Riceviamo e pubblichiamo.
___
Evviva evviva, Bonaccini faccia come Barga in Toscana, invii una Pec ed è tutto risolto. Bene, se questo è, siamo i primi ad essere felici. Ma non abbiamo capito che "c'azzecca" Barga con i Punti nascita dell'Appennino emiliano. Barga non è mai stato chiuso, è fresco di deroga del Ministero rilasciata il primo giugno dello scorso anno, e continua a lavorare normalmente come Portoferraio e Borgo San Lorenzo anche loro con deroga ministeriale, mentre Piombino è aperto nonostante parere sfavorevole perchè in attesa di una rivalutazione richiesta dalla Regione, e Bibiena è chiuso, senza richieste di deroga. Hanno seguito il protocollo metodologico ministeriale. Manca quindi la notizia e soprattutto non ci sono riferimenti a noi.
Abbiamo riletto il comunicato stampa della Signora... facciamo fatica a percepirne una logica, e comunque non concordiamo sulla sua proposta di privatizzare i servizi pubblici. Bene ha fatto a far avere al Ministero la richiesta di revisione del parere, anche noi ci abbiamo provato ma il sindaco Bini ce l'ha impedito con tanto di voto consigliare.
Abbiamo poi letto i comunicati che la esaltano... ci abbiamo capito ancora meno. I Punti nascita chiusi in Emilia per essere ri-aperti dovranno esserlo sulla base di una delibera della Regione, non con una Pec. Per farla, bisogna che il presidente Bonaccini e la sua giunta, volenti o nolenti, la predispongano.
Noi ci siamo andati per chiederla, loro non ce l'hanno promessa, ma neanche negata, al momento non sono orientati per non andare contro il parere tecnico ministeriale oltre a quello tecnico regionale.
Per stimolarli abbiamo spiegato loro quali errori ha compiuto il ministero nel rilasciare il parere di deroga, errori che possono essere da loro presi ed utilizzati per richiedere un nuovo parere e quindi per riaprire il discorso. Hanno preso nota. Stessa cosa vogliamo fare con il Ministero, sperando di andarci senza essere scippati per una seconda volta da altri, per spiegare quali sono state le irregolarità della Regione nel presentare la domanda di deroga. In questo modo anche il Ministero potrà riaprire di propria iniziativa la questione, magari con un riesame del parere precedente.
E anche Porretta ha diritto di riaprire, e poiché il suo Punto nascite è stata chiuso quando ancora non esisteva il decreto che concedeva la deroga ai Punti nascite di montagna, e quindi non ci sono possibilità di riesame, è necessario metter mano all'accordo Stato Regioni del 2010, istituendo un tavolo di lavoro Governo Regioni che serva per tutta l'Italia, capace di prevedere nuove forme di assistenza al parto in territori disagiati e con bassi numeri.
L'ultimo accordo in materia è datato 24 gennaio 2018, quindi si può fare. È sbagliato alzare barricate contro la revisione dell'accordo del 2010, non siamo i soli a dirlo, c'è scritto anche in un comunicato stampa del C.I.S.A.D.eP. che rappresenta 50 comitati italiani, il quale lo ha ribadito durante una sua visita a Roma per chiedere una iniziativa del Ministero.
Non ci interessa stabilire chi politicamente deve morire e non possiamo essere incolpati perché non ci schieriamo pro o contro partiti e istituzioni, ci interessa che riaprano i Punti nascite dell'Appennino perché i parti per strada sono una cosa che indigna la montagna e deve indignare tutti.
Chi continua a prendersela con noi per quel che stiamo facendo dimostra malafede e inaffidabilità, perché il suo intento è di strumentalizzare problemi e persone per propri calcoli politici. C'è lo spazio per risolvere le cose, questo è l'obiettivo nostro e che vorremmo fosse di tutti, senza infantili o patologici atteggiamenti di primogenitura. Noi andiamo avanti, e chiediamo ai cittadini di continuare a sostenerci.
