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Passo dopo passo. Vi racconto della “Tana della Mussina”

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Gruppo Speleologico "Gaetano Chierici"

Domenica 10 marzo 2019, partenza dalla piazza di Borzano di Albinea, ritrovo alle ore 9,00.

Guardo in giro cercando di capire chi saranno i miei compagni, in questa escursione non conosco nessuno, l’ho trovata... anzi, me l’ha trovata facebook sulla base di “partecipazioni” ad altri eventi simili.

Non impiego molto per capire a chi rivolgermi, visto che qualcuno ha in mano un caschetto con scritto Gruppo Speleologico "Gaetano Chierici".

Preparo lo zaino col cambio, lo spuntino, acqua, racchette, giacca a vento, berretto e scalda collo, guanti e scarponi alti (pesantissimi) ai piedi. Batterie di scorta (forse più pesanti degli scarponi), cavi e cavetti. Sono pronta per la visita all’area del sistema carsicoCa’ Speranza-Mussina".

Pian piano arrivano i circa trenta partecipanti. La presenza di tre giovanissimi un poco mi rassicura, in fin dei conti è la mia seconda “scarpinata” e non vorrei fare da freno alla compagnia, poi penso a quanta energia hanno i ragazzi e torno a preoccuparmi.

Ultimo caffè al bar adiacente la piazza e si parte.

Azzeruolo

Saliti per la strada asfaltata, il primo incontro è con un “albero monumentale”. Quanto mi piace sta cosa degli alberi monumento! Questo è un Azzeruolo. L'Azzeruolo è una delle fonti naturali più importanti di vitamina C. Le azzeruole hanno la caratteristica, se consumate fresche, di essere dissetanti, rinfrescanti, diuretiche e ipotensive; la polpa, nello specifico, ha proprietà antianemiche e oftalminiche. I frutti sono ricchi di vitamina A.

Dolina delle Budrie

Torniamo a noi, si continua a salire fino a Casa Il Monte, bordeggiamo la grande dolina delle Budrie.

Dolina? Che è?

Sinceramente non avevo la minima idea di cosa fosse una dolina. Quando ho posto la domanda in mezzo al gruppo di speleologi mi sono sentita veramente “ignorante”! Alcuni sguardi sono stati da “porella… ‘gna fà” (forse l’accento dei pensieri non era proprio questo, ma il senso diciamo lo dà).

Sul bordo della dolina delle Budrie

Così arriviamo in cima a un colle e capisco con la pratica, supportata dalla grammatica di un’esaustiva spiegazione da parte della nostra guida, William Formella, cosa sia una dolina.

Per far prima io mi affido alle parole di “santawikipediasempre”: una dolina è una conca chiusa, tipica dei pianori costituiti da rocce calcaree, formatasi in seguito alla dissoluzione del carbonato di calcio costituente le rocce; è una morfologia tipica di aree in cui si manifesta il carsismo superficiale.

Da un punto di vista idrologico è il punto di chiusura di un bacino idrografico il cui centro si riempirebbe d'acqua originando un laghetto se le sue pareti e il suo fondo fossero impermeabili; invece, di solito, l'acqua viene scaricata attraverso vie sotterranee, questo in quanto sul fondo delle doline è quasi sempre presente un inghiottitoio (imbuto naturale) attraverso il quale l'acqua meteorica penetra nelle cavità sotterranee.

Tana della Mussina

Avessi quaranta anni di meno mi verrebbe da dire qualcosa  come “Perdindirindina! Qui con la neve e dei sacchi (ai miei tempi erano quelli del fertilizzante) ci sarebbe da divertirsi un botto!” (Ossignore! Ho scritto veramente “ai miei tempi” e “perdindirindina”?). Prima cosa capita: ci stanno portando sopra la grotta e ci stanno facendo vedere da dove inizia. In pratica si dipana sotto i nostri piedi, e noi siamo nel punto da cui il tutto comincia, o quasi. Aggiriamo la collina, becco un micro laghetto e voltandomi appare la pianura con il suo tappeto di costruzioni e un colle in lontananza con un campanile. Sinceramente io sarei già contenta di starmene qui a gustare il panorama.

William Formella spiega la diramazione della grotta

Avanziamo e scopriamo una “valle cieca”. Con il termine di valle cieca si definisce solitamente solo la parte terminale di una dolina, cioè quella dove il corso d'acqua trova un sostrato permeabile e si inabissa attraverso di esso fino a trovare nel sottosuolo una base impermeabile (argilla o roccia) su cui scorrere. Questa parte di dolina è definita cieca perché di solito si conclude repentinamente con grandi ammassi rocciosi sotto i quali si insinua il corso d'acqua (ma quante ne sa wiki? Le guide l’hanno spiegato benissimo, ma vuoi mettere la praticità di fare un copia e incolla?).

