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Appennino: luogo di ristoro per l’anima e le persone. L’intervista a don Giovanni Orzi

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I vantaggi del vivere qui: "Paesi come famiglie, qualità dell'ambiente, minore stress. Il bello favorisce il bello". L'intervista a don Giovanni Orzi, parroco di Tizzano. "Ma per il futuro della montagna la politica cambi la rotta delle città"

Da Tizzano lo sguardo svetta sino al Monte Fuso e vede la "sacra" Pietra di Bismantova. Da queste parti la fede è antecedente ai ruderi del castello duecentesco. La prima citazione della pieve di San Pietro è del 1005, in un atto di donazione di Sigifredo, vescovo di Parma. Ma la storia e la religiosità di questo paese sono ancora più antiche come dimostrano rinvenimenti sepolcrali longobardi, una chiara traccia romana e i riferimenti etruschi.

Pastore della fede cristiana, oggi, è don Giovanni Orzi, parroco di Tizzano e di molte parrocchie del circondario autonome sino a pochi decenni fa.

Oltre che nelle parrocchie, l'Appennino negli ultimi anni è molto mutato. Ma quali differenze in positivo ha mantenuto rispetto alla città sotto il profilo umano?

Abbiamo la fortuna di avere ancora questi paesi che hanno secoli di storia. E nei paesi c'è ancora il concetto di familiarità, mentre in città invece è molto difficile creare questo tra i quartieri.

Familiarità cosa significa?

Significa dialogo tra le persone, ma anche reciproco aiuto. Il paese ci si conosce tutti, è come una famiglia e, la vita, è ovviamente diversa.

Eppure dall'Appennino era più facile partire ed emigrare, nonostante il forte attaccamento alla famiglia.

Nel tizzanese oggi l'emigrazione è cessata. Tizzano, pensi, sta crescendo, in termini di bambini, e si sta quindi ringiovanendo. Tra le cause dell'emigrazione più recente ricordo anche il fenomeno della scolarizzazione che, con le scuole superiori allocate altrove, portavano i figli ad agganciarsi, per sempre, alle città. Oggi qualcosa è cambiato.

In quale modo?

Giovanni Orzi

Oggi molti per lavoro viaggiano, ma poi preferiscono tornare qui la sera. Siamo, infatti, vicini a Langhirano e Lagrimone, luoghi di lavoro dove i nostri concittadini sono impiegati, ma preferiscono tornare a vivere la realtà del nostro paese.

Quali vantaggi ha la vita di paese?

La gente ha un'altra qualità della vita, per l'aria, per i luoghi, per il minore stress rispetto alle città…

Vere e proprie ricchezze?

In realtà, oltre a quanto citato, è difficile parlare di ricchezza per l'Appennino. Non c'è stimolo a fermarsi in montagna per gli orientamenti della società civile, che tende a portare la gente a vivere 'a mucchio' piuttosto che a essere distribuita e presidiare il territorio.

Come mai?

È una questione di servizi che è apparentemente più congeniale concentrare le città. Così noi notiamo che poco alla volta siamo privati di trasporti pubblici, di servizi postali via via ridotti e molto altro.

Eppure i giovani, oggi, comunicano con nuovi strumenti che paiono accorciare le distanze. Gli smartphone e le App relative paiono dimostrarlo.

Vede, il telefonino è un mezzo, può fare del bene, ma anche del male, lo dimostrano i casi dove gli scherzi si trasformano in bullismo.  Allora ritengo ci sia un'importante opera di educazione da fare, sia nelle famiglie sia nelle scuole e, per quanto possibile, anche da parte noi religiosi. I ragazzi vanno accompagnato nel loro percorso di crescita e questo, certamente, vale per tutto. È errato credere che i ragazzi siano già educati e istruiti. Gesù era pieno di sapienza: ma questo perché si era svuotato di qualcosa per imparare qualcosa di nuovo.

In tal senso l'Appennino, ora dichiarato area Mab Unesco, può aiutare a essere rispettosi della dimensione umana?

La persona umana ha bisogno di crescere e di progredire. Anche Gesù ha avuto bisogno di una famiglia, ossia di un ambiente in cui essere circondato dall'affetto e dalle premure dei propri cari: il Vangelo di Luca, pochi giorni dopo il Natale, ricorda come 'Gesù cresceva in sapienza, in età e in grazia davanti a Dio e davanti agli uomini'. Ebbene in Appennino c'è la possibilità di essere apprezzati, essere amati da Dio e dal prossimo e, quindi, di essere in pace con se stessi.

L'ambiente quindi c'entra con la religione.

La natura c'entra. Il bello favorisce il bello. La natura offre quel senso della dimensione umana e di qualcosa che è da aspettare, nel rispetto dei tempi: non si può avere tutto subito. L'eccezionale nevicata fuori stagione del 5 maggio 2019 ci fa fermare, senza prendercela con Dio e con il prossimo. Siamo alle dipendenze della natura: non la possiamo prendere per i capelli.

La seconda enciclica, Laudato Si', di papa Francesco, mette al centro l'ambiente. Invita l'uomo a una "conversione ecologica globale". Indica che la crisi ecologica è "...una conseguenza drammatica dell'attività incontrollata dell'essere umano" e che "...attraverso uno sfruttamento sconsiderato della natura, egli rischia di distruggerla e di essere a sua volta vittima di siffatta degradazione". Indica l'"urgenza e la necessità di un mutamento radicale nella condotta dell'umanità". Lei cosa ne pensa?

Ho l'impressione che manchi il dialogo concreto con la realtà dell'ambiente in cui viviamo. Dobbiamo invece imparare a rispettare il programma della natura.

Questo non avviene sempre?

Notiamo come la stessa produzione agricola, ad esempio, si discosti molto dagli standard tradizionali, spesso ci si focalizza sulla quantità e sul processo produttivo, con minore rispettosi degli animali: pensi alle bovine che producono 50 litri di latte al giorno o alle varietà precoci di frumento.

Il rischio qual è?

Che volendo sfruttare troppo non rispettiamo il ritmo delle cose. La primavera va attesa e non anticipata. Se vogliamo accelerare le cose per produrre di più perdiamo la sostanza.

Per il futuro come si immagina il suo Appennino?

Auspico un cambio di rotta da parte della politica. Perché altrimenti l'Appennino rimarrà abitato solo da qualcuno, a macchia di leopardo. Eppure le possibilità per viverci ci sono. Le mappe storiche delle popolazioni dimostrano che questo territorio è sempre stato abitato. Pensando alle grandi città mi lasci concludere con un detto 'gli storni andando a mucchio diventano magri'.

(Gabriele Arlotti)

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