Qualcuno che segue Redacon, curioso come me, ricorderà un articolo pubblicato il 18 ottobre 2011 dal titolo: Un nome inquietante: Mortaletto. Soddisfazione a parte per i contatti avuti (oltre 2.000), la ricerca di punti fermi continua tuttora.
Per dare una giustificazione al nome, allora, citavo alcuni tristi eventi accaduti in prossimità del luogo, con la conclusione che nessuna delle ipotesi quadrava completamente. Erano racconti con radici lontane, si, ma molto vaghi, basati sul “Si dice…”. Oggi possiamo aggiungere due tessere a quel mosaico.
La conca e il lato occidentale del lago scomparso.
La prima riguarda una semplice nota trovata nel libro di Don Milani su Minozzo (1) pochi mesi dopo la pubblicazione dell’articolo. Vi si legge: “Infatti nel dorso appenninico reggiano a Pra del lago presso Bismantova s’è rintracciata una stazione del III° millennio av. C. con ritrovamenti dall’età del bronzo a quella del ferro” … [poi il testo enumera diversi altri siti del bacino del Tassobio. Vedere nota 4]. Milani cita rigorosamente la fonte da cui ha tratto le informazioni, il Bullettino di Paletnologia Italiana.
La seconda tessera del mosaico si riferisce ad una lettera inviata dal vettese Rocco Nobili a don Gaetano Chierici, ritrovata grazie alle ricerche di Alberto Nobili, pronipote di Rocco. Da questa si deduce che il sito Pradelago (Pra’ di lago) è stato indagato prima da Rocco Nobili e successivamente dal Chierici.
La figura di Rocco Nobili la conoscevo solo sotto l’aspetto letterario tramite l’antologia pubblicata da Athos Nobili nel 1988 (2). Non mi erano noti gli altri aspetti della personalità di Rocco: archeologo di spessore considerevole, patriota, avvocato e professore. L’ho imparato grazie allo scambio di informazioni con Alberto, attualmente impegnato all’estero per lavoro, ma deciso a dare il dovuto risalto alla figura del prozio. Redacon ha parlato di Alberto il 3 maggio 2018. In una mail Alberto mi fa conoscere aspetti importanti della ricerca che ci interessa:
- la comunicazione allo stesso Chierici delle ricerche che Rocco ha fatto sul luogo;
- la speranza di potere presto riprendere le ricerche, e una velocissima
- descrizione dei materiali reperiti:
“A Pra’ di Lago ho trovato e spero di trovare (il venturo anno) molti vestigi dell’età litica. Credo che quel luogo, che porta il nome dalla sua struttura e senza dubbio dall’acqua, ora mandata via dalle alluvioni de’ prossimi colli che deve aver contenuto in tempi non molto remoti, fosse tutto circondato di altipiani. Sito (collocato) anche a poca distanza sopra uno de’ colli più prossimi all’apparente sito (luogo) del lago un campo detto il Mortaletto dove si rinvennero molte ossa umane chiuse dentro a lastre di arenaria e parmi anche alcuni oggetti di bronzo. Le pietre da me trovate sono eguali a quelle delle stazioni di Chieti, se non che manca affatto la freccia e abbondano i raschiatori e i coltellini.
La riverisco con tutto l’animo e sono colla speranza che Ella mi dia una mano anche nella congiuntura che le ho detto.
Suo dev.mo, obbl.mo
Rocco Nobili
Vetto d’Enza 22 Ottobre 1879
Ciò induce a fare alcune riflessioni.
- La prima consiste nella conferma che Rocco era un archeologo a tutti gli effetti. Oltre alle ricerche fatte a Chieti, ne ha svolto altre in almeno due siti nel vettese: il monte Faille e il monte delle Spesse.
- Risulta poi che era in ottime relazioni con il Chierici, il luminare del tempo che, con Luigi Pigorini e Pellegrino Strobel, aveva fondato la Paletnologia e il nuovo metodo di ricerca con scavi stratigrafici, e, inoltre, aveva fondato e diretto il Bullettino di Etnologia Italiana e il Museo storico di Reggio Emilia.
- Rocco intendeva pubblicare il risultato delle proprie ricerche su quella che, al tempo, era la rivista di archeologia più prestigiosa d’Italia (e forse anche fuori d’Italia). La prematura scomparsa del Chierici ha impedito che potessimo leggere quella relazione e anche che gli oggetti conferiti al Museo di Reggio fossero catalogati e consultabili.
- Ci aiuta anche nella datazione del sito di Pradelago, (almeno come inizio della frequentazione). Ci sono i raschiatoi e i coltellini (logicamente in silice), ma non ci sono ancora punte di metallo per le lance. Quindi il villaggio che sorgeva presso il lago è riferibile all’età della pietra, anche se la vita del villaggio è proseguita poi almeno fino all’età del bronzo.
Quando la sponda del lago sia franata o i “prossimi colli” (i colli vicini) siano scivolati nel lago spero che lo possano stabilire i geologi.
Rocco indica anche la collocazione di quello che doveva essere, inizialmente, il cimitero del villaggio e il tipo di sepoltura.
- Il luogo si trova sopra il cucuzzolo, a monte dell’attuale abitato del Mortaletto. Già i popoli primitivi sceglievano i posti più vicini al cielo. e
- L’inumazione avveniva entro lastre di arenaria, non ancora in vasi di ceramica o terracotta come ai Pianelli, vicino a Bismantova.