(Comitato Salviamo Le Cicogne di Montagna)
Se non ho frainteso o erroneamente interpretato quanto abbiamo avuto modo di leggere in tutti questi mesi, c’è un “ventaglio” di posizioni, espresse a livello politico ma non solo, riguardo alla strada da seguire per giungere all’eventuale riapertura del Punto Nascita, posizioni che vanno da chi reputa indispensabile una revisione dei parametri fissati dall’accordo 2010 della Conferenza Stato Regioni, a chi ritiene invece doversi intanto procedere con la richiesta di deroga al Ministero, fino ad arrivare a chi pensa che la Regione possa agire in piena autonomia decisionale – in quanto titolare della normativa in materia sanitaria – o che basterebbe soltanto rivedere l’organizzazione interna, ricorrendo ad una maggiore o diversa turnazione del personale (dal momento che Castelnovo fa ora parte dell’unica USL provinciale).
Di fronte a tale “ventaglio” di posizioni, un Comitato o Corpo sociale, qualunque esso sia, che volesse restare estraneo alle dinamiche politiche, anche per il timore di poter “incappare” in qualche forma di strumentalizzazione, dovrebbe probabilmente limitarsi a richiedere il ripristino del Reparto, spendendo tutte le ragioni possibili, senza tuttavia entrare nel merito dell’una o altra soluzione per arrivarvi – ma semmai sperando che venga scelta la via più idonea al rapido raggiungimento del risultato – perché diversamente, se fornisce indicazioni e proposte che coincidono o si avvicinano a quelle di una determinata forza politica, o siano ravvisabili come tali, va messo in conto, a mio avviso almeno, che qualcuno vi possa leggere una qualche affinità con detta forza politica (anche se ciò non dovesse corrispondere al vero).
P.B. 15.01.2019
Gentile dottor P.B., leggo sempre con attenzione, cercando di trarre suggerimenti e insegnamenti, i suoi commenti a questa spigolosa vicenda, della quale mi sono trovata casualmente ad occuparmi. È vero, non dovremmo essere noi Comitato a dare le soluzioni o indicare la strada per la riapertura, non sarebbe il nostro compito. Ma non vedendo nessun altro intenzionato a farlo né prima della insperata chiusura né tantomeno dopo, nostro malgrado abbiamo dovuto fare di necessità virtù.
Le ricordo, se mai se Le fosse perse, in questo fiume interminabile di comunicati e polemiche, le parole dell’assessore Venturi venuto a Castelnovo l’indomani della non riapertura per ferie del nostro PN, parole che ancora mi risuonano in testa: “Sul punto nascita è stata messa una pietra tombale”.
Ma come si fa a occuparsi di una questione come questa e chiedere solo il ripristino, senza addentrarsi nel come e nel perché quando chi dovrebbe farlo non lo fa? E ancora di più, se non lo avessimo fatto, il PN sarebbe stato sepolto senza che nessuno portasse i fiori il giorno dell’anniversario. Ora anche la Regione, che lo ha chiuso, ha aperto un varco.
È nostra intenzione percorrere ogni strada per arrivare alla meta. Senza etichette. Senza altri interessi che questo.
Nadia Vassallo
Etichettare un comitato perché in un determinato periodo “sembra” vicino alla posizione di qualche partito è realmente un limite; potrei quasi dire che negli anni siano stati i vari partiti politici a turno ad avvicinarsi alle varie posizioni del comitato!
Il fatto che un comitato discuta e si confronti con ogni parte politica che possa intervenire sulla questione per cui il comitato nasce, non capisco come possa essere interpretato come uno schieramento! E’ questione politica e burocratica e pertanto si ha a che fare appunto con politici indipendentemente dal colore o dalla bandiera degli stessi, che piaccia o no.
Siamo d’accordo sulla questione che non debba essere un comitato ad avvallare delle proposte ma solo a incitare le istituzioni perché facciano quanto la popolazione chiede, eppure a volte i comitati si ritrovano a dover percorrere anche questa strada, a torto o a ragione, proprio perché la speranza è quella di raggiungere l’obbiettivo.
A scanso di equivoci l’obbiettivo è la riapertura permanente del Punto Nascita, senza se e senza ma.
