Riceviamo e pubblichiamo.
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La lettera di risposta dell’Ausl sul caso della ragazza ricoverata a Reggio è un bell’esercizio di cortesia di facciata.
Riparandosi dietro al connubio riservatezza delle informazioni - autoreferenza del proprio operato insindacabile, l’Ausl va avanti e indietro su diverse gradazioni di giudizio riuscendo a dire tutto ed il suo contrario:
- Dice che è in corso una analisi dei fatti ma ha già stabilito che tutto è ok e si tratta solo di informare meglio la paziente
- Si è provveduto a programmare l’intervento a Reggio per poi leggere nella riga successiva che il sabato non sono previste attività programmate
- Si dice che il trasferimento del caso a Reggio era prudenziale a causa del quadro clinico, però nonostante il feto in grembo fosse morto da più giorni si è preferito aspettare il giorno dopo, e visto che la situazione della paziente era importante ma non seria, la donna è stata trattata per ultima, al momento della chiusura del turno, operandola alle ore 19
- Infine si conclude che aver operato a Reggio è stata una scelta opportuna, anzi, rivelatasi indispensabile.
Francamente siamo allibiti per come la direzione Ausl consideri l’opinione pubblica nel dare queste risposte.
Anzitutto: se la situazione era seria come si lascia intendere, crediamo si sarebbe dovuti intervenire quanto prima per scongiurare un aggravamento improvviso. Se il quadro clinico preoccupava non si doveva aspettare 24 ore per far ricoverare la ragazza, non la si parcheggiava in Day Hospital e non si sarebbe dovuto portare la situazione al limite del turno giornaliero, con il rischio di dover intervenire il giorno dopo ancora, eventualità fra l’altro comunicata alla paziente nel corso della giornata.
Ma poi allarghiamo il ragionamento, perché è quello che ci interessa.
Il caso di questa ragazza che si è presentata al consultorio distante 100 metri dall’ospedale di Castelnovo e ha appreso alle 10,30 di mattina che ha perso il bimbo da alcuni giorni: perché non è stata ricoverata direttamente nel reparto di ginecologia facendo così gli accertamenti necessari per valutare con i medici del reparto se operarla in loco? Meglio di no?
Ci sono o non ci sono i ginecologi, gli anestesisti, i chirurghi, gli ostetrici, la rianimazione, la radiologia, il personale infermieristico, il deposito del sangue…?
A cosa servono?
E la prova del nove, la pistola fumante che fa affermare all’Ausl “essere stata una scelta indispensabile” il portare la ragazza a Reggio, è forse la perdita di sangue durante l’operazione, che poi ha trattenuto la ragazza in osservazione presso il comparto operatorio fino all’una di notte?
Se fosse stata operata a Castelnovo il giorno prima, poteva essere inferiore?
O si lascia intendere invece che lì non sarebbero stati in grado di trattarla e tenerla in osservazione?
Ormai assistiamo da anni alla sistematica deviazione dei casi da trattare, con la scusa di protocolli, livelli d’intervento, in questo caso per la scelta dei professionisti, si dice.
Ma c’è ancora un ospedale a Castelnovo?
C’è ancora professionalità e sicurezza nei reparti?
Ma soprattutto c’è ancora legittimazione da parte della dirigenza dell’Ausl per quei professionisti che vi lavorano?
A cosa servono sei ospedali se poi la linea guida è concentrare tutto a Reggio anche se rischia il collasso?
Cosa volete fare con il Sacro Pal dell’ospedale di Castelnovo, un centro logistico di smistamento e un poliambulatorio per le prestazioni calendarizzate, delegittimando l’assistenza interventistica ordinaria?
Queste domande non dovremmo farle noi sole e inascoltate, dovrebbero farvele i primi responsabili della salute pubblica, i Sindaci dei Comun i della montagna ed in particolare il Sindaco della città capoluogo della montagna alla quale è stato chiuso il punto nascita per mandare i suoi medici a Scandiano.
(Salviamo Le Cicogne di Montagna)
Se la cantano e se la suonano. Penso proprio che gli operatori del nostro ospedale abbiano ricevuto l’ordine di tacere e deviare il più possibile nello zibaldone reggiano. Non si spiegherebbe un silenzio così “assordante”, veramente e che fa paura, da parte di tutto il personale… se vogliono mantenere il loro lavoro. Ne sono convinta. Viva la libertà di pensiero! E siamo in “regime” PD – regime nel senso degli apparati politici a livello locale e regionale. Coraggio e forza al Comitato #SALVIAMOLECICOGNEDIMONTAGNA, unica voce che rappresenti i cittadini ai quali preme mantenere vivo l’Ospedale fondato con sacrifici e duro lavoro dall’Onorevole Marconi e da tanti castelnovesi volenterosi.
Luisa Valdesalici