Home Cultura I racconti dell’Elda 29 / “Viaggio di nozze con la suocera”

I racconti dell’Elda 29 / “Viaggio di nozze con la suocera”

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Questa volta vi voglio divertire, vi racconterò il mio viaggio di nozze, ma devo cominciare dall’inizio della “sàga”.

Avevo conosciuto da poco Giuliano e lui con molto tatto cominciava già a parlare di matrimonio, io allora appena diciannovenne, sentivo il cuore che mi scoppiava anche solo se sentivo da lontano il rumore delle moto della polizia, allora non c’era molto traffico, perciò il rumore si distingueva da lontano, così questa proposta mi allettava.

Poi un giorno mi disse:

“Ricordati però che io ho mia madre, è una donna sola, dovrò pensare anche a lei, lei ci sarà sempre”.

Diciannove anni, il cuore che mi batteva, il ragionamento non mi toccò più di quel tanto, del resto, anch’io adoravo mia madre e poi era capitato di peggio a una mia amica, il fidanzato le aveva detto:

“Ricordati che mia madre avrà sempre ragione, anche quando avrà torto”.

Finalmente lui ebbe il permesso dai superiori di sposarsi, allora per i poliziotti ci volevano un tot di anni di servizio, per ottenere questo, dopo varie indagini su di me e sulla mia famiglia andando indietro non so per quante generazioni.

Così ci recammo in municipio per la famosa “richiesta”, io accompagnata da mio padre e da mio fratello maggiore che fungeva da testimone e lui da un suo amico, Giorgio Agostini. Fu qui che ebbi la prima sorpresa, quando l’avevo conosciuto mi aveva detto che aveva 26 anni, e ora soltanto un anno dopo, leggevo sui documenti che mi avevano messo davanti da firmare, che gli anni erano 33, a me sembrava che fossero cresciuti un po’ troppo in così poco tempo.

Gli chiesi spiegazioni e lui col suo immancabile sorriso mi disse:

“Veramente io ti avevo detto che ero del ‘26”.

Ripensandoci, mi pareva che avesse sbiascicato un 26 fra i denti, comunque con quel sorriso avrei firmato anche se gli anni fossero stati il doppio, anche se poi don Battista per prenderci in giro, diceva sempre che il nostro matrimonio non era valido, perché c’era stato l’inganno.

Finalmente il 24 giugno 1959 il sospirato matrimonio nella chiesa della Pieve, con al seguito tutti i servizi pubblici della montagna, allora nessuno dei nostri amici e parenti aveva la macchina e loro erano ben felici di prestare questo servizio gratuitamente come regalo di nozze.

Io accompagnata all’altare da mio padre, bellissimo col suo gessato nuovo e lui dalla madre, che era arrivata qualche giorno prima dal Molise, dove faceva l’ostetrica, ed era alloggiata alla locanda Cines, naturalmente elegantissima col suo tailleur bleu, ornato da in favoloso cammeo, scarpette stesso colore con tacchetto, camicetta di seta bianca, borsetta di coccodrillo e la capigliatura color mogano perfetta.

Dopo uscita dalla chiesa e inondati da chili di riso, poi giro del paese accompagnati dal suono dei clacson e dalle urla dei nostri amici, infine pranzo nunziale in casa mia. La mamma aveva mobilitato tutte le zie, le amiche e le nuore per poter fare questo per più di quaranta persone, un lungo pranzo con parecchie portate.

Appena tagliata la torta, correvo in camera mia per cambiare d’abito e sentivo gli spari dei mortaretti che il chimico Reverberi, faceva partire attaccandoli al tubo della   grondaia di casa. Intanto Giuliano caricava le tre valige, due medie, una mia e una sua col necessario per passare una vacanza estiva di venti giorni, poi una terza con abiti pesanti dal momento che questa vacanza sarebbe finita in Molise a Castelpetroso in montagna dove il tempo cambia da un momento all’altro. Il tutto finiva nel baule del taxi di Natale Colombari che si era fatto carico di accompagnarci fino a Reggio per prendere il treno.

Mi attardo a salutare tutti, la mamma e il papà con gli occhi umidi, ero la più piccola, la loro commozione era naturale, anche se mi assentavo per pochi giorni loro sapevano bene che sarei tornata lì dove loro pur di non perdermi ci avevano offerto camera e cucina al piano superiore, e quando mi infilo nella macchina, pensando finalmente “soli”, vedo Giuliano nell’angolo del sedile con a fianco la madre.

Non parlo, prendo posto vicino a lei e continuo imperterrita a salutare le amiche e la Miranda mi fa:

“Ma viene anche lei?”.