D. B. – membro del comitato
Gentile P.B.,
credo che non sia né proponibile e né accettabile che un Comitato che si prefigge di far riaprire un punto nascita debba fare opera di costrizione dialettica per dimostrare la propria indipendenza partitica. Il comitato Salviamo le Cicogne fa politica civica, entra nel merito di scelte politiche che hanno inciso e incidono sulla pelle delle donne di montagna. Credo che sia dimostrato da anni di lotta che le Cicogne sono libere da condizionamenti di partito e non sono espressione di alcuna forza o esponente politico. E francamente non capisco come si possa mettere in dubbio la cosa iscrivendole ad uno schieramento. Piuttosto sarebbe più oggettivo e onesto descrivere le cose come stanno: l’8 giugno le Cicogne sono state bollate dal sindaco Bini e dal Pd per essere 5Stelle perché avevano ottenuto l’adesione dei parlamentari stellati e della Lega, in quanto loro avevano deciso di non firmare per fare un cordone di difesa alla giunta regionale, poi è stato il turno attuale, dove saremmo filo Pd perché abbiamo incontrato la Giunta regionale e diciamo che occorre una revisione della normativa nazionale, come chiede Bonaccini, ma ciò non basta e chiediamo che Bonaccini faccia una moratoria alla chiusura, riaprendo subito i PN.
Lei che è attento lettore di Redacon, ed è stato invitato a partecipare ad una lista del candidato sindaco Davoli, si sarà accorto dell’attacco personale, fuori luogo ed aggressivo che lo stesso ha fatto alla portavoce delle Cicogne Nadia Vassallo, come anche si sarà accorto che lo stesso giorno il M5S ha divulgato una fakenews su Barga, in aperta polemica con le nostre proposte.
Crede che sia necessario che le Cicogne debbano dimostrare indipendenza dai partiti?
In realtà le Cicogne sono scomode a tutti quelli che vorrebbero utilizzare l’argomento Punto Nascita per farne un comodo argomento di propaganda, eternandolo fino a dopo le elezioni europee.
Invece le Cicogne lavorano sodo, sia pubblicamente e sia con la politica, per costruire una soluzione più rapida possibile per la riapertura, e non si fanno condizionare né dai pregiudizi e né dalle aggressioni organizzate da persone che vestono tre giacche, ovvero quella di rappresentante eletto in una formazione politica, di propulsore per altri comitati e di consigliere di candidati sindaci di altre formazioni politiche alle prossime elezioni comunali.
Il compito del comitato Salviamo le Cicogne è di riaprire il Punto Nascita, non quello di alimentare uno schieramento.
Tutti i cittadini possono leggere questo impegno e quanta coerenza usiamo per arrivarci.
Non vogliamo essere condizionati dalla politica ma vogliamo noi influenzare verso il nostro obiettivo le forze politiche e lo faremo incalzandole costantemente.
(Gianni Marconi)
Sono perplesso. Dopo anni di lotte e discussioni, siamo ancora qui a sentir valutare il “ventaglio” di posizioni, come se non esistesse una logica, tanto dal pretendere che le idee di un comitato debbano essere assolutamente “vergini” e non assimilabili ad altre provenienti da colori politici non graditi al sistema. Ancora una volta valgono di più gli interessi politici che quelli di una comunità intera e ci troviamo a sperare che i prossimi interessi elettorali risolvano il problema al posto del buonsenso, al posto di una logica comune e condivisa.
Non è il comitato che deve restare estraneo alle dinamiche politiche, sono le dinamiche politiche che non debbono restare estranee ai bisogni di un territorio, indistintamente dagli schieramenti. Intanto qui stanno depredando il nostro territorio togliendo servizi a pezzettini, quasi senza dolore, tanto la gente dorme… Forza Cicogne, che la forza della ragione è più forte di qualsiasi forza politica e la gente prima o poi si sveglierà, o almeno speriamo.
Antonio D. Manini
Le appassionate parole della signora Vassallo, cui seguono oggi quelle di D.B., mi confermano quanto ho avuto modo di dire in altro commento di qualche giorno fa, ossia che l’azione svolta dal Comitato è da vedere come un segno di fiera vitalità, che andrebbe auspicabilmente replicata, aggiungo ora, nel tentativo e sforzo di individuare la strada per la tenuta ed il rilancio del nostro territorio (altro tema piuttosto sentito, attuale e dibattuto).
