Più competenti, più autorevoli, e in grado di esprimere in modo preciso i bisogni e le aspettative della comunità in un settore di vitale importante qual è la sanità. Sono i quaranta cittadini emiliano-romagnoli che oggi a Bologna, nella sede della Regione, hanno ricevuto gli attestati di formazione per aver partecipato alla prima edizione del corso “Cittadino attivo e competente”, coordinato dalla Federazione diabete Emilia-Romagna (Feder) in collaborazione con la Regione.
Si tratta della prima esperienza nel suo genere, a livello nazionale, voluta e fatta da associazioni di pazienti e un’istituzione pubblica, con un obiettivo preciso: formare dei cittadini affinché svolgano un ruolo attivo nelle attività di presa in carico delle malattie croniche, nel caso specifico il diabete, collaborando nelle Case della salute con le équipe multidisciplinari (infermieri, medici di base, pediatri, assistenti sociali) a sostegno dei pazienti e dei rispettivi familiari.
Gli attestati sono stati consegnati ai cittadini direttamente questa mattina dal presidente della Regione, Stefano Bonaccini, alla presenza della presidente di Feder, Rita Lidia Stara, e della direttrice generale Cura della persona, Salute e Welfare della Regione, Kyriakoula Petropulacos.
A ritirare l'attestato per Carla Banciroli, era presente il consigliere della Fand - nonchè nostro presidente -, Gabriele Arlotti, impegnato nella nascita di gruppi di auto aiuto per genitori a Reggio Emilia e Appennino.
“Quest’iniziativa si inserisce in un percorso di collaborazione partecipata che abbiamo voluto intraprendere qui, in Emilia-Romagna, dove le associazioni siedono ai tavoli regionali, perché discutere e condividere le decisioni è sempre un buon metodo di lavoro- ha sottolineato Bonaccini-. Il corso rappresenta certamente un’opportunità per rendere i cittadini sempre più competenti e consapevoli dei bisogni e delle aspettative della comunità in un ambito di fondamentale importanza come quello della salute; ma è anche un’opportunità per diffondere tra i professionisti del Servizio sanitario una cultura orientata alla condivisione e alla partecipazione, sia nell’ambito della programmazione che della presa in carico dei pazienti”.
“Le associazioni dei pazienti possono e devono svolgere un ruolo fondamentale, sia nei confronti dei propri soci che delle politiche sanitarie regionali- ha ribadito Rita Lidia Stara-. Nei confronti dei propri membri attraverso un’azione che va dall’assicurare l’informazione e la comunicazione, promuovendo conoscenza, consapevolezza ed empowerment rispetto alla gestione della malattia. Nei confronti delle istituzioni sanitarie e dei decisori politici, attraverso il coinvolgimento nella definizione delle politiche sanitarie e nei percorsi condivisi di valutazione sull’efficacia delle cure e sul rispetto dei bisogni. Vogliamo essere cittadini-sentinelle attenti e partecipi- ha concluso la presidente di Feder- ciascuno nel proprio ruolo e con le proprie responsabilità”.
Dopo l’avvio positivo di questa esperienza, saranno organizzate nuove edizioni con focus specifici su altre patologie croniche, sempre con il supporto di Feder e delle altre associazioni di pazienti.
“Cittadino attivo e competente”, la prima edizione
L’intero percorso formativo si è articolato in una serie di lezioni, per una durata complessiva di 70 ore durante il 2018. Vi hanno preso parte quaranta rappresentanti di tutte le associazioni dei pazienti diabetici presenti sul territorio dell’Emilia-Romagna; come docenti, hanno partecipato esperti e professionisti del Servizio sanitario regionale.
Obiettivo del corso, fornire un contributo nel sostenere le associazioni di pazienti sulla loro capacità di raccogliere la sfida della partecipazione attiva e di una interlocuzione efficace con tutti gli attori del “sistema salute”, in linea con quanto descritto e previsto dal Piano Sociale e Sanitario 2017/2019, dal Piano nazionale della Malattia Diabetica e dal Piano nazionale della cronicità.
La metodologia interattiva ha previsto sessioni plenarie sulle tematiche generali, favorendo il confronto e l’approfondimento. La conoscenza di percorsi e progetti regionali ha aperto nuove opportunità di intervento per la lotta all’esclusione e alla fragilità, per la co-costruzione di progetti di vita prima che di cura, soprattutto nell’ambito delle Case della salute, punto di riferimento rivolto ai cittadini per l’accesso alle cure primarie.
