È stata la poesia Epür ti… là e par che t’dorme di Paolina Fontana ad aggiudicarsi il trofeo “La Giareda”, primo premio del concorso di poesia dialettale legato alle celebrazioni della Madonna della Ghiara. Mercoledì 4 settembre, in sala del Tricolore, si sono svolte le premiazioni del concorso, giunto quest’anno alla 40esima edizione, a cui hanno partecipato 26 autori con 33 componimenti poetici.
La cerimonia è stata aperta dall’assessore al centro storico e alle attività produttive Mariafrancesca Sidoli, che ha sottolineato il “forte valore culturale di una manifestazione che ci permette di apprezzare la ricchezza espressiva e lessicale del dialetto, un patrimonio da tutelare e valorizzare anche attraverso eventi come questo”.
Presenti alla premiazione anche i membri della commissione giudicatrice presieduta da Giuseppe Adriano Rossi.
La poesia Epür ti… là e par che t’dorme si è classificata prima in quanto - queste le motivazioni della giuria - “si configura come un canto d’amore per il Monte Cusna, a cui l’autrice come tanti è particolarmente affezionata. Ai suoi occhi la montagna sembra un gigante addormentato che elargisce benefici alle popolazioni montane mentre il passare delle stagioni è scandito dal mutare dei colori. Una nota nostalgica: un tempo si sentiva lo scampanio delle greggi, ora prevale il rombo dei motori”.
Il secondo premio, medaglia d’oro del concorso, è stato assegnato alla poesia Nasü in sèm al pêch dal Dôm di Maria Angela Pantani. Il componimento richiama “un doloroso fatto di cronaca conclusosi positivamente: una donna raccoglie e scalda un neonato abbandonato da un’altra donna. Nessuna critica nei versi del poema, solo compassione per quella madre che con mani tremolanti ha deposto il figlio in una scatola sui gradini della chiesa. La poesia è, soprattutto, un inno all’amore e alla vita”.
Terza classificata, insignita della medaglia d’argento, la poesia Pôpol gióst di Monica Incerti Pregreffi. L’autrice offre “una vivace descrizione del quartiere di Santa Croce che da via Roma si estende in un dedalo di viuzze e, soprattutto, dell’umanità che la popola. È la fotografia di una Reggio che non c’è più. Una vena di malinconia chiude il componimento”.
Il Premio alla miglior poesia, il cui argomento tratti, descriva e valorizzi il dialetto reggiano, messo a disposizione dal Centro studi sul dialetto reggiano (Albinea), è stato assegnato a Raîs di Enza Istelli per la “professione di stima per il dialetto espressa dall’autrice che lo considera una vera e propria lingua, un legame tra terra e civiltà”. Il componimento - sottolinea la giuria - “vuole evidenziare il ruolo portante dei proverbi nella vita quotidiana, nel lavoro, ma anche l’etica. Con un auspicio: non lasciamo morire il dialetto, in cui affondano le nostre radici”.
La Commissione ha segnalato anche il componimento Amarcord l’asa… di Marisa Bertozzi in quanto “si presenta scritto secondo una metrica cadenzata che denota buona padronanza della lingua dialettale. Alla sua ricchezza nei particolari, riferiti sui vari tipi di assi manufatte in legno, impiegati nella tradizione reggiana, il testo aggiunge anche un meritevole senso di freschezza poetica, di briosità e fluidità di parole e immagini”.
Novità di questa edizione 2019, il Premio per la miglior poesia che tratti e valorizzi il cappelletto tradizionale reggiano, messo a disposizione dall’Associazione del Cappelletto Reggiano e assegnato alla poesia Chêntal noster Rè di Maria Codeluppi. Si tratta di un “inno al cappelletto che ha conquistato con i suoi robusti sapori la nostra terra, merito degli ingredienti del prelibato pesto. L’autrice insiste anche sull’abile opera della massaia. Il cappelletto è il vero protagonista della nostra cucina e a tavola è gradito ai palati di tutte le età”.
In questa sezione, la Commissione segnala pure il componimento I caplètt ed la putèina di Monica Incerti Pregreffi. Attraverso gli occhi curiosi di una bambina l’autrice ripercorre le fasi della lavorazione della sfoglia e del pesto per arrivare al cappelletto pronto da servire in tavola: rigorosamente in brodo, perché questa è la sua morte. “Il testo è pervaso da una efficace fluidità d’immagini e di quadri poetici indici di una abilità non comune nel verseggiare”.
Due i premi messi a disposizione dalla Fabbriceria del tempio della Ghiara per le più significative poesie che sottolineino gli aspetti religiosi della ricorrenza.
Il primo premio è stato assegnato alla poesia Cmé ‘na vôlta di Savino Rabotti che prende le mosse dalla solenne Traslazione della Miracolosa Immagine, di cui quest’anno ricorre il IV Centenario, per sottolineare il legame profondissimo tra Reggio e la sua Madonna. “Un filo d’oro lega, senza soluzione di continuità, le generazioni passate e quella odierna nella devozione mariana. L’autore prega la Vergine perché la fede dei reggiani non ceda alla buriana”.
Il secondo premio è andato alla poesia Quâtersèint di Annalisa Bertolotti. “Da quattro secoli il Tempio della Ghiara continua ad essere meta di pellegrinaggi e sede di celebrazioni; qui la gente viene a pregare e soprattutto in tempo di guerra ad invocare da Maria il dono della pace. Chiudendo gli occhi, chi è raccolto in preghiera potrebbe anche intravvedere la figura di Marchino prostrato davanti alla Miracolosa Immagine di Maria in adorazione del Figlio”.
La Commissione ha, inoltre, ritenuto degno di segnalazione il componimento La maistâ èd Gamél di Remo Secchi. La maestà che racchiude un’immagine della Vergine è la meta quotidiana del nonno, rimasto vedovo, che vi depone un fiore; tra l’uomo e la Madonna si instaura un dialogo; e poi la promessa di poter presto raggiungere la sua sposa.
(Fonte: La Libertà 6/9/2019)