Nondimeno, ciò detto, e fermo restando l’indubitabile valore di detta azione, appare a mio vedere abbastanza chiaro che qualsivoglia soluzione per il Punto Nascita montano passa per la politica, com’è del resto normale che sia, dal momento che ad essa competono gli indirizzi e le scelte in materia di organizzazione sanitaria, indipendentemente dal fatto che le relative deliberazioni siano da prendere a livello provinciale, regionale, ministeriale.
In tale “contesto”, se lo ho correttamente “fotografato”, mi riesce difficile immaginare in che modo possa esprimersi l’apoliticità di un Comitato – qualunque esso sia, perché il mio ragionamento ha carattere generale – specie in prossimità di una elezione da cui usciranno i “decisori politici” per il prossimo quinquennio, in sede locale e regionale, ma questa è semplicemente un’opinione personale che potrà essere semmai smentita dai fatti.
P.B. 16.01.2019
Vero signor P.B., la questione è politica, la soluzione altrettanto. Il nostro impegno di comitato è diventato politico di conseguenza, ma rimarrà sempre e assolutamente apartitico. L’impegno civico può, e in questa fase storica deve, essere a prescindere dai partiti, soprattutto nelle questioni a carattere locale, anche se questa è a rilevanza nazionale, perché tocca tutti gli Appennini, le zone montane delle Alpi e anche i territori periferici delle città e insulari. Grazie
Nadia Vassallo
Riguardo all’esser stato “invitato a partecipare ad una lista del candidato sindaco Davoli”, come scrive Gianni Marconi, mi verrebbe da fare una considerazione che rasenta l’ovvio, o quasi, nel senso che quando a qualcuno capita di esprimere pubblicamente un’opinione sull’uno o altro argomento, diviene abbastanza normale che possa esservi chi, nelle stanze della politica, vi ravvisi una qualche affinità con le proprie idee e linee di pensiero, e cerchi conseguentemente di attivare forme di collaborazione col “titolare” di quelle opinioni, anche nella prospettiva di ulteriori convergenze e saldature (solo il prosieguo, ossia lo svilupparsi dei fatti nel tempo, confermerà o smentirà tali sintonie e consonanze, ma intanto io non parlerei in ogni caso di “strumentalizzazioni” e similari, ma di usuale corso delle cose).
Più in generale, succede non raramente di sentir dire che la montagna viene “trascurata” rispetto ad aree territoriali più densamente popolate, causa il loro maggior numero di elettori, che per così dire le avvantaggia di fronte alla politica, il che può in effetti avere un fondo di verità, dal momento che proprio la dimensione del consenso ricevuto, in una con la sua provenienza, può verosimilmente stimolare e determinare, o quantomeno indirizzare, le scelte della politica, e a questo punto, cioè in questo contesto, quanti sono interessati a quelle scelte pur disponendo di una minor “mole” di voti, devono impiegarli al meglio, ovvero orientarli in maniera tale da far comunque sentire la propria voce e dare altresì un segnale quanto più consistente e “risoluto” ai governanti di turno.
A meno che il nostro voto non sia già instradato ideologicamente, e dunque meno “mobile”, il che è altrettanto legittimo, ed è del resto ciò che è avvenuto per tanti anni, coi relativi vantaggi e svantaggi a seconda dei punti di vista, ma se l’ideologia resta fuori e ci si propone essenzialmente di incalzare le forze politiche, a me sembra che il voler rimanere “neutrali” e indipendenti – per il comprensibile timore di “alimentare uno schieramento” – renda l’azione di “pungolo” abbastanza depotenziata, e così facendo non riesco neppure a vedere in quale modo possa dimostrarsi che “la gente prima o poi si sveglierà”, per usare le parole di Antonio D. Manini, salvo il sottintendere che la naturale indicazione potrà essere semmai quella di non votare l’attuale partito di governo locale e regionale, se nel frattempo non riaprirà il Punto Nascita.
Non voglio comunque insistere oltre su un tema così delicato e controverso, anche per rispetto di chi la pensa diversamente da me.
P.B. 18.01.2019