L’inconfondibile faccia da italiano e un sorriso aperto accompagnano l’arrivo di Dario Zanichelli, americano di Chicago con non troppo lontane origini italiane.
Non troppo lontane origini che si manifestano in un buon interloquire in italiano che Dario si porta appresso e con il quale riesce ad affrontare ogni conversazione, anche su “come crescono i giovani oggi” o “come i social hanno reso facile ma, al tempo stesso, più rarefatto il colloquio fra le persone”.
Dario è Dario Zanichelli, un uomo giovane che è rimasto otto giorni alla Corte della Maddalena assieme ai suoi due figli gemelli e che ha radici un po’ di Busana e un po’ di Cervarezza.
Nonno Renato, infatti, era un Zanichelli di Busana e di Busana era la nonna, che apparteneva alla famiglia dei Giacomini. Entrambi, però, abitavano a Cervarezza, dove gestivano uno dei bar storici del paese, il Bar Italia.
Se li ricordano ancora a Cervarezza, al bancone e fra i tavolini del loro bar.
Il trasferimento in America di nonno Renato e dell’intera famiglia avvenne quando il padre di Dario aveva più o meno 18 anni e fu stimolato dall’invito della zia, che già era a Chicago, dove gestiva un bar pizzeria.
Di questa emigrazione Dario sottolinea l’assoluta non necessità di natura economica essendo, la famiglia, in buone condizioni, con un lavoro sicuro e una casa di proprietà. Fu il richiamo della sorella del nonno che risuonò come una sirena e fece vendere tutte le proprietà per trasferirsi oltre Oceano.
Ma l’arrivo in America non riservò la migliore delle sorprese: la zia aveva venduto tutte le proprietà e, quindi, anche l’appoggio su cui poteva contare la famiglia di Renato si dissolse e a lui toccò cercare lavoro in fabbrica. Come molti italiani emigrati, però, Renato trovò il modo di far studiare il figlio e questi il proprio figlio, Dario, che oggi è un commercialista. Fa tenerezza ed è motivo di orgoglio sentirlo parlare oggi del valore del lavoro e di quanto esso sia stato a lui trasferito dall’impegno e dagli sforzi di questi italiani in America, caparbiamente impegnati nella costruzione di un futuro migliore per i figli. Dario ammette di aver imparato tanto dall’osservazione di questo impegno, che dice avergli regalato anche il piacere del lavoro.
E di origini italiane è anche il lato materno della famiglia, essendo la mamma di Dario di origini cosentine. Una famiglia che, anche in questo caso, aveva lasciato l’Italia senza vere e proprie motivazioni di carattere economico visto che i ricordi parlano di piantagioni di fichi, vigneti e uliveti di proprietà, che facevano portare le scarpe ai bambini del nucleo mentre gli altri giravano scalzi.
Anche in questo caso pare di capire che quello dell’America sia stato un sogno inseguito.
Morti i nonni, il padre di Dario cercò un ritorno in Italia, che si concretizzò per un paio di anni, quanto bastò perché lo stesso Dario imparasse le sue prime parole in italiano, mentre la sorella un po’ più grande già parlava inglese.
Ma, anche questo trasferimento durò poco, perché fu mamma questa volta a voler tornare oltre Oceano. Così, due anni dopo il ritorno in Italia, la famiglia ritornò in America, ma a volte i ritorni prendono altre sembianze…
Sembianze che assumono le fattezze di una piccola ma bella casetta nel cuore di Cervarezza, che la sorella di Dario ha ristrutturato e che oggi funge da base per i ritorni, ormai ciclici e ravvicinati. Una casa che non riesce ad ospitare tutto il nucleo, composto da quasi venti persone, ma rappresenta una solida base piantata nel bel mezzo dell’Appennino per i frequenti ritorni.
Ritorni che la contrada della Corniola, dove la famiglia ha casa, festeggia con tutti i crismi, proprio come si conviene per il ritorno di un paesano.
Ecco, a volte capisci che non è indispensabile scegliere cosa sei e a quale luogo appartieni perché, in fondo, il cuore è pur sempre un muscolo, capace di allargarsi per far posto all’amore per questo e quel luogo... e, allora, scopri che puoi essere un po’ di un posto e un po’ di un altro e che non è per nulla necessario fare una scelta.
(Rosi Manari)
Nel corso delle mie ricerche sulla seconda guerra mondiale ho rinvenuto una testimonianza che aveva protagonista la signora Dirce Zanichelli che io non sono mai riuscita a rintracciare. All’epoca gestiva un albergo a Cervarezza poi nessuno ha saputo dirmene più. Potrebbe essere tra gli Zanichelli emigrati di cui parla l’articolo?
Ecco il fatto che riguarda Dirce Zanichelli come l’ho raccontato in “Il libro dei deportati, ed. Mursia, pag 528
“A Busana ho trovato anche un fatto che credo raro: un ufficiale tedesco, Jundt, metteva la propria posta militare, il proprio indirizzo a disposizione della corrispondenza dei deportati. Guglielmo Zanni di Castelnovo ne’ Monti (ma la stessa cosa mi è stata testimoniata anche da altri) scriveva sulla busta Feldpost Uff. Jündt Fp. n° 25547A Italienische sprache e sul retro il suo reale mittente: es. Guglielmo Zanni, Nohra 2 über Weimer Block 37. All’interno il foglio era indirizzato alla signora Dirce Zanichelli di Cervarezza affinché provvedesse a farlo pervenire alla sorella dello stesso Zanni a Castelnovo ne’ Monti. Il signor Franchini di Cervarezza, figlio di un deportato, mi ha confermato che l’ufficiale Jündt svolgeva questo servizio per le famiglie dei deportati, aggiungendo che nei giorni immediatamente successivi alla Liberazione lo stesso ufficiale ha collaborato con i partigiani allo sminamento del paese”. Come si vede un bell’esempio di coraggio, solidarietà e impegno civile forse non ricordato abbastanza. Se qualcuno avesse notizie di Dirce Zanichelli le raccoglierei volentieri perché la sua azione e quella dell’ufficiale Jund credo facciano molto bene alla pace.
Giovanna Caroli
Dirce era proprio la nonna di Dario, e moglie di Renato Zanichelli.
A. Z.