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I racconti dell’Elda 8 / “Cicogne e cavoli”

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Ho letto qualche giorno fa che un bambino un po’ frettoloso è nato in casa con l’aiuto dello zio, pensate che bimbo fortunato è venuto al mondo in quella che sarà la sua casa, nel lettone della mamma che è sempre stata la culla migliore per qualsiasi bambino. Un bimbo che al giorno d’oggi nasce in casa può avere l’onore della cronaca.

Poi sempre sfogliando questo giornale, qua e là sorge sempre il problema delle cicogne, guardate che io sono d’accordissimo con loro, anzi ci tengo a dire che i miei figli, per mia fortuna sono nati in ospedale. Perciò io sto con queste cicogne, anche se non ne ho mai vista volare una sulle nostre montagne.

Ai miei tempi e qui dobbiamo andare indietro di circa settant’anni i neonati si trovavano sotto i cavoli o le verze, oppure nel bosco sotto il cappello di un grosso fungo. Io personalmente pensavo che i bambini li portasse la Pepina (la vecchia levatrice comunale) che vedevo molto spesso arrancare su per la salita del cimitero con quella strana borsa che assomigliava a una valigetta, coi capelli grigi ondulati ben tirati dietro le orecchie, gli occhialini da sole, gli scarponi di “vacchetta” con arrotolati sopra gli “scalfarotti” di lana di pecora. Aveva sempre il fiatone e all’andata aveva sempre molta fretta, mentre quando tornava tutta soddisfatta guardava il panorama e si fermava per le solite quattro chiacchiere.

Adesso di bambini ne nascono troppo pochi le donne vanno sempre di corsa, guidano le macchine come se si trovassero sulla pista di Maranello, non vanno più a far legna nei boschi e non vanno più a cogliere verdura nell’orto e poi diciamola schietta, allevare dei figli si tribola molto, poi quando pensi di averli allevati, allora viene il bello!

Ora però vi voglio raccontare come arrivavano i bambini nella mia famiglia e qui dobbiamo andare indietro di altri vent’anni oltre a quelli di prima. A mia madre il primo è arrivato dopo tre anni di matrimonio, voluto disperatamente. Così nell’aprile del 23 finalmente arrivò. Lui era il figlio dell’amore, era il primo, il più bello, il più intelligente, per un po’ a lui andavano tutte le attenzioni, perché poi non era rimasto solo. Settembre 26 il secondo, bè sapete non si poteva lasciare solo il primo, doveva giocare con qualcuno, questa era femmina. Dicembre del 28 il terzo, ma questo era capitato, così come se i bambini girassero per strada e capitassero per caso a casa di uno o dell’altro. “Minghin fai a modo ne abbiamo già tre da mantenere”. “Non ti preoccupare Maria che ci penso”.

Sacrosante parole, ma quando aveva detto che ci pensava lui ne erano arrivati due in una volta, un maschio e una femmina e il precedente aveva solo 22 mesi. Erano già cinque in sette anni, tanto che quando il primo gemello dopo pochi giorni era morto perché nati prematuri, allora non c’era né ospedale, né incubatrice e il prete che venne per il funerale disse: “Maria ho pregato il Signore che ve ne prendesse almeno uno”. La Maria se avesse avuto un forcato lo avrebbe infilzato, mai togliere un figlio alla madre, ma poi questo prete aveva pregato così bene che dopo pochi giorni morì anche la femmina. Poi dopo quattro anni novembre del 34 arrivò il sesto questo era figlio di un momento di relax.

Infine Minghin partiva per l’Africa e tornava dopo tre anni portandosi dietro la malaria e la Maria finalmente era entrata in menopausa da pochi mesi. Marzo del 38 sono arrivata io la figlia della menopausa!

La prima volta che ho sentito questo nome è stato da una vicina che diceva a un’altra: “Questa qui, hai visto com’è venuta bene, pensare che figlia della menopausa”. Una bambina di quattro o cinque anni nel sentire questo subito ha pensato: “Sono figlia di un’altra e non me lo hanno mai detto? Ma che brutto nome, chissà come sarà brutta questa donna”. Io adoravo mia madre e pensavo che questa signora da un momento all’altro sarebbe entrata in casa e mi avrebbe portato via, allora stavo sempre all’erta e guardavo di sbieco tutte le donne che passavano per la strada.

Poi un giorno mi feci coraggio e chiesi a mia madre: “Mamma non mi hai mai detto che io sono figlia della Menopausa, adesso lei viene a prendermi e mi porta a casa sua?”.“Ma chi ti ha detto questo lavoro qui?”.“Ho sentito la Mariina che lo diceva con una di Carnola”. “Ma cos’hai capito, menopausa vuol dire che ero troppo vecchia per avere dei figli, ma tu ti eri nascosta dentro a qualche buco e hai aspettato che tornasse il papà per venire al mondo”. Santa mamma lei trovava sempre le parole giuste per rincuorarti.

Un gran sospiro, il mio cuoricino cominciò a battere forte, allora voleva solo dire che mia mamma era vecchia per avere dei figli, non potete immaginare che sollievo, avrei voluto urlare dalla gioia. Si la mamma sarà stata vecchia, ma appunto per questo era calma, buona come il pane, dolce come lo zucchero, non si arrabbiava mai né coi figli né col marito.

Attenti voi grandi quando parlate davanti ai bambini, specialmente quando abbassate la voce per non farvi sentire, è allora che loro aguzzano le orecchie e il loro udito diventa più fine.

I mezzi di trasporto sono cambiati nel tempo, ma i bimbi sono sempre stupendi.

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