Cerreto Alpi e una larga fetta d'Appennino piange Celio Tronconi. Era nato nato il 1 gennaio del 1933. Con la famiglia aveva gestito, in passato, l’albergo della Gabellina, poi era stato cantoniere, pastore e molto altro. Sempre, però, fischiettando alla vita. Celio era un personaggio nel vero senso della parola. Aveva cantato anche la filastrocca del crinale con quelli de L’Associazione. Con la cooperativa I Briganti del Cerreto era sempre presente ad accogliere i turisti e le scuole nel metato, veniva a raccontare le fole incantando bambini.
Giorgio Riccardo Galassi lo intervistò in un filmato molto visto su Youtube, visibile qui.
"Era diventato - racconta Erika Farina dei Briganti - 'un addetto all’accoglienza turistica' nel progetto che noi definiamo turismo di comunità, ci aiutava per davvero ad accogliere... costruiva delle 'zannette' di legno che regalava in cambio di un fiasco di vino o comunque qualcosa con cui barattare". Nel 2016 venne intervistato anche a Uno Mattina, il celebre format Rai, lamentando nello spazio di poche battute "i tanti morti e le poche nascite".
Il suo concittadino, Giovanni Lindo Ferretti su Avvenire, il 4 dicembre 2011 raccontò di Celio e del suo diario. "Celio Tronconi è un mio compaesano, mi precede di una generazione, per un anno ha scritto il diario della sua vita; fermandomi per strada mi raccontava delle sue intenzioni e del suo procedere, poi l'ha finito e mi ha portato la prima stesura, l'ho letto e riletto e mentre pensavo come aiutarlo per la stampa ho trovato il suo libro in vendita nei bar e nei tabacchini della zona. 'Il diario di Celio' comincia nel 1933, a ventesimo secolo già inoltrato e lo racchiude. E' scarno, lapidario, non contiene alcuna descrizione ma brevi pensieri, ricordi di accadimenti. È pieno di fotografie a cui tiene molto. La più bella è la foto di famiglia e vale un saggio storico: la madre e la sorella corrispondono ad una iconografia ancora perfetta per illustrare la vita di Santa Giovanna d'Arco o Santa Genoeffa; i due fratelli più grandi sono immagine del secolo delle ideologie che stanno straziando il mondo, uno stile e un portamento tra il bolscevico e il nazista a misura di bimbo; i due più piccoli sembrano anticipare il baby boom e il miracolo italiano del dopoguerra. (...). Racconta di un borgo di montagna, estrema periferia del progresso, in cui troppo è già stato distrutto ma molto resta da fare per accedere al sol dell'avvenire. Chi potrebbe raccontare il mondo com'era, anche se già alla fine, sono i vecchi della sua infanzia: Francchin, la Jusfina, Gigi il brutto, il Meciai, ma per loro c'è il Paradiso in Cielo non la testimonianza in terra. Succedono ancora cose strane come la formaggetta rifiutata al frate e il latte che non vuol più cagliare. È ancora in atto, perenne dissidio contenuto da usanze e buonsenso, la guerra tra pastori e agricoltori ma si stanno costruendo le fabbriche e gli uni e gli altri sono già destinati a diventare proletariato. Come guizzo fuori tempo, ma siamo montanari quindi in ritardo, scoppia a Scorgacan, e Celio l'intravede, l'ultima battaglia per i pascoli ma ci vorrebbe un bardo o un cantore delle steppe e montagne d'Asia per raccontare le gesta dei pastori guerrieri di Cerreto e Succiso".
"Tempo a scadere - proseguiva Giovanni Lindo parlando di Celio per la democrazia tradizionale: «la regola, detta statuto, dettata dai capifamiglia ed approvata per alzata di mano», filosofi e politici hanno già deciso che ben altri sono i diritti e i doveri del moderno cittadino. Affiora tra lasagne ribassate per l'altitudine dell'Alpe e scarpe scambiate alla fiera di Sant'Ambrogio un'eco boccaccesca di arguzia popolana. Pochi e fulminanti accenni sociali: «con gli americani arrivò il boogie boogie che imparai subito», «con gli amici si andava a fare gli americani». Eccolo il sogno italiano: il benessere materiale, giubbotti moto e macchine, godersi la vita. Fare gli americani. Come non essere d'accordo? - Durarala? - direbbe Celio e con lui l'antica saggezza di un popolo estinto. Senza storia, senza memoria condivisa non c'è comunità, non c'è società, e la vita si consuma in uno sforzo di volontà che cumula il vano sul vuoto".
Celio lascia la moglie Pasquina, le figlie Monica e Ivonne, i generi Corrado e Daniele, i nipoti Martina e Mattia , i fratelli Lodovico, Sandro e Clelia. I funerali avranno luogo sabato 7 alle ore 9,30 partendo dall'obitorio dell'Ospedale S. Anna per la Chiesa Parrocchiale di Cerreto Alpi ove verrà officiata la S. Messa. Indi in auto al Cimitero vecchio.
Ciao Celio che bei ricordi assieme, sei stato e sarai sempre una persona speciale! Sentite condoglianze a Pasquina, Monica e Ivonne.
Sabina Nardini
Buon viaggio Uomo speciale, ovunque andrai troverai Amici. Alfredo sarà contento poter rifare delle partite a chiacchere.
Sentite condoglianze.
Gaddo
Sono Persone come Lui che hanno saputo testimoniare a tutti che c’è e cos’è la resilienza dei borghi dell Appennino, un fatto di attaccamento e affettività, ma non solo, anzi, una stratificazione di esperienze, luoghi, mestieri e vite diverse in una sola, un patrimonio culturale e umano. Un saluto.
Fausto Giovanelli
Un saluto tra mille ricordi e tutti belli
NB
Ciao Celio, sono contenta di averti conosciuto. Tu eri parte dell’Appennino come un albero o una roccia, e portavi con te il sentimento del tempo. Che tu sia di esempio, a me per prima. Anche io ti dico: fai buon viaggio.
Arianna