Ha lottato contro una lunga malattia, poi si è spento ieri all’Ospedale di Oglio Po (Casalmaggiore di Cremona), a soli 66 anni, Gaudio Catellani, poliedrico artista reggiano, in Appennino noto per i suoi show e per essere stato, negli anni Novanta, una icona di giovani e meno giovani con la celebre formazione Trietto, composta, oltre che da lui, da Gigi Melloni e Dante Cigarini. Averne una musicassetta in auto era quasi d’obbligo al pari dei grandi artisti della musica pop di quegli anni.
Segno distintivo il dialetto che, pur essendo quello della Bassa, aveva spopolato anche in Appennino, dove il Trietto prima e poi lui da solo era palcoscenico di tante risate. Pur essendo portatore del dialetto della Bassa, questa nostra lingua ancestrale conservava l’espressività delle tante sfumature dei dialetti della montagna e, certamente, a lui va il merito di avere contribuito a diffondere questa lingua anche tra una generazione, quella degli anni Novanta, che pareva averlo scartato per il più comodo Italiano.
Tra le sue diverse doti quella di essere artista, cantante, autore, musicista, cabarettista, vignettiere. “Un filosofo della vita contadina”, come diceva lui. La sua pagina su Wikipedia è scritta interamente in dialetto: “Artésta bòun ed fêr tót” si legge.
Produsse una serie sconfinata di brani (450) e album (18). E dire che aveva esordito quasi per scherzo in un bar di San Maurizio. A chi dice che era di una prosaicità troppo casereccia, c’è chi ha risposto: “Il suo genio ha trovato lì il suo humus”.
Il saluto del Gruppo Vandelli in rete: “Vola adesso lassù, falli ridere, e quando incontri gente non di Reggio digli chi sei, chi siamo noi, gente ruvida, zolle di terra arata, terra che si rivolta ma terra non incolta. Digli che la tua testa quadra non si tiene a bada”.
Riposa in pace grande Gaudio, cultore geniale della “reggianità”.
Ivano Pioppi
Caro Gaudio, quanti ricordi! L’ultimo, a Vetto, una sera d’estate di non molto tempo fa. Eri già sotto attacco dalla malattia, ma riuscisti a far divertire ugualmente un pubblico numeroso e felice. Ecco, sì, una delle tue straordinarie doti era quella di far stare bene il tuo pubblico, di trasportarlo, anche se per poco, in un mondo fantastico dal quale era bandita ogni forma di sofferenza. Anche quando i tuoi testi affrontavano temi attuali e drammatici, tu avevi la capacità di far riflettere accompagnando la riflessione con un sorriso. Eri un grande… sei un grande e la tue canzoni vivranno per tanto tempo ancora. Ricordi quando ti contattai per chiedere la tua autorizzazione a pubblicare frammenti di tue canzoni nel libro “I duri hanno due cuori”? Io sì, ricordo la tua sorpresa “mai avrei immaginato che le mie canzoni potessero finire in un romanzo”, poi l’invito a Viadana per conoscerci e parlare. Non per dirmi di sì, quello arrivò immediatamente al telefono. Ricordo il buon pranzo preparato da tua moglie, i tuoi figli, le chiacchiere sugli argomenti più svariati e una promessa: una canzone inedita per il giorno della prima presentazione del libro. Promessa puntualmente mantenuta la sera della prima al Teatro Bismantova, una canzone dedicata alla Pietra. Conservo gelosamente il regalo che mi facesti quel giorno in casa tua: un cofanetto con ben 17 cassette e sulla scatola rossa la scritta: “Gaudio Collezione – 1990-2003. Trietto, Duetto, Gaudio”. Quel giorno è nata una bella amicizia che non ho potuto coltivare come avrei voluto data la distanza che ci separava. Ricordo ancora una fantastica giornata nel mio giardino, l’intervista semiseria per Tuttomontagna, un concerto in via Roma un venerdì di Frescaspesa e tanto altro. Non posso credere che tutto questo non abbia un seguito. Riascolterò le tue canzoni una, due, infinite volte e in cuor mio ringrazierò il destino per averci fatto incontrare, per aver acceso la fiammella dell’amicizia, per i bei momenti che mi hai regalato. Sei stato una gran bella persona, Gaudio; una di quelle persone che, come le senti parlare, ti conquistano per la loro schiettezza e sensibilità. So che hai tanti amici e tanti estimatori quassù: ti ricorderanno tutti per sempre. Chissà che un giorno, chissà dove e chissà quando, non mi capiti di assistere di nuovo a un tuo concerto: può essere, sai, può capitare perché chi è capace di donare sorrisi e allegria non muore mai. Alla tua famiglia la mia vicinanza, quella di mia moglie e della mia famiglia, a te un semplice: “Arrivederci, artista!”
Armido Malvolti
Grande Gaudio, ti ho ascoltato spesso nelle feste paesane dove tu con i tuoi collaboratori (Duetto/Trietto) non mancavi mai, in primis alla festa “ed la baddura” a Gavassa. Con la tua semplicità, ironia hai saputo conquistare tante persone e le hai fatte divertire con la tua musica, le tue battute, il tuo dialetto. Purtroppo ho imparato tardi del tuo decesso e non ho potuto essere presente all’ultima tua “festa paesana” dove so che tanti dei tuoi fans erano presenti. Mi sdebito per questa mancanza dedicandoti questo pensiero ed augurandoti di riposare in pace. Il mio cordoglio vada anche ai tuoi familiari.
Se hai modo allietaci e facci ridere dal cielo.
Menozzi Giovanni