Con la cartina in terra William Formella ci spiega la diramazione della grotta e del sistema carsico.

Olmo selvatico

Intanto scopro che siamo in piena “fioritura” dell’Olmo selvatico e che si potrebbe fare un ottimo risotto con le infiorescenze qui attorno. Imparo anche che uno dei miei accompagnatori è un antiquario di libri, e va beh! Allora abbandonatemi qui con lui ed io sono già felice! Mi trattengo dal sequestrarlo e farmi raccontare per filo e per segno come si diventa antiquari di libri (cosa che però mi riprometto di far presto) e mi “accontento” di sentirlo raccontare cosa vediamo, il perché e il percome.

Piccola sosta pranzo. Picnic guardando da un lato il castello di San Giovanni e dall’altro la pianura che si apre sotto di noi.

Fra una fetta di salame col pane e l’altra faccio amicizia con una ragazza di 14 anni, Asia, dagli occhi azzurri e bellissimi e scopro che è lì col padre, Emanuele Maistrello, poliziotto e speleologo, che sta accompagnando un ragazzo speciale, Graziano.

Emanuele Maistrello con la figlia Asia

Ecco! Mi vergogno di aver pensato di non potercela fare e ammiro il bellissimo esempio che questo ragazzo mi dà. Anche la mia dolcissima nuova amica mi è di sprone, mi racconta che accompagna spesso il padre e che non ha nessun timore a entrare in grotta.

Costeggiando la dolina del Pomo, passiamo da un’antica cava, scopriamo altri buchi e inghiottitoi e finalmente ci avviamo verso la Tana della Mussina.

Mentre un primo gruppo munito di caschetto entra nella grotta, noi stiamo ad ascoltare Claudio Catellani che ce ne racconta la storia.

Tana della Mussina”

La “Tana della Mussina” rappresenta uno dei maggiori monumenti dell’età eneolitica (III millennio a.C.), periodo caratterizzato dal primo utilizzo del metallo, il rame. Il Chierici vi condusse, alla fine del 1871, uno scavo stratigrafico, esemplare per quei tempi, fornendone un’ampia relazione nel suo scritto “Una caverna del reggiano esplorata”.

Lo scavo ha fornito reperti ceramici, 15 accette in pietra verde, un pugnale di selce, oggetti in osso, una lesina e un chiodo di rame e i resti – non in connessione anatomica – di almeno 18 persone (6 fanciulli, 4 adolescenti, 7 adulti, un vecchio). Il materiale è custodito nel museo di Reggio … L’insieme dei dati suggerì al Chierici l’ipotesi che nella grotta si fossero svolti riti comprendenti sacrifici umani e banchetti cannibalici.

Claudio Catellani

L’ipotesi non è da respingere affrettatamente – basti pensare che riti analoghi erano ancora comuni, fino a pochi decenni fa, presso “primitivi” contemporanei – ma nel caso specifico contrasta con l’incompletezza degli scheletri trovati, e induce a pensare piuttosto alla “Mussina” come a una grotta sepolcrale (una “casa dei morti”), nella quale una tribù eneolitica (molto probabilmente stabilitasi sulla vicina rupe che ora ospita le rovine del castello) deponeva definitivamente crani e ossa lunghe dei defunti, dopo averli solo parzialmente cremati (questo giustificherebbe le tracce di fuoco sulle ossa).

Il significato di questo rito funebre è duplice: da un lato il defunto viene materialmente conservato presso i vivi (e ciò può richiamare il culto degli antenati e l’antichissimo culto dei crani) dall’altro viene riconsegnato in grembo alla Madre Terra, che lo accoglierà nelle sue viscere e forse ne preparerà la rinascita (http://www.castellodiborzano.it/la-tana-della-mussina/).

Tana della Mussina

Per praticità ricorro ancora una volta al copia e incolla, cosa che non posso fare per le leggende legate alla sorella del castellano, e forse alle streghe? Mi piacerebbe che ci fosse una storia di streghe. Molto particolari anche i pipistrelli, la raccomandazione è che non dobbiamo assolutamente disturbarli, per nessun motivo, altrimenti il risveglio causerebbe un dispendio di energie che inciderebbe sulla scorta occorrente per arrivare a primavera.

Mi piace tantissimo l’approccio di questi speleologi, ci hanno non solo insegnato un sacco di cose, ma anche inculcato il rispetto assoluto per il territorio e per le sue forme di vita, e credo che questo sia un modo molto moderno di usufruire della bellezza paesaggistica.

Arriva il nostro turno di entrare in grotta. Caschetto ben allacciato (a cosa serva lo scopro immediatamente poiché mi evita una craniata appena entrata), piccolo slalom fra i massi e sono dentro!

Tana della Mussina

L’odore è di cantina (o forse le cantine hanno odore di grotta?) insomma umido, muschioso, denso.

