A pochi giorni dal voto è scontro destra sinistra, mentre prosegue il pellegrinaggio elettorale dei big della politica in Appennino che, pur limitato nei numeri dei votanti, pare essere assai appetito. Sabato salirà a Castelnovo Monti Susanna Ceccardi, 33 anni, europarlamentare e sindaco di Cascina dal 2016 al 2019.
Andiamo con ordine.
Il primo a scriverci è Luca Mulè, Consigliere Comunale di Vezzano sul Crostolo. “Annunciare oggi, la riapertura dei punti nascita, a pochi giorni dalle elezioni regionali sarà un vero boomerang. La comunità montana dopo aver vissuto sulla propria pelle, la graduale chiusura dei servizi di prima necessità, chiede ora una risposta diversa e meno banale da quella annunciata, che denota come la Regione e il Pd in questi territori siano lontani dalla difficile realtà”.
Secondo il consigliere: “Occorre anche andare oltre il concetto dei parametri sanitari e parlare dei parametri demografici che ci rivelano il processo di spopolamento di molti comuni montani per mancanza di opportunità lavorative; non capire questo fenomeno come ha fatto la politica regionale almeno negli ultimi 10 anni, significa lasciare all’abbandono le persone che vivono questo territorio e di conseguenza chiudere i punti nascita e i servizi di prima necessità. Con la partecipazione di altri amministratori locali, tra cui Maurizio Cineroli (vicesindaco di Casina), Michele Cepelli (consigliere comunale a Vezzano), Maria Santa Giaroli (già consigliere comunale a Vezzano), che hanno sottoscritto il Progetto Montagna (progetto già depositato in Europa presso il gruppo dei Conservatori e Riformisti europei) abbiamo proposto un patto intelligente fra i sindaci per la stesura di un primo progetto pilota dove la Regione avrà il nuovo ruolo di coordinare i lavori; insieme al consigliere comunale di Vetto, Alessandro Aragona, candidato in Regione per FdI, che per primo ha sottolineato la necessità di creare un assessorato specifico, la sfida sarà proprio quella di dare alla Montagna un nuovo ruolo all’interno dello scacchiere regionale in linea con le prossime strategie di sviluppo europee che indicano i territori periferici come i territori del futuro”.
Sull’altra barricata di diverso avviso è il candidato consigliere Matteo Manfredini: “Quando parla della nostra montagna, la destra lo fa come se l’Appennino fosse una specie di ‘riserva indiana’: l’idea è quella di un territorio periferico e depresso, sul quale piantare delle bandierine con un’arroganza da occupanti, come in una partita a Risiko dove, Castelnuovo Monti o Ligonchio, sembrano la famosa Kamchatka, che non si è mai capito bene neanche dove stia esattamente sulle cartine. Ce ne siamo accorti tutti nel filmato di qualche giorno fa, nel quale la candidata leghista alla presidenza (che in mezzo alla nostra gente non si è mai degnata di farsi vedere) spiegava a un suo collaboratore che “l’Appennino è già nostro”: un’idea insulsa e francamente un po’ offensiva, quasi da colonialisti”.
Per Manfredini: “non funziona così. La nostra montagna ha una ricchezza enorme di potenzialità vitali che alla destra sfugge completamente; l’Appennino di cui parlano loro, esiste solo nelle chiacchiere sterili della propaganda. Se la carta vincente dei leghisti è scopiazzare un ‘assessorato per la montagna’ dalla regione Lombardia, stiamo freschi: a parte il fatto che l’Emilia c’era già arrivata da molto tempo (mentre nulla di simile esiste in Veneto). Se i problemi specifici della montagna non vengono affrontati con una prospettiva di largo raggio, con una visione più complessiva e più ampia, il risultato finirà per essere una prospettiva falsata, che ‘taglia fuori’ il crinale dal rapporto stretto e continuo con il resto della provincia e con tutto quanto la circonda. Visioni da piccolo campanile non servono a nessuno, anzi impoveriscono e fanno solo danni”. Quindi Matteo elenca una serie di esempi concreti, come il seminario di Marola, che, per il suo valore affettivo e storico richiede che sia sfruttato il suo potenziale con un apposito “progetto di valorizzazione” con riferimento ai “fondi europei che diventino materia per lo sviluppo, la maturazione, la crescita del nostro territorio”. Oppure con l’ospedale di Castelnovo “utile anche per chi vive in pianura e non vuole ingabbiarsi nel traffico”.
Quindi l’analisi: “Il punto resta avere una visione del futuro, cosa che qualche volta negli ultimi anni, persino a sinistra, si è affievolita o qualche volta è un po’ mancata: nei prossimi cinque anni, lavorare per coinvolgere, dialogare, integrare”.
