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L’Antigone di Fioroni a Cinquecerri

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Antigone alla ricerca dei fratelli

Quale sia stato il filo rosso che ha legato l’arte di Sofocle (497-406 a. C.) con quella di Romolo Fioroni non lo conosco. Penso sia la cultura, la conoscenza delle opere antiche, e, a favorirlo, la tradizione del Maggio drammatico. Trasferire in un linguaggio moderno, legato da regole ferree per ciò che riguarda la forma letteraria, non deve essere stato facile neanche per Romolo. Ma c’è riuscito.

Antigone, per gli antichi, era la personificazione della dedizione filiale (e, quindi, del bene), ma era anche frutto di una illegalità, seppure involontaria. L’intreccio della tragedia diventa insolubile. Nella mitologia greca c’era una figura che impersonava il dispetto: Ate, figlia anche lei di Zeus, ma cacciata dall’Olimpo quando il padre si rese conto che spargeva discordia fra gli uomini e fra gli stessi dei. Costei aveva come hobby il trarre in inganno gli uomini. Sofocle chiama in causa alcuni argomenti che costituivano tema di discussione fra etica e filosofia:

  • la divinità induce l’uomo in errore a sua insaputa (Edipo, ignaro, prima uccide il proprio padre e poi, sempre inconsapevolmente, sposa la propria madre);
  • la legge degli uomini non può assolvere un misfatto, anche se l’errore è stato involontario o non vi erano alternative;
  • il destino è ineluttabile e l’umano è condannato alla sofferenza: “Contro il destino ogni cosa è impotente [Da un frammento del Bellerofonte].

Problematiche cui gli antichi non sapevano dare una riposta, una spiegazione, e che avevano come unico sfondo solo la sofferenza.


I componenti della compagnia

In un bel pomeriggio di sole la Compagnia del Maggio di Costabona ci ha proposto la tragedia di Antigone. Nonostante le esigenze di copione è riuscita a trasmettere ai presenti il senso della drammaticità dei quesiti in un susseguirsi continuo di cambi di scena. Le quartine di Romolo Fioroni fanno rivivere i passaggi della tragedia greca come se fosse stata composta oggi. Lo confermano le reazioni, i commenti e il coinvolgimento della gente presente. Lo schema del Maggio è rigoroso e fissato dal tempo. Quindi deve durare un certo periodo (normalmente sulle due ore), e le strofe hanno una formula fissa, la quartina, e l’ottava, una strofa che annuncia la conclusione di una scena e il passaggio ad un’altra.

Mi ha colpito l’abilità degli attori nell’interpretare i personaggi e l’impegno di tutti. Dal colorito della loro pelle si capisce che sono artigiani, agricoltori, operai, forse qualche impiegato. Prima dello spettacolo ad un tavolino vicino al mio c’era una coppia di attori della compagnia. Parlando del proprio lavoro uno ha detto: “… poi corri a Milano, a Brescia, a Cremona, a Piacenza. Ad un certo punto senti la necessità di staccare”! Ho immaginato che staccare per lui significasse immergersi nella parte da recitare.

Antigone accompagna il padre cieco.