Claudio Catellani prosegue le spiegazioni mentre io mi siedo da un lato e comincio a guardarmi attorno. Muovendo la testa la luce sul casco si sposta e fa riflettere cristalli incastonati nelle rocce.

Mi aspetterei di sentir suonare dei campanellini, non mi trasmette senso di paura essere in questo anfratto, anzi, mi pare di essere protetta, al sicuro. Forse la storia sulle sepolture che riconsegnano in grembo alla Madre Terra le persone non è poi così sbagliata, mi sento veramente ritornata a casa.

Dopo poco mi trovo a strisciare sotto un masso per passare a una camera successiva. Anche qui lo scintillio fra le rocce è magico.

Tana della Mussina

Una corda e due assistenti aiutano al passaggio successivo, la camera con i pipistrelli.

Oltre non si può, c’è una sorta di cancello messo per preservare la pace dei chirotteri e soprattutto salvaguardare possibili temerari dal perdersi senza ritorno per mancanza di adeguata preparazione e attrezzatura.

Ci raccontano gli speleologi che già hanno salvato da una triste fine un gruppo di ragazzi troppo temerari.

Io decido di starmene appollaiata su uno sperone a guardarmi il rifrangersi della luce nei cristalli di gesso. Non ho voglia di arrampicarmi e strisciare oltre. Esco e torno alla luce.

Asia Maistrello

Osservo le facce di chi ha fatto il viaggio all’interno del “grembo”, sono tutti entusiasti e sorridenti. Alla fine esce la mia giovane amica, completamente infangata! Ha fatto una piccola escursione oltre col padre. Che bella la condivisione di questa passione fra il padre e la figlia, spero che questa ragazza sia consapevole della sua fortuna nell’avere un genitore che gli instilla l’amore per la terra, nel vero senso della parola. Quando siamo tutti pronti ci si avvia verso le mura del castello alla scoperta di altre storie.

Ogni tanto si sente: “Bici!”. È il segnale che occorre mettersi alla destra del sentiero perché passano gli amanti delle escursioni su ruota. La cosa buffa è che il percorso è disseminato di cartelli che ricordano di fare attenzione sia ai pedoni sia ai ciclisti.

Alla fine costeggiando il torrente Lodola chiudiamo il cerchio tornando a Borzano. Il percorso è segnato ovunque e ben curato, si chiama “Anello Ca' del Vento”, è il sentiero Cai n. 614 percorre il Sito di Importanza Comunitaria (SIC) “Ca' del Vento, Ca' del Lupo, Gessi di Borzano”. Sono circa 16 km ma noi ne abbiamo percorsi otto con +/- 200 metri di dislivello.

Come al solito, mentre alla partenza ogni micro gruppo di persone fa mondo a sé al ritorno si ha voglia di stare assieme così ci si ritrova tutti al bar, per qualche racconto e chiacchiera aggiuntiva, cercando di rimandare ancora di qualche minuto la fine di questa magnifica giornata.

Questa è stata la prima escursione organizzata dal Gruppo Speleologico "Gaetano Chierici" a seguito e conclusione di alcuni corsi tenutisi a Reggio Emilia.

Spero di cuore che non rimanga una data unica ma che sia replicata, perché è stata veramente interessante, fattibile e intensa, senza contare che le nostre guide hanno risposto a ogni domanda con una preparazione veramente capillare.

Continuano a stupirmi le meraviglie che abbiamo a pochi chilometri da casa, convincendomi maggiormente a non farmi sfuggire più nessuna occasione di scoprirne altre.

(Doris Corsini)

La presentazione del 36° corso di introduzione alla speleologia "Movimento Underground" avverrà mercoledì 18 settembre alle ore 21 presso la sede del gruppo Speleologico Paletnologico Gaetano Chierici in via Massanet 23 a Reggio Emilia.

Il foto racconto

Passo dopo passo: prosegue la rubrica che vorrebbe raccontare in modo lento, tranquillo, osservativo, esplorativo, a misura d’uomo, lo scoprire angoli e percorsi del nostro Appennino.

Trekking, passeggiate, ciaspolate, in bicicletta, a cavallo: sono tanti i modi in cui, passo dopo passo, possiamo godere dell’infinita bellezza che ci circonda.

Con questa rubrica vorremmo raccontarvi, ma ci piacerebbe che anche voi stessi ci raccontaste, di luoghi, suggestioni, cammini, esperienze, modi di vivere e vedere questi meravigliosi panorami. Sono tanti i sentieri, sono infinite le vie, noi ne racconteremo alcuni per come possiamo e per come sappiamo. Aspettiamo anche i vostri scritti, le vostre sensazioni o ricordi.

Passo dopo passo, il cammino alla scoperta di una terra, la nostra, ricca di storia, arte, gastronomia, cultura e natura meravigliosa.

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