Tornando al centro destra sabato 18 alle 9,30 presso il Bar Magnani in piazza Martiri della Libertà, Susanna Ceccardi, originaria di Vaglie di Ligonchio (Ventasso) europarlamentare leghista e sindaco di Cascina Pisa, sarà a Castelnovo a sostegno della candidata Lucia Borgonzoni.
Manfredini, Susanna viene sempre a Vaglie!… Da quando era ragazzina, é molto legata al nostro Appennino, sia per le sue origini che per cuore! … Evita di dire inesattezze!!!! Inoltre è molto amica di Lucia e per noi prima valgono prima le relazioni umane… e il valorizzare le persone! Bacioni e goditi Bersani !
Enrico Chicco Ferretti
Chicco il Bersani e’ un politico a cui il tuo felpato non e’ degno di pulire le scarpe. Ciaone.
Alessandro
Questo articolo, in riferimento a ciò che dice Matteo Manfredini, rispecchia fedelmente la mia affermazione che diedi lo scorso anno in diversi occasioni: PD Partito Disorientati! Ciò che mettono in pratica, è diametralmente opposto a ciò che dicono! Meglio: ciò che hanno dimostrato con i fatti in questi ultimi 10 o 20 anni, è diametralmente l’opposto a ciò che ci raccontano in campagna elettorale!
Sveglia gente
stefano
Vado un po’ indietro nel tempo, intorno al 2004-2005.
Probabilmente qualcuno si ricorderà del “Coordinamento Giovani della Montagna”.
Il progetto fece seguito ad un incontro che venne organizzato al Parco Tegge, volto ad aggregare i giovani per cercare di comprenderne necessità e mostrare possibili possibilità. A tale incontro partecipai e come me un sacco di gente. Dal momento che le richieste di informazione furono molte si decise di organizzarne un secondo: le argomentazioni variavano su molteplici aspetti, diciamo che erano tante singolarità che necessitavano di delucidazioni su progetti per avviare una attività, proposte per avviare dei servizi, possibilità di accedere a fondi europei, ecc.
Il secondo incontro era meno gremito, quelli successivi sempre più prendevano una connotazione politica ma purtroppo sempre meno affollati. Partecipai con costanza e assiduità: ogni venerdì il solito gruppetto si trovava per discutere delle problematiche dei giovani, di quali possibili soluzioni. Parteciparano in più occasioni anche esponenti politici di rilievo della Nostra Montagna. L’ orientamento era di sinistra, nessun problema, andavo convinto che si potesse entrare nel merito delle questioni. La cosa si protrasse per molti mesi poi pian piano cessò.
Ho scritto questa lunga premessa perchè le parole del candidato Manfredini mi hanno fatto tornare alla memoria uno di quegli incontri, uno dei primi.
Espressi alcune mie considerazioni circa la necessità di una viabilità che consentisse una mobilità agevole, sia per una normale quotidianità che per lo sviluppo del territorio, mi affascinava il progetto della Diga di Vetto e dissi che poteva essere un buon volano, sapevo che erano stati fatti studi su di un passante che avrebbe collegato il nostro versante con quello ligure o toscano e dissi che pure quello avrebbe potuto avere riflessi positivi. Il mormorio attorno a me verteva su considerazioni del tipo “Ecco un altro che parla di strade”, “Si facciamo la diga per distruggere una valle”, “Ci mettiamo pure a portare le fabbriche in montagna” ecc. Quella sera come “moderatore” era presente uno di questi rappresentanti politici, mi spiegò (come allo studente che si applica ma che proprio non ci arriva) che lo sviluppo del nostro territorio avrebbe seguito un altro tipo di percorso, che avrebbe invece incentivato le ricchezze ambientali e rurali. Non che io proponessi la cementificazione della Pietra, o un mega viadotto da Reggio a Cerreto, consideravo che sviluppo e infrastrutture andassero via un po’ di pari passo, comunque alla fine un po’ ci credetti pure, anche se mi rimase il tarlo. Oggi tutto sommato credo che quel tarlo fosse una ragione. Di grammatica se ne è fatta tanta in questi anni, forse sarebbe stato bene mettere anche un po’ di pratica. Certo, sono stati Piazzati i biliti del Parco (molti marciscono), è stata fatta la ciclabile della Gatta-Pianello (della quale ormai non vi è più traccia), ma il fiorire del territorio e della sua ruralità non lo vedo. Anzi, la montagna avvizzisce.