Ora, i “cittadini competenti” sono in grado, nei rispettivi ambiti locali, di fornire un supporto a persone affette da diabete e ai loro familiari, ma anche ai professionisti delle Case della salute nella presa in carico dei pazienti che fanno fatica a seguire le terapie e pazienti fragili. Possono fornire un sostegno nel complesso percorso di cambiamento degli stili di vita, nel diffondere la cultura dell’autocontrollo della malattia diabetica, nell’informazione nelle scuole per l’accoglienza di minori con diabete dal nido fino agli istituti di secondo grado.
Il diabete e la gestione integrata della malattia in Emilia-Romagna: il modello funziona
Nella popolazione emiliano-romagnola la prevalenza del diabete è intorno al 7%: si parla di 260.000 persone, di cui 1.000 bambini. A livello di Servizio sanitario regionale, c’è sempre stata una particolare attenzione alla prevenzione e alla presa in carico delle persone affette da questa patologia, secondo un modello di integrazione tra i vari professionisti - sia dell’ospedale che del territorio, del sanitario e del sociale -, le associazioni dei pazienti e il volontariato.
Un modello, quello emiliano-romagnolo, che funziona. Lo dimostrano i dati delle principali complicanze associate alla patologia diabetica, oggi significativamente ridotte rispetto al 2010: è il caso del coma diabetico (- 41,1%), della cardiopatia ischemica (- 23,7%), dell’infarto (- 13,3%), dell’ictus (- 21,9%), delle amputazioni (- 19,2%), delle complicanze oculari (- 38,2%), della mortalità (- 2,5%).
Le strutture presenti sul territorio sono state programmate secondo i bisogni dei pazienti, e diversificate per età e tipologia (a seconda che sia diabete di tipo 1, e dunque con un esordio brusco più spesso durante l’infanzia e l’adolescenza, o di tipo 2, che compare più spesso negli adulti e negli anziani).
Per l’età pediatrica, e quindi per i pazienti più giovani con diabete mellito tipo 1, ci sono 11 Centri provinciali di Diabetologia Pediatrica, composti dalle pediatrie ospedaliere in collaborazione con i pediatri di libera scelta. Per la popolazione adulta, sono attive 23 strutture diabetologiche e 60 ambulatori periferici che si occupano di diabete mellito tipo 1, diabete in gravidanza, diabete mellito tipo 2 con complicanze gravi.
Le 109 Case della salute e gli ambulatori dei medici di medicina generale, in integrazione con i Centri Diabetologici e gli ambulatori infermieristici per la gestione della cronicità nelle Case della Salute, seguono i pazienti affetti da diabete mellito tipo 2.
Citando l’articolo: collaborando nelle Case della salute con le équipe multidisciplinari (infermieri, medici di base, pediatri, assistenti sociali) a sostegno dei pazienti e dei rispettivi familiari.
Ora, i “cittadini competenti” sono in grado, nei rispettivi ambiti locali, di fornire un supporto a persone affette da diabete e ai loro familiari, ma anche ai professionisti delle Case della salute nella presa in carico dei pazienti che fanno fatica a seguire le terapie e pazienti fragili. Possono fornire un sostegno nel complesso percorso di cambiamento degli stili di vita, nel diffondere la cultura dell’autocontrollo della malattia diabetica, nell’informazione nelle scuole per l’accoglienza di minori con diabete dal nido fino agli istituti di secondo grado.
E cioè cosa farebbero? Lo chiedo perché mi auguro vivamente che questa iniziativa, come tante altre, non nasconda “il depauperamento” in atto dei servizi essenziali. Conosco bene la gestione del diabete e mi sta bene che si possa fornire un supporto di sensibilizzazione, nella promozione degli stili di vita come ad es: esercizio fisico e dieta; ma attenzione, non vorrei che tali cittadini “formati” si sostituiscano a professionisti (vedi carenze organiche) o a centri per la distribuzione farmaci, questi ultimi, infatti, stanno già subendo un ridimensionamento nelle realtà rurali di certe regioni. Ci sono già dei progetti in atto per distribuire farmaci attraverso cooperative e tutto questo è pura follia.
Dove il pubblico non ha più risorse, si ricorre a donazioni private, onlus, fondazioni e volontariato… e via verso la privatizzazione.
Spero di essere in errore ma a volte a pensar male ci si azzecca.
Un montanaro