Il cucuzzolo di Mortaletto su cui erano le sepolture
Possiamo allora cominciare a pensare che davvero ci sia una relazione tra il nome del luogo con il termine morto tramite un vocabolo che, nei secoli, si è formato e trasformato talmente da perdere la forma iniziale. Se la fantasia ci soccorre possiamo immaginare che molti secoli prima di Rocco Nobili qualcuno abbia scoperto l’esistenza delle tombe, (per curiosità o per caso, magari senza violarle per sentimento religioso o per scaramanzia), e abbia definito il posto letto dei morti, con riferimento non tanto ad un giaciglio materiale ma al riposo eterno: mortis lectus, mortàlis lectus, o mortuòrum lectus. Ma restiamo pur sempre nel mondo delle ipotesi. Da provare quindi.
Le informazioni che Alberto Nobili mi ha passato mi hanno convinto che vale la pena di insistere nella ricerca.
Provo però tristezza costatando che, oltre ad Alberto, a nessun altro sia mai passato per la mente di riprendere in mano le ricerche di Rocco, di valorizzarle, di dare vita ad un gruppo di volontari locali per continuare ad indagare il nostro passato e la frequentazione del nostro territorio. Certo, Rocco lavorava da pioniere, da solo, forse anche incompreso, ma ci ha lasciato dei punti di riferimento. È anche vero che mancano sistematicamente i finanziamenti per impostare campagne rigorose, ma disponiamo però di tanti strumenti scientifici che Rocco non aveva ancora. Ed è altrettanto vero che se si aspetta la manna dal cielo andiamo solo verso il decadimento.
Un’altra piccola nota: quella che oggi sembra una carreggiata in passato è stata una strada costruita dai romani dal 176 a. C. in poi, la strada che univa Parma a Lucca. Si staccava dall’Enza a Currada, saliva al monte Staffola, scendeva nel Tassobio poi risaliva a Legoreccio, a La Strada, e su fino al bivio Lucca – Lunigiana, nei pressi di Bismantova (5).
La “strada romana” ora ridotta a ruolo di carraia.
Oggi l’interesse per la storia locale c’è ed è molto sentito (3), e il nostro territorio è costellato di punti di richiamo (4). Perché non farne un motivo di promozione del territorio?
La maestà posta all’inizio della valle, costruita nel 1879 dai padroni del podere Pradelago. La prima F indica il nome del committente (Francesco?). Le altre due F stanno per Fece Fare. C’è poi la dedica: D(edicato alla) B(eata) V(ergine). Resta un mistero il resto: A.G.L.10.0. A meno che non indichi la spesa e il muratore.
Note:
(1)Don Francesco Milani: MINOZZO negli sviluppi storici della Pieve e Podesteria, Poligrafica reggiana, 1938, a pag. 18, nota 2. Cfr. anche LA VALLE DEL TASSOBBIO, proloco Cortogno 2011, pag. 52.
(2) Athos Nobili: I POETI VETTESI – AGE – Reggio Emilia – 1988, pag. 5.
(3) Leggere il recente articolo su Redacon del 12/06/2019: Liguri in Appennino, e su www.valtassaro.it/la pietra del Lulseto-una-roccia-santoriale.
(4) La nota intera riportata da don Milani dice: “Infatti nel dorso appenninico reggiano a Pra del lago presso Bismantova s’è rintracciata una stazione del III° millennio av. C. con ritrovamenti dall’età del bronzo a quella del ferro (Bull. Pal. 1875, pag. 42 seg., 1876, pag. 242); a Monte Venere, in quel di Pianzo, una stazione abitata dall’età litica alla Iª del ferro; a Cola, tracce neolitiche; a Roncaglio, un’accetta neolitica [Bul. Pal. 1886, pg. 85]; a Monte Castagneto, ritrovamenti dall’età del bronzo all’epoca romana (Bull. Pal. 1883, pag. 141 e seg.]. Invece oltre il crinale verso il Tirreno si sono rinvenute un po’ ovunque nella Garfagnana ed anche nel Fivizzanese specialmente tombe e stele liguri in due stili caratteristici. Le tombe-stele o antropomorfe, contrassegnate dal tipico pugnale triangolare [affine al simbolo del culto solare, rispecchiano una fase remota dell’età del bronzo; le tombe a cassetta per il maggior sviluppo del rilievo e del dettaglio come per le armi figurate richiamano tempi più recenti, cioè fasi non lontane dall’età del ferro”.
(5) Cfr.: N. Cassone, C. Dazzi, F. Fontana, F. Garbasi: Roma in Appennino - storia e civiltà lungo la via romana Parma-Lucca – Aliberti – 2018.
Chiedo all’autore di questa bella esposizione, di specificarmi meglio la zona esatta dove si trova Pra del lago e Mortaletto.
Grazie
Ivano Pioppi
A Rosano si prende la strada che sale a S. Stefano. Poco prima di arrivare alla chiesa, sulla sinistra c’è una stradina che svolta a sinistra, stretta ma asfaltata, Avanti quasi un km si apre la vallata e la strada si divide: a sinistra va verso Mortaletto basso, continuando va verso Mortaletto monte, che però è chiuso da barra. Il sito individuato da Nobili, se ho capito bene, dovrebbe essere in cima al cucuzzolo, però non ci sono più tracce. Per salire lassù e meglio accordarsi col padrone del posto. In privato posso dirle chi è. Grazie dell’interessamento.
http://www.savinorabotti.it
Savino Rabotti
Seguo con interesse questa ed altre ricerche volte a cogliere i primi segni di vita dei nostri antenati. Auspico altresì che la passione e l’impegno di così validi studiosi siano rivolti alla storia del nostro Appennino nel periodo della Guerra di Liberazione, perché stiamo consegnando ai nostri discendenti episodi, personaggi, obiettivi spesso manipolati da una storiografia sapientemente e colpevolmente ideata. Con profonda stima,
Giorgio