Mi spiace ma la mia idea è che quanto espresso dal candidato Manfredini sia la solita filosofia di una politica che incensa di grandi teoremi ma che non ha voluto affrontare questo territorio per comprenderlo realmente e svilupparlo realmente. La storia recente, quella del nostro Ospedale, la conosciamo e dal mio punto di vista rappresenta il coronamento di questa filosofia e del suo percorso di sviluppo.
E’ probabile che la montagna non sia una riserva indiana, ma da sempre qui arrivano i candidati, prendono i voti e se ne vanno, e “la Sinistra” di certo non ha fatto diverso, non ha portato sul territorio questo maggiore spessore morale ed intellettuale.
Ovviamente tutta questa trasposizione è soggettiva, ma ancora oggi sentire parlare come 15 anni fa mi rattrista parecchio, perchè ancora si tirano in ballo le grandi potenzialità del nostro territorio, le specificità del nostro territorio, ecc, ecc, ecc, proprio da coloro che da sempre hanno avuto in mano le redini di questo progetto di sviluppo.
Andrea Ganapini
Buongiorno,
non conosco il Sig. Andrea Ganapini, non so di che parte politica sia o come voti, ma devo dire che a mio parere abbia fatto delle considerazioni sicuramente condivisibili nel metodo, avendo espresso le stesse in modo pacato, educato e comprensibile;
lui cita il 2004-2005 ma credo che alcuni argomenti fossero già discussi nei movimenti giovanili e nella politica negli anni ’70 ed ’80; cito a caso,quale dovesse essere lo sviluppo futuro della regione e della provincia, se sull’asse Via Emilia come voleva qualcuno o anche verso il Tirreno (con qualche possibilità maggiore allo sviluppo dell’Appenino) come timidamente si proponeva da altre parti…
se i toni potessero rimane quelli proposti dal Sig. Andrea Ganapini, questi potrebbero essere argomenti (anche se “datati”, vedi sopra), sui quali la prossima amministrazione regionale avrebbe da lavorare un po’;
così come auspica anche il Sig. Ganapini, se ” si potesse (davvero) entrare nel merito delle questioni”; temo però che a causa del significato politico nazionale attribuito a queste elezioni regionali, più che il merito delle questioni che interessano i cittadini della regione ed in particolare dell’appennino, ci si lascerà prendere da inutili revanscismi da una parte o dall’altra;
cordiali saluti,
Stefano Curini
Stefano Curini
Mi scusi Chicco per evitare di scrivere inesattezze basterebbe leggere…è abbastanza evidente che Manfredini si riferisca all’assenteismo della sig.ra Borgonzoni mai presentatasi nel nostro appennino. Evidentemente pensa che l’appennino reggiano sia in Toscana, visto e considerato che l’Emilia confina con il Trentino…
L.R.
Complimenti Andrea.Se dopo tanti anni individuano enormi potenzialità’ per la nostra montagna,confessano ,al tempo stesso,la loro pressoché’ totale inefficienza.Giorgio
Giorgio
Vi ricordate di quando votaste per un certo Diliberto, originario di Cecciola. O no….?
Carlo Menozzi
Turbe di Salvini boys del piano e del monte, battono palmo a palmo la montagna alla ricerca del loro candidato a governatore dell’Emilia-Romagna che non c’è. Se per ventura lo scovano e vince le elezioni, poveri Bonaccini e Manfredini, e beati noi: con solo una piccola parte dei 49 miliardi che ci deve restituire, la Lega farà della montagna il paese di Cuccagna!
Cecco
Cecco
E’ difficile dar torto ad Andrea Ganapini, quando parla della “filosofia di una politica che incensa di grandi teoremi ma che non ha voluto affrontare questo territorio per comprenderlo realmente e svilupparlo realmente”, espressione che a me sembrerebbe traducibile in un concetto molto semplice, ossia “tante parole ma pochi fatti”, e se la politica che “da sempre ha avuto in mano le redini” della nostra montagna parla ancora di obiettivi da perseguire, quali sicurezza idrogeologica, cura del territorio, agricoltura, servizi, infrastrutture, ecc…, significa che il bilancio dell’azione condotta in tutti in questi anni dai nostri governanti locali, e regionali, non è poi da considerare così esemplare ed eccellente, se non superlativo, come i loro simpatizzanti e sostenitori vorrebbero farci credere.
