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Cervarolo, 75 anni dopo

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La lapide che riporta i nomi dei caduti

C’è caldo, il 24 marzo, a Cervarolo. Un tempo differente da quello di settantacinque anni prima: un calore che non c’era, non esisteva, né durante quei tormentati giorni di primavera né dentro al cuore delle persone. Settantacinque anni fa, davanti all’aia, si compiva il massacro, ben raccontato nelle parole del presidente dell'Anpi Ermete Fiaccadori che rievoca fatti e persone, riportandoci ai tragici fatti avvenuti nel 1944, in un freddo giorno dove la neve scendeva dal cielo.

«Le vicende sono ben note. Il 19 marzo, informati dell’arrivo dei tedeschi e della strage di Monchio nel modenese (con 136 morti tra cui anche donne e bambini), i partigiani lasciarono il paese liberando i prigionieri tedeschi e fascisti che avevano fatto in quei giorni. Furono proprio questi ultimi a aizzare i tedeschi contro la popolazione per aver aiutato i partigiani anche con la delazione anche di un abitante del paese. Secondo gli ordini del maresciallo Kesserlring le truppe potevano procedere con l’uccisione di tutta la popolazione maschile. Al mattino del 20 marzo arrivarono, in forza, truppe della Wehrmacht e fascisti. Accerchiarono il paese, iniziarono il rastrellamento e portarono gli uomini nella aia.»

Gonfaloni nell'aia

Il resto è storia. Storia passata ma non dimenticata. Come da anni accade, Cervarolo non dimentica. Cervarolo è presente, nella sua aia, tra i suoi sassi, tra le pietre delle case, dove ancora si annidano ricordi che sembrano quasi gioire udendo le parole del presidente dell’Alpi-Apc Elio Ivo Sassi, che tuona la condanna degli uomini che furono i mandanti del massacro.

«Abbiamo onorato i caduti per anni, ma non avendo mai i colpevoli, non avevamo mai l’agognata giustizia. Riconosciamo al sindaco Luigi Fiocchi qui, in questo luogo, il suo ruolo di sindaco, di persona, di antifascista, di essersi esposto con curiosità istituzionale dal 2009 al 2011, fino alle 10 ore di camera di consiglio a Verona, per arrivare alla condanna degli ultimi due della divisione Goering: Holberg e Stark. Il 25 aprile a Villa Minozzo sarà consegnata al sindaco la pergamena delle istituzioni provinciali per l’impegno antifascista.»

Autorità civili nell'aia

In precedenza, lo stesso Luigi Fiocchi aveva dichiarato: «Oggi è l'ultima volta che, dopo dodici anni da sindaco, mi ritrovo qui a fare questo intervento. L’aia non è una stele con dei nomi o un cippo, è qualcosa che lega, che fa capire cos’è accaduto. Basta guardare le pietre di arenaria, dove si vedono ancora le raffiche della mitragliatrice. Questo paese divenne un paese di poveri, persone senza nulla, ma che avevano mantenuto una grande dignità. Questa è una comunità che non si lamenta mai, e forse sono persone che si sono tramandate la capacità di essere tolleranti. Devo ringraziare tutti loro, e dire grazie, salutare e abbracciare tutti voi.»

È la volta dei ragazzi dell’istituto comprensivo Galileo Galilei di Villa Minozzo. La terza media prepara una rievocazione intensa, con canzoni, cantate da voci soliste, che termina col celebre brano “Auschwitz”, che i presenti cantano tutti, insieme, uniti da un legame forte e intenso, uniti dal desiderio di non dimenticare. Vengono disposte delle casette di carta sul pavimento dell’aia, opera dei ragazzi di prima media assieme alla professoressa Maria Amoruso e il professor Emanuele Ferrari spiega il lavoro degli studenti.

La deposizione della corona davanti alla lapide

«La storia ha bisogno di essere vita, di essere memoria e la memoria è una pratica quotidiana. Le casette verranno disposte sugli alberi, che oscillando nel vento, suoneranno. Ogni casa ha un nome, uno di quelli incisi sulla lapide. Insieme ai colleghi Amoruso, Sciaboni, Bianchi, Bonicelli e Morcavallo abbiamo messo insieme i luoghi tristemente famosi dove le stragi proseguivano, leggendo anche poesie e brani che li riguardano.»

Una rievocazione in cui si alternano i valori della tolleranza, del ricordo, della memoria.

Valori ben espressi nell’omelia di padre Giuseppe Gobetti, che con pennellate cariche di colore, dipinge una ricca tela.

«Il Dio dell’esistenza è venuto per liberare il suo popolo, e per sentirlo vicino bisogna fare come lui: donare giustizia e libertà. Questo è il primo valore di vita, al di sopra dei valori sportivi ed economici, questa dev’essere la luce che illumina il nostro cammino. Giustizia e libertà e coltivare la sete di pace e trovarsi insieme per realizzarle. La pazienza e la fiducia fan nascere energie positive negli altri.»