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Le “Cicogne” rispondono alle accuse dei medici del dipartimento materno-infantile

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La violenta reazione dei professionisti del reparto materno infantile è assolutamente ingiustificata poiché vuole intimidire il nostro comitato ed i medici che sostengono la causa della riapertura del punto nascita di Castelnovo sulla base di affermazioni mai fatte, peggio, strumentalizzando le reali obiezioni poste. Nel comunicato firmato ancora una volta con muscolare unanimità da parte di personale del servizio pubblico direttamente legato alla direzione sanitaria regionale, si dice una sonora falsità: “…dichiarare come è stato fatto ieri che l’assistenza ottimale sarebbe stata quella di ricoverare la donna a Castelnovo…”.

No, cari medici e professionisti della maternità. Abbiamo sostenuto che non è normale che in un territorio montano di 800 kmq siano stati eliminati i servizi di assistenza al parto e con essi anche quelli alla gravidanza togliendo l’h24 di ginecologia, obbligando così le donne che hanno bisogno di un controllo a sobbarcarsi ore di automobile per tornanti di montagna o, come in questo caso, essere imbarcate in un servizio di emergenza qual è l’elisoccorso per una situazione che, come avete scritto voi, non era di urgenza/emergenza come testimonia il parto 24 ore dopo.

Abbiamo detto che se il PN del Sant’Anna fosse stato aperto, il controllo di mezzanotte per contrazioni lo avrebbero fatto lì anziché andare fino a Reggio e ci siamo chiesti se questi trasporti difficili abbiano inciso sulle perdite subite dalla gestante.

Abbiamo aspramente criticato la sostituzione di un servizio di assistenza sul territorio con un servizio di trasporto di emergenza, trasformando l’umanità del parto nella disumanità di un servizio da spedizioniere.

Abbiamo ricordato che prima di questa deportazione forzata le donne partorivano in sicurezza nel centro pienamente attrezzato e rispondente agli standard di sicurezza di Castelnovo Monti, e nel caso di parti con prematuri non programmati quindi d’emergenza, poiché quelli programmati erano comunque destinati agli Hub, la donna ed il bambino avevano i professionisti e i servizi necessari per garantire loro la sicurezza.

Abbiamo inoltre ribadito che le donne di montagna, anche se sono una minoranza, hanno gli stessi diritti alla sicurezza delle donne in pianura e proprio non ci spieghiamo perché dei 4 punti nascita rimasti aperti in provincia, tutti in pianura, solo 1 risponda alla richiesta del numero minimo di parti e solo quello stesso sia dotato del reparto di terapia intensiva neonatale. Se avete fatto il tifo, tutti quanti uniti, per chiudere l’unico punto nascita di montagna perché la scienza che avete evocato lo condannava alla irrimediabile insicurezza, perché invece non dite niente degli altri tre che presentano le stesse caratteristiche del Sant’Anna?

Cari professionisti, rimandiamo al mittente le infamanti accuse che ci avete rivolto nell’intento di chiuderci la bocca ed intimidire l’opinione pubblica ed i vostri colleghi medici a voi non ossequienti, quando avete detto: “…si sta superando il limite… registriamo accuse infondate contro il sistema sanitario reggiano… la polemica politica ha valicato i confini dell’onestà culturale… riteniamo inaccettabili affermazioni prive di fondamento scientifico, errate, rischiose… il silenzio assordante degli esperti dei comitati… campagna diffamatrice… insinuare dubbi sulla correttezza e appropriatezza del nostro operato… incide negativamente sul rapporto di fiducia coi nostri assistiti…”.

Soprattutto rimandiamo al mittente “chiediamo maggior rispetto ed una informazione corretta e scientificamente valida…”, crediamo che il rispetto e la informazione corretta siano dovuti prima di tutto alle donne ed ai bambini della montagna.

https://www.redacon.it/2019/03/20/i-professionisti-dellarea-materno-infantile-chiedono-rispetto/