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SocialMonti/ Ci siamo persi di vi(s)ta? La tragedia in discoteca a Corinaldo e la difficoltà a proteggere le nuove generazioni

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Questa rubrica vuole essere un luogo di spunti per stimolare una riflessione corale e collettiva su temi di attualità. L’idea è quella di partire dal nostro territorio verso cerchi più ampi, o vice versa ascoltare gli echi lontani e portarceli vicini.

(Ameya Canovi *)

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È di pochi giorni fa la notizia della tragedia accaduta nella discoteca che avrebbe ospitato il dj set del cantante trapper Sfera Ebbasta.

Il trapper Sfera Ebbasta

Un locale sovraffollato, ragazzini tra gli 11 e i 15 anni per lo più, a centinaia, stipati, troppi biglietti venduti per vedere il loro divo che non arriva. Qualcuno pensa di spargere uno spray urticante tra la folla, pare, per creare tumulto e approfittare della ressa per rubare qualcosa. Tra il pubblico è panico, la via di fuga non si rivela adatta, nella calca 5 persone perdono la vita, schiacciate dalla massa. Altre decine restano gravemente ferite. Shock e trauma di chi c'era e di chi assiste attonito.

Si muore di discoteca, si muore di superficialità, di incoscienza.

La caccia al colpevole diventa ossessiva, ma non riflessiva. Premetto che come madre posso solo stringermi in un abbraccio collettivo a queste famiglie dilaniate da un dolore inspiegabile, fulmineo e atroce. Come psicologa sociale non ho soluzioni, posso solo mettermi in ascolto e osservare, cercando di comprendere quanto accade sotto i nostri occhi ammutoliti.

In queste morti molti insegnamenti possibili per chi osserva. Impariamo che è prassi vendere molti più biglietti del consentito. Che in Italia i locali possono non avere vie di fuga a norma e lavorare ugualmente. Che molti "artisti" fanno apparizioni in varie città di una zona nella stessa serata, arrivando all'appuntamento molto dopo. Che i locali chiudono un occhio o entrambi sulla vendita di alcolici a minorenni. Che ragazzini di 11-15 anni ascoltano musica con testi che inneggiano ad alcol, droghe, sesso di gruppo, insulti alla donna.

Fattori che sembrano slegati tra loro.

In questo momento di disperazione, è facile cercare qualcuno con cui prendersela a caso, ad ogni costo. Si processa tutto e tutti. Ne risulta tuttavia un mix disfunzionale a cui il mondo adulto è chiamato a guardare. Cerco un filo rosso che unisca tutti questi fatti e trovo un panorama sociale frammentato, frantumato dal profitto ad ogni costo. Ne risulta un vuoto e l'evidente incapacità di proteggere davvero i nostri figli.

Chi canta porta messaggi di ribellione a cui è facile aderire per le nuove generazioni. Il bisogno di individuarsi e differenziarsi caratterizza l'adolescenza. Le liti generazionali ci sono sempre state e ci saranno poiché fisiologiche. Amare cose diverse rispetto ai propri genitori fa parte di questo processo. E un certo tipo di musica riflette una condizione valoriale che cambia nelle generazioni. Certi messaggi sono preoccupanti per chi ancora si deve affacciare alla vita. Chi è piccolo si fida di chi è più grande, non pensa di andare a morire mentre canta i propri idoli.

Noi adulti abbiamo delle responsabilità. Di proteggere invece che sommergere, di contenere invece di stritolare. Di usare buon senso, di garantire sicurezza.  Una volta che i responsabili di questa tragica carneficina saranno stati individuati, starà a noi, genitori e tessuto sociale, continuare o iniziare a garantire presenza, struttura e sostegno a chi cresce. Ora riflettiamo e facciamo silenzio intorno a chi pieno di fiducia è andato in quella discoteca. È una tragedia di sponde mancate.

*Ameya Gabriella Canovi è PhD, docente e psicologa, si occupa di relazioni e dipendenze affettive. Da poco ha terminato un dottorato di ricerca in ambito della psicologia dell’educazione studiando le emozioni in classe. Ha un sito e una pagina Facebook “Di troppo amore”.