Un bed & breakfast ci apre le porte. E racconta le storie della gente che, da lontano, passa da lì. C'è chi vuole riscoprire le radici, chi cerca semplicemente una storia che altri luoghi non sanno raccontare. Iniziamo da oggi la collaborazione con Rosi Manari che, quando se ne presenterà l'occasione, ci racconterà degli ospiti internazionali che incontra.
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Una decapottabile sportiva con a bordo quattro ragazzi olandesi attorno alla settantina si è aggirata per il nostro Appennino in questi giorni. In realtà erano sei, uno dei quali coadiuvato nei movimenti da un tutore a rotelle, ma tutti insieme erano niente di meno che “On the road again 2019”.
Così, se qualcuno volesse cimentarsi nel descrivere il tempo che passa e ti lascia curioso e desideroso di vivere la vita, potrebbe citare loro come esempio. Loro, sei amici, che hanno scelto quel nome davvero allusivo all’idea di viaggio perché ogni anno loro lo dedicano ad un Paese, nel quale scelgono di scorrazzare con la loro decappottabile.
Abbiamo avuto la fortuna di imbatterci in questi arzilli turisti alla Corte della Maddalena dove, da anni, gli ospiti stranieri sono di casa e riempiono quel luogo delle loro storie e dei loro racconti. Tanti hanno lasciato qualcosa di loro e quel qualcosa è sempre particolare, interessante e meritevole di essere ricordato.
E, allora, ecco qui alcune storie che abbiamo vissuto e condividiamo con piacere: qualche anno fa arrivarono, come semplici turisti dalla Germania, Karin Seemayer e il marito Jurgen. Karin e Jurgen sono due persone curiose e amanti del nostro Paese e, dopo poco tempo, si scoprì che lei è una scrittrice di racconti ambientati nell’Ottocento italiano. Non ci volle molto perché Karin si accorgesse di essere capitata in un luogo e in una terra piena di storia e di storie. Da quel momento, e per molte altre volte ancora, Karin fu l’ospite che torna e ritorna e si appassiona ai racconti di questa montagna, alla vita delle sue persone, ai fatti storici ancora ricordati. Da questo viaggio di andate e ritorni frequenti è nato un libro, che l’editore ha voluto conservasse nel titolo il termine “Toskana”, ma in realtà è pieno della storia della nostra montagna, e Karin l’ha dichiarato in una affettuosissima dedica stampata in calce al libro.
In uno di questi frequenti ritorni, Karin e Jurgen finirono coinvolti in una serata che rimarrà nel cuore di quanti l’hanno vissuta: l’arrivo dei due ormai amici tedeschi aveva sortito un invito ad una cena fra amici montanari già programmata, ma ancora la serata non era finita. La mattina stessa era trascorsa in chiacchiere con una coppia di ospiti israeliani di mezza età, Etty e Igal. Le chiacchiere si erano protratte perché Etty è una di quelle persone che ti pare di conoscere da sempre già cinque minuti dopo che l’hai davanti, per il suo essere dolce, affabile, diretta. Igal era un curioso viaggiatore. Dalle parole scambiate si scoprì essere, Igal, un pilota dell’aviazione militare israeliana a riposo e fu davvero interessante scambiare con lui considerazioni sul mondo, sulle appartenenze, sulla politica. Quella mattinata scoprimmo che parte dei nostri pregiudizi si mitigava nel confronto con quest’uomo che parlava della necessità di trovare un dialogo all’interno del suo Paese in un mondo che deve cambiare. La mattinata trascorse in una modalità così emozionalmente intensa da convincerci ad invitare anche loro alla cena alla quale, dopo qualche ora, si aggiunsero Susana e Ruben, anziani coniugi argentini ritornati fra queste montagne per trovare la loro famiglia di origine. Anche loro persone affettuose, con bagagli pieni di foto ingiallite, lettere di mezzo secolo fa in partenza da Talada per l’Argentina… una cena che nessuno di noi ha dimenticato.
Ma da Israele venivano anche due giovani Drusi, in luna di miele in Italia, che hanno lasciato questo luogo con il crinale negli occhi e tutta quella distesa di verde e foreste, che in Israele non c’è. Loro ci hanno raccontato in cosa consiste l’essere Drusi, cioè arabi non musulmani, in Israele e l’incontro con loro è stato talmente sincero da protrarsi ancora, con l’invio di pagliaccetti e pupazzetti per la nascita del loro bimbo, avvenuta ormai due anni dopo il loro passaggio.
Da tutt’altra parte del mondo, da Astana in Kazakistan, veniva Arman, che si è scoperto dopo essere un pezzo grosso di Kazakistan Energy, e ha scelto il nostro Appennino per passare la prima notte in Italia con la sua famiglia, lasciando un dono alla partenza perché da loro si usa così. Oppure la famiglia di Honk Kong, che è rimasta diversi giorni ed ha voluto essere accompagnata a conoscere il bosco e a visitare un paese come Nismozza e si è premurata di preparare per noi il caffè del loro paese e scendere, nel prato che guarda a Levante, per fare il saluto all’alba.
Ma da molto lontano sono arrivati anche Lucy e John, giunti da noi a cavallo della mezzanotte con un taxi da Reggio e gli occhi ancora fuori dalla testa per le troppe persone che li circondavano in metropolitana a Milano. Loro erano un falegname e sua moglie provenienti da uno sperduto paese dell’Alaska che, ci raccontarono aver da poco conquistato il beneficio di un negozio di alimentari in paese che, fino ad allora distava centoquaranta km.
Da Palo alto in California, invece, sono arrivati qualche anno fa Kathryn e Jim, lei poetessa e lui imprenditore edile di lontane origini italiane, che sono divenuti, a forza di andate e ritorni e viaggio insieme in Sicilia, amici carissimi e…. ospiti non paganti. A lui si devono i racconti di suo padre, soldato americano protagonista di ben due sbarchi alleati, quello di Anzio e quello in Normandia.
Sono, queste, alcune delle storie della Corte della Maddalena, che potrebbero proseguire: i tanti americani, canadesi, australiani originari dell’Appennino che tornano, i nordici che arrivano in moto o vengono per fare delle escursioni, la coppia di svizzeri che è rimasta nell’ultima settimana di pioggia di qualche giorno fa e se ne è andata scrivendo che aveva apprezzato moltissimo la lettura dei libri con le storie della montagna e della sua gente che aveva trovato in casa.
Ecco, se c’è un tratto comune che tiene insieme le tante storie che ruotano attorno a queste persone che vengono da fuori del nostro Paese e trovano interessante trascorrere uno o più giorni nel nostro Appennino, potremmo affermare che esso può essere riconosciuto nel desiderio di conoscenza di un territorio che viene corrisposto. Sono le storie e la bellezza discreta, o a volte mozzafiato, del nostro Appennino che restano nel cuore e fanno capire il perché di un viaggio. E’ la capacità di raccontare un territorio che lo fa essere un luogo vissuto ed è da questo vissuto che nasce un legame, il desiderio di non interrompere un rapporto, la voglia di tornare il prossimo anno. L’Appennino potrà non avere le vette immacolate delle Alpi, ma l’Appennino nel suo intero sviluppo rappresenta la spina dorsale del nostro Paese. Quell’insieme di piccoli centri dove se arriva un’auto con targa straniera qualcuno mette fuori la testa, ma che custodisce ancora una storia fatta di posti con un’anima.
Naturalmente, e questa considerazione può sembrare scontata ma non la è, il contatto prevede la comprensione reciproca, quindi è di gran lunga importante invitare l’Appennino a conoscere l’inglese.