Nel contempo, gli incontri da lui descritti, , risalenti ad una quindicina di anni fa – e che gli fanno dire “di grammatica se ne è fatta tanta in questi anni, forse sarebbe stato bene mettere anche un po’ di pratica” – mi riportano alla mente una stagione ancora più lontana, quando era in voga l’assemblearismo, non di rado verboso ed inconcludente, e anche abbastanza “indirizzato”, tanto che il dissenso non era molto gradito, a dispetto della proclamata democraticità, e circa il lasciarsi “prendere da inutili revanscismi da una parte o dall’altra”, come scrive Stefano Curini, io penso che il presente ha sempre radici nel passato, e se i programmi di un partito si sono mantenuti coerenti nel tempo, diversamente da altri, un po’ di orgoglio e vanto gli va pur concesso.
P.B. 19.01.2020
P.B.
Una domanda a P.B.Se,dopo una disillusa critica ad una Politica del” tante parole,ma pochi fatti” ,nutre per la stessa “ un po’ di orgoglio e vanto”, non si stupirà’ del conseguente degrado del nostro Appennino. E se null’altro ci offre il panorama Politico, un consiglio:”il 26 gennaio non sottoponiamoci all’umiliazione di entrare in cabina elettorale,perché sarebbe la nostra “dietro la lavagna” di vecchia memoria. Giorgio
Giorgio
Credo che Giorgio abbia travisato le mie parole, forse perché mi sono espresso male, o non chiaramente, ma in ogni caso il convincimento che si è fatto va capovolto, se a mia volta non l’ho frainteso, poiché io non mi riconosco affatto nell’azione politica condotta dalla sinistra riguardo al nostro territorio, nel corso di tutti questi anni.
L’orgoglio e il vanto cui ho fatto cenno nel mio precedente commento erano riferiti a ben altra parte politica, che ritengo esser rimasta molto più coerente nel corso di questi anni, e fin qui non ho mai “disertato” le urne, cercando nel mio piccolo di non assecondare l’anzidetta azione politica (spero di aver risposto alla domanda di Giorgio).
P.B. 20.01.2020
P.B.
A P.B. Senza la Sua precisazione,comprenderà’ come fosse giustificato il mio sconcerto e il mio consiglio. Giorgio
Giorgio
A chi in questi giorni celebra a “spada tratta” il buon governo regionale di tutti questi anni, vorrei ricordare che il “sistema Emilia” – che i simpatizzanti della sinistra vogliono aggiudicare ai meriti della propria parte politica – va innanzitutto e soprattutto attribuito ai pregi dei suoi abitanti ed operatori economici, quanto ad intraprendenza, operosità, ingegno, competenza, impegno, determinazione…., doti che si sono manifestate ben prima dell’avvio delle Regioni, risalente se non erro agli anni Settanta (e che avrà presumibilmente richiesto un po’ di tempo per “decollare”).
Basti pensare al cosiddetto “miracolo economico”, a cavallo tre gli anni Cinquanta e Sessanta – e dunque con l’anticipo di un decennio, e forsanche più – che da noi ha lasciato un indiscutibile e tangibile segno, con la nascita di tante attività imprenditoriali di vario genere, e in vari settori, dall’industria al commercio, passando per l’artigianato, e che a loro volta hanno poi fatto da apripista per numerose altre in molteplici campi (il non riconoscerlo mi sembrerebbe una grossa ingenerosità verso coloro che le hanno messe in piedi, spesso con non piccoli sacrifici).
Detto sistema è andato avanti nel tempo di vita propria – talché nessuno dovrebbe sentirsi autorizzato a mettervi il “cappello” – creando posti di lavoro e reddito per i singoli e le famiglie, nonché svariate opportunità occupazionali, così da rafforzare in tal modo il tessuto sociale e facendo inoltre affluire non poche risorse nelle casse pubbliche, tramite la fiscalità, e ha dato altresì prestigio all’immagine dei nostri luoghi e della nostra rete produttiva, per il pregio delle rispettive produzioni, e la stagione di “crisi” che è in seguito arrivata non è di certo addebitabile alla inadeguatezza o all’arrendevolezza dei nostri imprenditori (intesi nel senso più ampio).
Tale crisi è dipesa da cause e concause indipendenti dalla loro volontà, ma è piuttosto ascrivibile a fattori esterni, anche di portata internazionale, sul fronte dei mercati e dei meccanismi finanziari, e credo fosse quello il momento di ascoltare e sostenere il nostro sistema, da parte dei “governanti” locali e regionali, più di quanto sia stato fatto, forse perché è mancata “una visione del futuro”, per usare le parole di Manfredini, e se ora ci sono altri e differenti soggetti politici che vorrebbero provarvi non penso vadano fatti passare come chi vuole piantare “bandierine con un’arroganza da occupanti”, sempre mutuando il vocabolario di Manfredini.
P.B. 22.01.2020
P.B.