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I racconti dell’Elda 17 / “Il girino contadino”

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Cronoscalata al seguito di Magnani

Questa volta vi porterò in Molise: “Perché?” Direte voi. Prima di tutto, perché fra i miei lettori c’è anche una manciata di Molisani, poi perché ho adorato questa terra fin dal primo momento che vi ho messo piede circa sessant’anni fa. Adoro il suo mare, ma soprattutto le sue montagne, le sue pietraie, i castelli, i paesini sui cocuzzoli che sembrano presepi, i resti Romanici e Sannitici, i suoi abitanti, forti, laboriosi, accoglienti, sinceri, perciò questa pagina è dedicata a loro.

Come ogni anno seguo le varie tappe del “Giro d’Italia” sola davanti al televisore, ho faticato un po’ ad abituarmi a questo (sola), di solito eravamo in due, lui tifava per uno e io per un altro, poi esultavamo insieme per vittorie o sconfitte.

Quest’anno hanno raccontato del “girino contadino”, peccato che lui che me l’aveva raccontata a modo suo, non fosse qui ad ascoltare. Si chiamava Antonio Giovinale era nato a Baranello provincia di Campobasso nel 1894. Non molto lontano da Castelpetroso il paese dove per una vita ha lavorato abitandovi mia suocera come ostetrica di condotta, perciò conosciuto e frequentato da me e da tutta la mia famigliola.

Giovinale aveva circa venticinque anni e faceva il contadino. Un giorno, mentre stava zappando la terra, vide passare un gran numero di ciclisti sulla strada che costeggiava il campo che stava dissodando. Chiese cosa stessero facendo, glielo spiegarono e lui sbottò: “Bella roba! Pedalare stando seduti, sarei capace anch’io di farlo!” Forse era tanto abituato a faticare su quella terra arida e sassosa, che gli sembrò una cosa facile, da potersi fare.

Così non so dirvi come, si procurò una bicicletta e cominciò a pedalare, chi lo conosceva diceva che era impazzito. Vinse gare provinciali, regionali, poi nel 1927 approdò a Milano e fu il primo Molisano a partecipare al giro d’Italia e lo concluse classificandosi 72°. Nella tappa di Campobasso si fece notare dal grande campione Alfredo Binda per quanto era forte in salita, lo definì col soprannome di “mostro delle salite”, anche se non era arrivato primo la folla lo prese in spalla portandolo inneggiando lungo il corso e il sindaco gli regalò un orologio d’oro.

Esibizione a Castelpetroso

Poi come tanti Molisani, per la grande miseria che negli anni ’30 aveva colpito il paese, decise di emigrare in America continuando a fare gare anche là, ma più per diletto che altro. Visse il suo ultimo giorno a Cleveland era l’anno 1976, passando alla storia come “il girino contadino Molisano”.

Così circa un secolo fa il ciclismo cominciò ad essere conosciuto e considerato anche in Molise, Giovinale poi non fu l’unico campione, questa regione ne sfornò altri.

Nel 1947 Giuliano, quello che voi di Castelnovo chiamavate “il poliziotto”, era tornato da poco dalla guerra con conseguente prigionia, sotto i partigiani di Tito. Era molto giovane era partito sedicenne per frequentare la “Reale Scuola di Marina” a Pola ed era ritornato a vent’anni con gli studi interrotti a metà, nessuna voglia di ricominciare e una grossa esperienza sulle spalle. Naturalmente in quel periodo il lavoro non esisteva, perciò non sapendo cosa fare, pensò di farsi comprare una bicicletta da corsa da sua madre. Lei, potete immaginare, un figlio già per conseguenze della guerra lo aveva perso, questo era tornato quando ormai non ci credeva più, fece un grosso sacrificio e gli comprò una “Bianchi” da pagare a rate mensili. Era azzurrina uguale a quella di Coppi che lui ammirava tanto, poi con la bici anche la maglietta dello stesso colore.

Da Castelpetroso andarono a ritirarla a Campobasso in pullman, ma il ritorno lui volle farlo in bicicletta. Quando ore dopo la mamma arrivò, trovò la vecchia nonna Ersilia accigliata e da buona Ferrarese che era le disse:“Va mò a védel al gh’à tutt al cul rot”. (Vai a vedere ha tutto il sedere rotto)

Lei si precipitò in camera pensando a un incidente, invece aveva il sedere pieno di vesciche, gliele aveva fatte venire il sellino di cuoio rigido come si usava allora.

Articolo del 1949

Poi anche lui cominciò a pedalare, lunghi allenamenti sulle salite del Macerone, dividendo la frittata che gli preparava la nonna con un altro ragazzino di Santa Maria del Molise, a questo la bici gliel’avevano comprata dei parenti emigrati in America, ma aveva sempre fame e, con la miseria del dopo guerra, merende non ne portava, allora Giuliano dal cuore d’oro divideva con lui la sua.

Arrivarono anche le gare con buoni piazzamenti e tanto tifo da parte dei paesani, una volta che alla fine di una salita si trovava primo, si buttava a capofitto nella discesa, ma si ritrovava lungo disteso dentro a una chiesa mentre stavano facendogli l’antitetanica con uno di quegli agoni che si usavano allora. Nella caduta era rimasto tutto scorticato, allora le strade non erano asfaltate, così tutto fasciato faceva ritorno a casa, ma il caso volle che l’asciugamano, che aveva arrotolato sul manubrio, si sfilasse andando a impigliarsi nei raggi della ruota con conseguente altro capitombolo. Fatto sta che neanche un mese dopo, Giuliano partiva per Genova, si era arruolato in polizia. Da allora le gare le faceva in motocicletta inseguendo malandrini o persone che facevano curve contromano e non ubbidivano all’alt, e voi di Castelnovo lo avete conosciuto così.

(Elda Zannini)

6 COMMENTS

  1. Le salite e la bicicletta : erano rimaste nel cuore del “poliziotto”. Sceso dalla motocicletta, continuava a raccontare di fughe, imprese e….scalatori spagnoli. Di Bahamontes (l’aquila di Toledo) e della “pulce dei Pirenei” (Trueba). E parlava del Tour, del giro, della bellezza del ciclismo….che gli e’ sempre rimasto nel cuore.

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  2. Che bello leggere questo articolo e vedere le foto, quanti ricordi!
    Grazie signora Elda per le belle parole scritte sul Molise, ci fanno tanto bene.
    Complimenti a Lei e continui a deliziarci coi suoi racconti, noi aspettiamo con ansia di leggerLa ancora.

    Gianna Notte

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