Home Economia Ecco perché il lisozima danneggia (non troppo indirettamente) il Parmigiano Reggiano

Ecco perché il lisozima danneggia (non troppo indirettamente) il Parmigiano Reggiano

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Lisozima, la contestata modifica in etichetta (foto di Reggio Report)

Il “caso del lisozima” tiene banco in questi giorni sia in ambito politico che in ambito di strategie commerciali di due eccellenze Dop italiane; il Parmigiano Reggiano da un lato ed il Grana Padano dall’altro.

Intanto il consiglio comunale di Castelnovo ne' Monti il 28 dicembre ha approvato all'unanimità un ordine del giorno, presentato dal Movimento 5 Stelle e emendato dalla maggioranza, sul tema, "per impegnare la giunta ad adoperarsi in ogni sede e presso ogni ente superiore per tutelare il prodotto Parmigiano Reggiano e i suoi produttori e inoltrare il presente ordine del giorno al Ministro della Salute e a quello delle Politiche Agricole e Forestali affinché si torni alla definizione precedente del lisozima".

Ricordiamo cosa è accaduto.

In maggio 2018, sotto la guida del precedente governo, una nota a firma di un dirigente del Ministero della Salute, adottata sulla base di un parere di un comitato tecnico (oggi non più in carica perché azzerato dal nuovo Ministro), va a dichiarare che il lisozima non è più da considerare un conservante, bensì un coadiuvante tecnologico. Di conseguenza, nelle etichette dei prodotti che troviamo sui nostri scaffali, nonché nelle commercializzazioni con i paesi stranieri, la “dizione” conservante potrebbe non comparire più, e così pare proprio che si stia verificando già negli acquisti presso la grande distribuzione.

La nota del Ministero Salute del maggio 2018 è stata oggetto di un ricorso straordinario al  Capo dello Stato per chiederne l’annullamento in sede amministrativa, ricorso proposto dal Consorzio di tutela del Parmigiano Reggiano.

La vicenda rimane per mesi “sottotraccia” e diventa di interesse per l’opinione pubblica solo a seguito di una prima nota su Reggio Report e di interventi di singoli agricoltori che chiedono la necessaria chiarezza sul predetto “declassamento” che consente al Grana Padano di “presentarsi” al consumatore come formaggio senza “conservanti”. Infatti, le normative dell’Unione Europea classificano in modo preciso il lisozima come “conservante”; i regolamenti comunitari in materia di etichettatura in modo conforme dispongono che a tutela della informazione dovuta al consumatore, l’etichetta riporti anche i prodotti utilizzati come “conservanti”.

Quali sono le preoccupazioni dei singoli agricoltori a fronte di una nota ministeriale che, per principio di gerarchia delle fonti, non potrebbe scavalcare i regolamenti Ue? La preoccupazione ha natura sostanziale: la nota del maggio 2018 equipara le due Dop agli occhi dei consumatori e degli importatori stranieri. Ecco spiegato il motivo delle richieste di chiarimento da parte  dei nostri agricoltori, nonché del livello politico che ha iniziato a prendere coscienza del caso con interrogazioni in Parlamento e con ordini del giorno approvati sia dalla Amministrazione Provinciale che dai vari Comuni, come quello di Castelnovo ne' Monti.

Il fiore all’occhiello del Parmigiano Reggiano che lo contraddistingueva fino a maggio 2018 dal Grana Padano, era proprio il fatto di essere prodotto assolutamente naturale che non conteneva alcuna sostanza conservante. Il “fiore all’occhiello” ora è messo a forte rischio.

Per quali motivi?

A parte gli aspetti organolettici legati ai valori del singolo prodotto inteso come alimento, è in gioco un settore economico strategico per l’economia reggiana. I numeri del nostro “Re dei formaggi” sono i seguenti:

2.893allevamenti/conferenti latte ai caseifici (3.007 nel 2016)
265.000bovine di oltre 24 mesi di età per la produzione di latte
1,9 milioni circadi tonnellate di latte prodotto
16%della produzione nazionale di latte
335caseifici produttori (339 nel 2016)
1.3miliardi di euro, stima del giro d’affari alla produzione
(produzione 2016 venduta nel 2017) – primo formaggio italiano Dop per valore alla produzione
2.2miliardi di euro, stima del giro d’affari al consumo (produzione 2015 venduta in 2017)
50.000persone coinvolte nella filiera produttiva
51.900tonnellate esportate* (49.000 tonn. nel 2016, +6%),

Quale è il dato rilevante sulla commercializzazione delle due Dop e quindi sul “giro di affari”?

