Continuano gli interventi sul caso del bambino diabetico a scuola.
Lettera inviata al dirigente I.C., al Sindaco e al direttore del reparto pediatrico da un genitore dell'istituto in questione.
-----
Gentili Signori, in qualità di rappresentante dei genitori nel consiglio di Istituto, a fronte della richiesta della famiglia, mi sono interessato da dicembre alla situazione del loro figlio.
Il Dirigente ha ribadito al presidente del C.I. che la situazione è stata discussa, nel pieno rispetto delle normative, da tutti gli enti preposti.
Con la presente tengo a porre l’accento sull'aspetto umano del caso, che purtroppo non è discusso in alcuna normativa e/o regolamento.
In merito al primo aspetto, in qualità di padre di due bambini che frequentano la scuola materna e la primaria, mi trovo spesso a dover rispondere a domande sul perché quel bambino ha la pelle di un altro colore, perché quell'altro ha solo la mamma, perché quell'alunno ha un insegnante personale. Rispondo loro con altrettante domande: "Perché secondo voi alcuni bimbi sono biondi e altri mori o rossi? Perché alcuni bambini sono più alti e altri più bassi? Non c'è un perché, ognuno nel suo piccolo è così, con le proprie caratteristiche e peculiarità, simili o diverse ad altre. Ma sono tutti uguali, sono bimbi come voi, in tutto e per tutto. Siamo tutti uguali".
Affronto in modo molto semplice quegli argomenti su cui da sempre l'uomo si scontra: razzismo, disabilità, religione. Combatto ogni giorno per far comprendere loro che non ci sono differenze, siamo tutti esseri umani, con gli stessi diritti.
Mi spiace molto che sia proprio la scuola pubblica a smentire ciò che insegno ai miei figli. Perché in questo caso la scuola pubblica insegna che un bambino diabetico è diverso dagli altri, perché:
•non può frequentare la scuola materna pubblica del suo paese;
•non può crescere con i suoi coetanei, compagni di vita di tutti i giorni;
•non ha: "il diritto all'educazione e alla cura, in coerenza con i principi di pluralismo culturale ed istituzionale presenti nella Costituzione Italiana" come scritto sull'offerta formativa dell'Istituto pubblico;
•non può frequentare una scuola pubblica per "imparare ad imparare";
•per fare quanto appena scritto deve rivolgersi ad un istituto privato, posto a soli sei chilometri da quello pubblico, inizialmente scelto dalla famiglia, per formare alla vita ed allo studio il piccolo.
Ognuno di noi interpreterà a sua discrezione queste tre parole "soli sei chilometri" ma vorrei che da parte di tutti ci fosse una riflessione su questi soli sei chilometri, che vada al di là dei regolamenti, delle normative e dei decreti.
In questi giorni ho percorso "idealmente" quei soli sei chilometri non saprei dire quante volte, per cercare una motivazione valida che giustificasse ciò cui il bambino ha dovuto rinunciare.
Sicurezza? Formazione? Competenze? Non saprei ma non credo. Non conosco la scuola privata proposta, che sarà senz'altro molto valida, ma giudico la struttura pubblica molto sicura e il personale presente, estremamente competente e formato che ha educato e cresciuto anche i miei figli.
Non voglio esprimere giudizi su quanto discusso e deciso dagli organi competenti, ma non posso non esternare il sentimento di sconfitta e la delusione che provo nel pensare che il piccolo non potrà più far parte di quella scuola, di quel gruppo di amici, reputata da lui, dalla famiglia e dagli amici comuni la Sua Scuola e i Suoi Amici.
Esprimo questa considerazione certo di interpretare pensiero comune della maggior parte dei genitori: ribadisco che questa è una sconfitta dell'intera comunità e per comunità intendo tutti Noi.
Si è scelto di non affrontare il problema, ma tra pochi anni il bambino frequenterà la scuola dell'obbligo, e mi chiedo se ci sarà una struttura che potrà offrire a lui, e in futuro ad altri, il diritto allo studio.
Si è scelto di non crescere insieme al piccolo, si è scelto di farlo crescere a soli sei chilometri da casa, si è scelto di renderlo un bambino diverso, di voler enfatizzare la differenza tra pubblico e privato, si è scelto di non considerare il concetto di uguaglianza fondamento del diritto sociale. Ma ormai, ahimè, si è scelto.
Sarà stata la scelta giusta?
(Dario. Consiglio dei Genitori)