Riceviamo e pubblichiamo, su segnalazione di Nadia Vassallo, la lettera che una donna ha rivolto al Comitato Salviamo le Cicogne riguardante la propria disagevole esperienza, già di per sé amara, presso l'ospedale Santa Maria Nuova di Reggio Emilia.
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Vi scrivo per raccontare le due giornate più brutte della mia vita, lo sarebbero state lo stesso, ma con un minimo di decenza nell’ospedalizzazione sarebbero state meno traumatiche.
Purtroppo i disagi creati dalla chiusura del punto nascite a Castelnovo ne’ Monti non colpiscono solo chi affronta una gravidanza, ma anche chi, come me, purtroppo la vede svanire all’improvviso.
Alla 13esima settimana a una visita di controllo in consultorio non rilevano battito. Per forza di cose la dottoressa deve chiamare il S. Maria Nuova di Reggio Emilia per la terapia da eseguire e mi spiega che probabilmente mi faranno anche le analisi per provare a capire il perché sia successo visto che non c’era stato nessun segnale. Mi viene dato appuntamento per il giorno seguente alle 7 e 30.
Volendoci 1 ora e 30 (con traffico e meteo nella norma) partiamo alle 5 e 30 e arriviamo puntuali. Dopo aver finalmente trovato il reparto l’infermiera mi chiede i documenti, poi fino alle 9 nessuno mi visita. Mi viene fatta un’ecografia, mi viene detto che dovrò essere operata, mi viene fatto firmare il consenso e vengo mandata in camera, con l’obbligo di continuare a restare a digiuno senza bere (lo ero dalla mezzanotte precedente) che per i liquidi mi metteranno una flebo.
Aspetto nel letto fiduciosa che tornerà qualcuno a spiegarmi in cosa consiste l’intervento, a farmi le dovute analisi e a mettermi la famosa flebo. Nessuno si è fatto vivo fino alle 13 quando l’infermiera mi dice che devo spostarmi in ginecologia, perché il reparto day hospital è in chiusura.
Passano altre 2 ore di nulla, quando camminando nel corridoio, già al limite, incontriamo la dottoressa che ci dice che visto che clinicamente non sono urgente mi stanno passando avanti tutti gli altri casi, anche perché sono in 2 dottori ginecologi e un solo anestesista che deve però seguire anche altre sale operatorie.
Alle 17 la dottoressa in visita ad altre degenti si scusa e dice che ora loro sarebbero liberi, ma l’anestesista no e che comunque c’è anche un’altra ragazza che aspetta.
Alle 18, meglio tardi che mai, mi mettono una flebo di liquido. E alle 19 (finalmente) arrivano in tutta fretta per portarmi in sala operatoria facendomi preparare in 1 minuto scarso. Mi sveglio alle 20.50, mi portano in una stanza nel reparto Sala Parto dove mi controllano ogni mezz’ora, e vengo riportata in stanza verso l’1 di notte.
DICIOTTO ore.
18 ore delle quali 12 passate, oltre che con il dolore emotivo, con la preoccupazione dell’operazione e dell’attesa. 18 ore che il mio compagno ha passato preoccupandosi per me senza poter fare nulla.
Io non mi sento di incolpare la dottoressa (che era già lì alle 9 del mattino e l’ho intravista appena svegliata dall’operazione mentre mi faceva un sorriso e una carezza) né le infermiere e ostetriche di Ginecologia e Sala Parto che sono state carine (in Day Hospital lasciamo perdere).
Ma chiederei a chi ha deciso la chiusura del reparto a Castelnovo (che evidentemente non è solo del punto nascite in sé per sé!) se per loro questo è il progresso? Se per loro è sicurezza? Se è il bene per noi pazienti? Se è rispetto? Che mi spieghino perché è giusto accentrare tutto su un ospedale se poi non ci sono personale e mezzi per fronteggiarlo nella maniera adeguata?
Io non auguro a chi ha deciso per la chiusura di passare quello che abbiamo passato io e il mio compagno perché a differenza loro ho rispetto e decenza (e perché so che le somme verranno tirate da qualcun altro e in altra sede).
Però spero che si soffermino un attimo a leggere, e SE hanno un briciolo di umanità, capiscano cosa hanno provocato con la loro scelta.
Chiedo di restare anonima non perché non voglia metterci la faccia, ma perché non sono pronta a condividere il dolore della mia perdita così apertamente.
Grazie per l’attenzione.
(Una donna della montagna)
A lei, giovane donna della nostra montagna, tutta la mia comprensione e umana solidarietà. Mi dispiace molto per il dolore che sta provando. Sono indignato, molto arrabbiato con questi “tecnici” della Sanità, con questi politici regionali e locali che hanno creato una situazione caotica di disorganizzazione totale sul territorio. Credo che dovranno pagarla cara alle prossime elezioni comunali e poi in autunno alle regionali. Hanno dimostrato un cinismo e una stupidità intollerabili. Hanno voluto umiliare chi protesta, con arroganza ci hanno detto che dopo la chiusura era stato organizzato un piano per accompagnare le donne in gravidanza, che gli allarmi erano infondati, che le nostre donne erano più sicure dopo la chiusura del punto nascita, della maternità all’ospedale Sant’Anna di Castelnovo Monti. Non è vero, ed è stato evidente da subito. Ma no, loro hanno le competenze, loro hanno la conoscenza, loro, politici e tecnici sanno cosa è meglio per noi. BUFFONI! La realtà li ha smentiti. Ora devono pagare! I politici devono essere sostituiti e i medici devono tornare a usare il buon senso e l’umanità. Non sottostare e giustificare da codardi direttive politiche che danneggiano e umiliano gravemente le donne della montagna. Gli elettori e le elettrici credo sappiano bene cosa resta loro da fare.
Un saluto e un abbraccio a lei e al suo compagno per la perdita che avete sofferto.
Alessandro Davoli