Un chilo di Parmigiano Reggiano all’ingrosso costa 11,20 euro al chilo (formaggio 12 mesi); al dettaglio 16,50 – 18,00 euro (24 mesi)

Un chilo di Grana Padano all’ingrosso costa 7,50 euro (formaggio 9 mesi); al dettaglio 11,00 – 12,00 euro al chilo (12-13 mesi).

Se non vi sono differenze tra i due prodotti, perché oggi anche il Grana Padano può fregiarsi dell’appellativo “senza conservanti”, ecco che la scelta del consumatore potrebbe orientarsi al prodotto di minor costo di almeno il 40%. E a quel punto la filiera produttiva del nostro “Re” potrebbe iniziare a risentirne, perché si trova sul piano direttamente concorrenziale per qualità organolettiche (dichiarate in etichetta, ma non risultanti nei fatti perché il lisozima continua ad essere utilizzato dai produttori del Grana Padano), un prodotto che il consumatore può acquistare a metà prezzo.

Non trascuriamo il valore sociale della produzione del Parmigiano Reggiano nelle nostre zone montane, che è stato premiato di recente da concorsi e da finanziamenti europei per la specificità del prodotto e per la sua importanza economica sociale per il presidio del territorio, a tutela sia dell’assetto idrogeologico sia delle opportunità lavorative per queste zone considerate svantaggiate.

Una battaglia di trasparenza per il consumatore (che ha diritto ad una corretta informazione) e una battaglia economica si delineano così all’orizzonte; la valutazione rimane però giuridica, perché si tratta di accertare se una nota a firma di un dirigente ministeriale possa sovrapporsi ai Regolamenti comunitari.

Il buon senso direbbe che tale “scavallamento” non è legittimo, ma attendiamo i responsi delle autorità governative e le risposte agli esposti già presentati alle autorità di controllo. Nel mentre il Consorzio del Grana Padano ha minacciato querele. Ma c'è anche chi ha presentato - ne abbiamo dato notizia - esposti per fare chiarezza su questo pasticciaccio.

 

(Rossella Ognibene)

 

4 COMMENTS

  1. Una domanda senza spirito di polemica: ma il Consorzio (del PR) ha fatto querela 8 mesi dopo la firma del decreto? Ovvero lo è venuto a sapere dalla stampa come tutti noi? Perché mi sembra di aver letto che il Consorzio del GP abbia dato notizia in maggio ad un congresso; così mi è sembrato di leggere in rete.

    MA

    • Firma - MA
  2. E se avesse ragione il Grana Padano?

    Al di là del danno che può avere il Parmigiano Reggiano, mi sembra che occorra ragionare sul piano razionale.

    Mi sembra di aver capito che la decisione del Comitato Tecnico derivi da una complessa istanza avviata dal consorzio del Grana Padano.
    Questa istanza verteva sul fatto che al momento in cui viene commercializzato il formaggio, il lisozima sarebbe inattivo.
    La questione sta qui. Un prodotto conservante, che al momento in cui si consuma il prodotto non è più attivo, quindi non esercita più tale funzione, va ancora considerato un conservante?
    La riposta chiaramente non ce l’ho.
    Mi sembra però che le contestazioni alla delibera siano state più di natura politica che di natura tecnica.

    Piansano

    • Firma - Piansano
    • Le opinioni, le congetture, le ipotesi non contano. Contano i dati allegati al dossier che è stato presentato. Se il lisozima è inattivo o metabolizzato, ci devono essere dei dati grezzi poi analizzati in termini statistici. Ma come già detto, non abbiamo acceso a tali dati.

      MA

      • Firma - MA
  3. Il lisozima è un conservante “sui generis”. In realta è un battericida, presente delle lacrime, nel muco e nel sangue, totalmente innocuo. La sua presenza favorisce la maturazione del formaggio. Il Grana Padano infatti necessita della metà del tempo rispetto al Parmigiano Reggiano. Questo è il dato importante e giustifica il costo più elevato di quest’ultimo. Il PR non ha NESSUN additivo aggiunto, solamente il sale. Per chiarezza e per onestà nei confronti del consumatore dovrebbe essere indicato nell’etichetta come additivo chimico.
    Scusate la lunghezza ma mi pareva giusto fare chiarezza.

    Riccardo Bigoi

    • Firma - RiccardoBigoi