Questo non lo sapevo, non me lo avevano detto, o ero tanto frastornata che non avevo capito che lei avrebbe approfittato del passaggio per arrivare in stazione.

Continuo a tacere, mentre lei mi spiega che era l’unico modo per partire subito, poi noi andavamo a Firenze e lei in Molise e io ero convinta che una volta in stazione lei avrebbe preso un altro treno. All’arrivo del nostro convoglio, solita solfa, agile come un gatto, mi sorpassa e si rimette vicino a suo figlio, invitandomi a sedere vicino a lei. Durante il viaggio in treno Giuliano era tenuto prigioniero in un angolo dello scompartimento da questa mamma invadente che parlava in continuazione con lui di persone e di fatti a me sconosciuti. A un certo punto sento che dice:

“Ma cosa ti fermi a fare, cosa devi poi fare a Firenze di così importante, vieni a casa con me, facciamo il viaggio assieme, ti ho preparato la mia camera matrimoniale, là ti riposi poi ci sono gli amici che ti aspettano”.

Durante tutto questo interminabile viaggio, io non esistevo, continuavo a guardare dal finestrino il paesaggio che fuggiva via e loro neanche si accorgevano di me e lei continuava a convincere il figlio.

Finalmente il treno cominciava a rallentare e io continuavo a guardare fuori a un tratto compare la scritta “Firenze”, allora improvvisamente mi sveglio da questo torpore, mi alzo di scatto, prendo dal portabagagli la mia valigia e rivolgendomi a Giuliano dico:

“Io scendo, tu fa un po’ come ti pare”.

Non ero ancora arrivata all’uscita che l’avevo alle calcagna:

“Devi aver pazienza si abituerà”.

Decido che un giorno così non si poteva rovinare con delle discussioni, comunque lui aveva già capito con che caratterino avrebbe avuto a che fare.

Arriviamo alla pensione, già prenotata che era quasi sera, facciamo una cena frugale, nessuno dei due aveva voglia di mangiare e neanche di parlare. Una volta in camera, i miei occhi vedono solo sto grande letto, mentre Giuliano si sfila la cravatta quasi con rabbia, per lui questo era un accessorio inutile che gli dava solo fastidio, poi si ritira in bagno.

Ecco il bagno, in casa mia non esisteva, avevamo solo il gabinetto in muratura sul rio Ferlara che passava lì vicino, il giorno prima mi ero servita della doccia pubblica al forno Corbelli, ma anche quella mattina, mi ero lavata come al solito nella tinozza.

Apro la valigia, prendo quella bellissima camicia da notte di nailon bianca, trasparente tutta plissettata, che faceva parte della parure da sposa e la bustina con le mie cose personali e mi ritiro per fare una doccia veloce e passarmi un po’ di “Col di Nava” sul collo, poi mi fermo.

Ecco è arrivato il momento, le mie amiche già sposate, mi avevano suggerito di farlo prima, perché mi sarei rovinata il viaggio di nozze, ma io testona no, adesso cosa succederà? Il mio viaggio era già partito male e loro mi avevano raccontato di una cosa traumatica, di dolore, di emorragia, ingrandendo al massimo la loro verginità e ora io ero lì lontana da casa, dovevo affrontare la vita da sola, senza nessuno che “dopo” potesse darmi un consiglio, avevo una paura del diavolo, ma dovevo pur uscire da lì.

Mi feci coraggio, lui si era svestito e stava sotto le coperte “l’aiva vultà galùn” e si era addormentato, la stanchezza e l’emozione della giornata più la tiratura di nervi a sopportare sua madre l’avevano spossato, poi io mi ero attardata troppo coi miei pensieri. Allora piano, piano, per non svegliarlo mi infilai in riva al letto con un grosso sospiro di sollievo e mi addormentai di colpo.

E poi?... Chiederete voi!

Poi la mattina dopo molto presto mi svegliò con delicatezza, fu un dolce risveglio…. Lui educato, gentile come sempre, lui che non con poca fatica, aveva assecondato il mio desiderio di concedermi solo dopo aver benedetto la nostra unione mi sorrideva con lo sguardo riconoscente per avergli riservato questo grande dono e fu la cosa più naturale del mondo… ma la storia non finisce qui…

Il resto alla prossima puntata.

Elda Zannini

 

 

 

 

 

 

 

4 COMMENTS

  1. Anch’io aspetto con piacere di leggere quello che seguirà. Mi ricorda tanto il viaggio di nozze di mia mamma che, passati tanti anni, io già grande, mi raccontava ridendo ma che io non saprei descrivere cosí bene come ha fatto lei. A presto.

    elettra

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