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Federfarma lamenta la concorrenza sleale delle farmacie ospedaliere

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Riceviamo da Federfarma di Reggio Emilia a firma del Presidente dr. Dante Baldini un intervento che fa riferimento anche alla nostra montagna per cui pubblichiamo.

Leggiamo notizie allarmanti sullo spopolamento dell’Appennino, in particolare Villa Minozzo, comune per il quale si prefigura un meno 16,2%.

Le cause sono molteplici e datate, ma sicuramente ha influito per la sua parte anche la GDO (ipermercati e supermercati), presente nei grandi e affollati centri, ma pronta a costringere alla chiusura i negozi di vicinato, che nelle piccole realtà, in particolare modo, costituiscono la struttura vitale del vivere sociale.

Vivere e abitare senza di essi è un gran disagio per l’intera comunità, che già per motivi di lavoro si deve spostare e mancando, nel luogo di residenza, questi minimi servizi, decide infine di trasferirsi.

Così facendo i paesi di montagna, le piccole frazioni e le periferie, si desertificheranno sempre di più, ed i restanti negozi, se non si inverte la china, avranno lo stesso destino: chiuderanno- dichiara il dottor Dante Baldini, titolare di farmacia a Castelnovo ne' Monti e presidente di Federfarma Reggio Emilia-. Orbene, come la GDO, i super e gli iper mercati, hanno portato a questo destino i negozi di vicinato, così la ASL sta facendo con le farmacie. La farmacia è l’unico servizio a resistere ancora in tante località demograficamente piccole, dopo che per motivazioni solamente economiche tanti uffici hanno chiuso, Poste comprese. La farmacia- continua Baldini- non può spostarsi, è una concessione dello Stato per servire quella popolazione in quella determinata zona, ma anche lei dovrà chiudere come tutte le altre attività se non c’è un sostegno economico e non potrà trasferirsi. Non si comprende quindi perché la ASL anziché affidare alle farmacie sul territorio la dispensazione di farmaci da lei acquistati come DPC (Distribuzione Per Conto), consegni ‘a piene mani’ farmaci direttamente ai pazienti, con i disagi per quest’ultimi sui quali non vogliamo soffermarci ulteriormente, ma che potete immaginare, in barba tra l’altro agli accordi presi con le farmacie.

Nei nostri interventi non abbiamo mai messo in discussione la professionalità, la reputazione e l’immagine dei nostri colleghi ospedalieri, che ampiamente conosciamo e pubblicamente riconosciamo- conclude il presidente Federfarma-, ma ci sono alcune situazioni che esigono risposta e chiarimento: qual è il senso delle 120 scatole di Lasix per 900 giorni di terapia (due anni e mezzo) o le 30 scatole di Avodart consegnate in una volta sola ad un unico paziente? Come mai in ospedale distribuiscono anche la pasta all’acqua? E le scatole di Tachipirina consegnate? Non ci ritengono, noi farmacisti territoriali, in grado di consigliare adeguatamente il paziente nell’assunzione di questo farmaco, o di consegnargli da parte nostra 120 scatole di Lasix e 30 di Avodart? Magari, controllandone la scadenza che in questo caso deve essere superiore a due anni e mezzo… Oppure, meglio, diminuendo il disagio del cittadino, noi potremmo consegnare per ogni farmaco due confezioni per due mesi, salvaguardando la salute del paziente, la farmacovigilanza, il controllo su quello che deve pagare la pubblica amministrazione e l’economicità per la struttura pubblica e il paziente, anche perché magari in due anni e mezzo il paziente potrebbe cambiare la terapia…Questo non è, oltre che danno economico, danno alla nostra immagine, professionalità e reputazione?

Perché non vengono rispettati gli accordi presi a livello regionale? Crediamo che il lavoro di un farmacista ospedaliero nulla abbia a che vedere con la semplice consegna di sacchetti di farmaci ai pazienti che vengono da fuori. E’ vero che ciascuno cerca di mantenere il lavoro che ha, ma sarebbe ben diverso un lavoro da farmacista in reparto, o con altri incarichi più professionali e gratificanti. Si può economizzare sui servizi a beneficio di tutti: vedete quel che succede quando mancano i servizi.”