaganda lo avvicinarono, pur di avere un voto in più le pensavano tutte:

“Sai Paciola, se tu fai la croce sullo scudo crociato noi ti regaleremo un vestito, visto che ormai ne hai bisogno”

Così ogni volta che l’incontravano gli allungavano pane e mortadella o una sigaretta e gli ricordavano per chi doveva votare.

Arrivato il fatidico giorno lui andò a votare, fece la sua bella croce sul simbolo che gli avevano raccomandato poi sotto questo mise la sua bella firma “Paciola”.

Dopo gli scrutini si presentò per avere la sua ricompensa e loro a ridere:

“Il tuo voto non è stato valido non dovevi firmare”.

E lui:

“Se non firmavo, come facevate a sapere che quel voto era mio?”

Già ripensandoci bene come facevano? Comunque risate a parte, Paciola ebbe il suo bel vestito quasi nuovo, dal momento che avevano vinto anche senza il suo voto, forse sto vestito era un po’ troppo lungo e un po’ troppo largo, ma a quei tempi chi mai ci avrebbe fatto caso?

Elda Zannini

2 COMMENTS

  1. Bellissimo racconto, periodi storici della mia gioventù che sono rimasti impressi nella mia memoria.Ogni escamotage,ogni promessa,ed anche intimidazioni come (DIO ti vede,STALIN no)erano parte integrante della campagna elettorale da parte dei vari propagandisti.

    Francesco Zambonini

    • Firma - Francesco Zambonini