“Dai dati relativi alla raccolta differenziata nel 2018 emerge una “spaccatura” evidente fra le percentuali di raccolta nella zona nord della provincia (Pianura) e la zona sud (Montagna): si passa dal 91% di raccolta differenziata di Poviglio al 38,4% di Villa Minozzo, fanalino di coda della provincia. Quali azioni intende mettere in atto la Regione, in collaborazione con Atersir, Iren ed Enti Locali, al fine di perseguire i livelli fissati dal Piano regionale dei rifiuti al 2020?
E' quanto chiede in un'interrogazione alla Giunta il consigliere regionale della Lega, Gabriele Delmonte, che spiega: “I dati pubblicati dalla Regione sulla raccolta differenziata in provincia di Reggio Emilia evidenziano una marcata spaccatura fra le percentuali di raccolta differenziata registrate nella zona appenninica e in quella della pianura. Ma c'è di più: i dati relativi alla raccolta rilevati in Appennino evidenziano una sensibile lontananza rispetto ai livelli fissati nel Piano rifiuti regionale, il quale prevede una percentuale del 73% di raccolta differenziata dei rifiuti solidi urbani al 2020”.
“Posto che la responsabilità di percentuali di raccolta così differenziate non possa essere imputata ai cittadini, i quali non fanno altro che seguire le discipline fissate per i loro territori di riferimento, vien da sé che si tratti di una responsabilità di matrice esclusivamente politica: dati così discordanti e lontani fra loro sono la rappresentazione più evidente di come un territorio vasto e soprattutto disomogeneo, quale è la provincia di Reggio, necessiti di soluzioni calibrate ad hoc per la gestione della raccolta dei rifiuti” sottolina il candidato leghista.
Del resto, considerando come i Comuni fanalino di coda nella raccolta differenziata siano Villa Minozzo e Ventasso, induce immediatamente a pensare come una delle possibili cause sia riconducibile alla vastità dei territori comunali e alle distanze tra frazioni.
“Ad oggi, la raccolta differenziata sull’Appennino Reggiano, ad eccezione del comune di Castelnovo Monti, avviene tramite i bidoni di plastica, carta, vetro e indifferenziato a cui i cittadini si recano con le rispettive borse fornite dai comuni. D'altronde, l’estensione del porta a porta ai comuni del Crinale produrrebbe, secondo Atersir, costi eccessivi, così come altre proposte contenute nel Piano d’Ambito Provinciale (come il porta a porta senza controllo per il capoluogo e due frazioni)” continua Delmonte.
Per iniziare un percorso di miglioramento delle percentuali di raccolta differenziata dei comuni dell’Appennino Reggiano “si potrebbe prendere esempio da quanto avviene nei comuni montani di altre regioni, i quali hanno adottato i cassonetti a calotta, apribili con un badge registrando e attribuendo alle singole utenze ogni conferimento di indifferenziato”.
Pertanto – chiede Delmonte alla Regione -: “Non è forse il caso che la Regione intraprenda nuove soluzioni, in accordo e sostegno con i Comuni, per migliorare la raccolta differenziata sui comuni fanalino di coda dell’Appennino Reggiano? Quali azioni intende mettere in atto, in collaborazione con Atersir, Iren ed Enti Locali, al fine di perseguire un avvicinamento ai livelli fissati dal Piano regionale dei rifiuti al 2020?”
Giusto chiedere maggior impegno, ma ricordandosi il diverso peso di un 38% di Villa Minozzo rispetto al 77,7 di Reggio. La media della provincia calcolata sommando tutti i comuni risulta del 77%. Ciò significa che cercare di portare una quota molto minoritaria della produzione (Villa Minozzo produce lo 06% dei rifiuti in provincia, Ventasso lo 0,9% ) forse ha dei costi non proporzionati.
E in epoca di risorse limitate forse quei soldi è meglio investirli per aumentare di un punto percentuale Reggio Emilia .
AG
Il problema della raccolta e differenziazione dei rifiuti – unitamente a quello della loro produzione che si vorrebbe auspicabilmente ridotta, così da agire anche a monte in chiave preventiva – è di sicuro complesso, e non aiutano a risolverlo le eccessive semplificazioni in materia, ma per uscirci fuori, o almeno tentarvi, occorre in primo luogo inquadrarlo nella maniera il più possibile oggettiva e realistica.
C’è sicuramente una responsabilità di matrice politica, come si dice in questo articolo, dal momento che alla politica afferiscono le scelte in tema di “gestione rifiuti”, e annessi costi, ma anche noi utenti ci mettiamo talora del nostro quando immettiamo il rifiuto nel cassonetto sbagliato, o disperdiamo materiali vari a bordo strada (non credo comunque che quelli rinvenibili lungo le strade montane siano opera esclusiva dei montanari, anzi)
Circa i “cassonetti a calotta, apribili con un badge registrando e attribuendo alle singole utenze ogni conferimento di indifferenziato”, possono andar bene anche in montagna, se si vogliono superare i tradizionali cassonetti di quartiere, ma tale sistema non comporta verosimilmente un controllo del materiale conferito (ossia quantità e tipologia, come succederebbe invece nell’Isola Ecologica col meccanismo della “consegna premiante”).
Se, come mi dicono, la presenza di materiale improprio in un cassonetto destinato ad altro tipo di rifiuto compromette la possibilità di riciclo per l’intero suo contenuto, e se l’obiettivo è quello di incrementare la differenziata, la via per ottenere un rifiuto ben selezionato per il riutilizzo mi pare quella della consegna ad un’Isola Ecologica, dove potrà essere esaminato dagli addetti (ed anche quantificato per tradursi poi in sconto tariffario).
In chiusura, se fosse tecnicamente fattibile, mi sembrerebbe opportuno che i cassonetti a calotta potessero quantomeno calcolare anche il peso del materiale volta a volta immessovi, con relativa trascrizione sulla tessera- badge dell’interessato, in modo che entrambe le voci, cioè a dire numero dei conferimenti e quantità del rifiuto conferito, possano concorrere a determinare il beneficio tariffario per gli utenti “virtuosi”.
P.B. 26.06.2019