È una delle targhe marmoree più note ai tantissimi ciclisti che salgono a Vetto nel loro giro dalla città. Vuoi perché qui, lungo la provinciale 513, in località Caradello, a 2 km dal paese, sino a non troppi anni fa, c’era una fontana di acqua fresca zampillante. Il tempo e il gelo, però, l’avevano gravemente compromessa. Ora, per merito dei fratelli Massimiliano e Alberto Nobili, del signor Luigi Riva, con il sostegno dell’Amministrazione comunale di Vetto e del sindaco Fabio Ruffini, è tornata all’antico splendore.
Si tratta di un tributo postumo alla memoria di Rocco Nobili il “Professore di Ca’ Ricci” (1839-1918) - l’uomo fu poeta, letterato e patriota vettese -, recentemente ricordato in occasione del centenario con memorie su Redacon e Tuttomontagna.
Prima della realizzazione della strada Provinciale, infatti, una sorgente naturale si trovava lungo il sentiero preesistente che scendeva a valle provenendo dalla Costa di Vetto e Rossigneto. Quando vennero costruiti i muri di contenimento della nuova strada, si imbrigliò la sorgente e venne creata un’apposita nicchia ospitante una larga vasca ed uno zampillo a muro, a beneficio dei mezzi a cavallo e motore. Sopra la fonte, nel 1924, terminati i lavori, venne collocata questa targa recante alcuni versi composti da Rocco Nobili che non solo sono incisi a ricordo del luogo in cui lui stesso trovò spesso ristoro e refrigerio, ma che racchiudono un messaggio di augurio e speranza futuri.
QUI
DOVE IL VIANDANTE TROVAVA RISTORO
PER L’ALPESTRE SENTIERO
NELL’OSPITALE FRESCURA FRA LA ROCCIA
POSSA
L’ACQUA ZAMPILLANTE FRA LE PIETRE CHE QUELLA ROCCIA DIEDE
E LA MANO DELL’UOMO COMPOSE
DARE REFRIGERIO E VIGORE
IN QUESTO CIVILE TRAMITE APERTO AI DESTINI FUTURI
La targa si staccò e si frammentò nell’inverno del 2014, a causa del freddo, delle infiltrazioni e dell’umidità. È un marmo che esprime bellissima testimonianza dello spirito che animò quel periodo di realizzazione di opere pubbliche (vedi articolo sotto) e che fu realizzata e posta ad imperitura memoria.
Luigi Riva della fontana e di quei versi ha un ricordo ancora vivo legato alla sua infanzia ed alle estati trascorse con la famiglia nella casa del Caradello. Le parti della lastra che rischiavano di andare irrimediabilmente perdute, così come il testo dell’epigrafe, furono recuperate e custodite in attesa della possibilità di un futuro restauro, avvenuto grazie appunto all’interessamento dei fratelli Nobili, pronipoti del poeta che si sono fatti carico del restauro e della ricollocazione del manufatto nella sua sede originale. La ricomposizione, la stuccatura e ripulitura della lastra sono state affidate ed eseguite con estrema cura e maestria dall’artigiano Daniele Ruffini, nel suo laboratorio di Vetto.
“Esprimo ammirazione per questo gesto di gratuità e di impegno culturale di due nostri concittadini che, per quanto emigrati, mantengono un legame indissolubile con la loro terra e la nostra comunità – commenta il sindaco Fabio Ruffini -. A loro il grazie dell’Amministrazione comunale che valuterà ora con Iren le possibilità per riattivare la fontana. Grazie a questa bella iniziativa, la lastra e il suo messaggio, così come la memoria di Rocco Nobili e di quei tempi andati, sono stati restituiti alla comunità della montagna ed allo sguardo di chiunque, trovandosi a transitare lungo la Provinciale 513, abbia il tempo o la curiosità di visitare quel piccolo ma significativo civile monumento”. (G.A.)
100 ANNI FA, QUANDO SI COSTRUIVANO LE STRADE
Insieme ed unitamente a molti suoi concittadini ed amministratori locali di quel tempo, Rocco Nobili si adoperò non poco per la realizzazione di importanti opere di viabilità e sviluppo della Val d’Enza. Credeva fermamente nel progresso e constatava con amarezza come la mancanza di vie di comunicazione adeguate avesse rallentato lo sviluppo di una buona parte della montagna reggiana. Lui per primo, come molti suoi coetanei e compaesani, apparteneva ad una di quelle generazioni di vettesi e montanari che a piedi, a cavallo o a dorso d’asino, scendevano e risalivano la valle per recarsi nei centri della pianura attraverso impervi sentieri e “strade” rassomiglianti per lo più a polverose e sassose carrarecce.
Solo nel 1909 la Giunta municipale di Vetto accettò un ordine del giorno presentato dall’allora assessore Sestore Azzolini che sollecitava la realizzazione di uno stradello, in località Pomello, e di un relativo ponticello provvisorio sull’Enza e che servisse da raccordo tra la strada provinciale parmense sulla sponda sinistra del fiume e lo stradello reggiano sulla sponda destra. Questo perché solo nel 1914 verrà ultimata la costruzione del ponte del Pomello, detto anche “ponte della Rocca”. L’anno prima, nel 1913, il Consiglio comunale di Vetto approvò il progetto dei geometri Carlo Formentini ed Enrico Grimelli per la realizzazione della strada Vetto-Ciano. Le attuali vie di comunicazione della Val d’Enza, per come le conosciamo oggi, sono state realizzate in tempi relativamente recenti, e risalgono infatti ai primi decenni del Novecento.
Era una montagna diversa quella di allora.
Una montagna che tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, stanca di miseria ed emigrazione, si volle aprire alla pianura con fiducia e speranza. Furono gli anni in cui vennero caldeggiate appunto la costruzione della strada Ciano-Castelnovo Monti, quella del ponte del Pomello e di molte altre ancora. Si è quasi ormai perso il ricordo di quei tempi.