Quanto apparso su Redacon a metà agosto, dal titolo “Un classico esempio di maleducazione”, con relativa documentazione fotografica, mi fa pensare alle ormai non poche persone, tra quelle con cui mi capita di conversare, anche casualmente, le quali esprimono disagio e preoccupazione per l’aumento, se non una vera e propria “impennata”, che a loro vedere stanno assumendo i comportamenti un po’ “incivili”, o quantomeno non molto “esemplari”, usando un eufemismo (né manca un supplemento di incoerenze e contraddizioni, che sono di certo cosa differente, seppur non insignificante e marginale).
L’elenco della casistica è piuttosto nutrito e variegato, e si va dai rifiuti abbandonati nel modo che ci mostrano le suddette immagini, anche quando nei pressi vi fosse un comodo cestino di raccolta, oppure dispersi laddove andrebbe invece usato molto riguardo e rispetto, ai mozziconi di sigaretta gettati disordinatamente qua e là, a chi non raccoglie le feci del proprio cane “deposte” in aree pubbliche, casomai molto frequentate, all’abbigliamento poco consono o alla eccessiva disinvoltura in luoghi meritevoli di ben diverso approccio, per passare ad altro, vedi gli atti di impertinenza, sfrontatezza, prevaricazione…, di vario genere e tipo.
CONTRADDIZIONI
A proposito di contraddizioni, succede che possiamo compiacerci ed allietarci nel vedere ancora mandrie di pecore al pascolo sulle nostre belle montagne, ma nel contempo siamo casomai pronti a lamentare la presenza di cani guardiani che, abbaiando, cercano di non farci avvicinare troppo al gregge, e mancano altresì di museruola dovendo difendere le loro “protette” dagli eventuali predatori, e per contro conduciamo semmai il nostro cane, privo di museruola, in posti affollati di persone e famiglie, semmai accompagnate a loro volta dal proprio “amico a quattro zampe” (e dove sarebbe quindi opportuno che il nostro ne fosse provvisto).
Sempre in tema di apparenti incongruenze, c’è chi loda il passato agreste salvo non sopportare l’odor di stalla, e chi si appassiona a manifestazioni rievocative, o d’altro tipo, anche lontane da casa, che sono sicuramente coinvolgenti, suggestive ed attrattive, ma poi non sa quando cade la propria sagra locale, non avendola mai festeggiata, pur se era l’usuale ed atteso appuntamento, conviviale e non, per riunire famigliari e conoscenti (in verità oggi ci sono altri mezzi per restare in contatto, ma potrebbe anche essere il segno che non apprezziamo abbastanza ciò che già abbiamo a “chilometro zero”, ed è parte delle nostre radici, salvo poi rimpiangerlo se avvertiamo che tradizioni e valori ci stanno sfuggendo di mano).
AMAREZZA
Ovviamente non si può fare di tutta l’erba un fascio, essendovi una scala di “gravità”, e se l’abbandono di carte e bottigliette va senz’altro considerato come una riprovevole negligenza non può tuttavia paragonarsi agli episodi di bullismo, specie se si tratta di quelli “pesanti” come succede non infrequentemente di leggere, ma tutto questo insieme di “trasgressioni” porta comunque più d’uno a ritenere che siano serviti a poco i plurimi e multiformi tentativi per sensibilizzarci ai comportamenti “virtuosi”, e indurci ad una spontanea autocorrezione, e potrebbe dunque concludersi che in questo campo l’opera di “prevenzione” fin qui condotta ha dato pochi o nulli risultati.
Si aggiunga poi che, tra quanti cercano di stare alle regole, pare crescere il numero di coloro che si sentono vieppiù “tartassati”, se non “vessati”, da una miriade di obblighi e incombenze, di cui siamo richiesti “a ogni piè sospinto”, non sempre facili da rispettare pur mettendoci tutto il possibile impegno per non essere inadempienti, mentre altri di diverso stampo, ossia poco o nulla ligi ed “osservanti”, danno l’idea di riuscire sempre a “farla franca”, il che diviene motivo di comprensibile amarezza e delusione per i primi, tanto da portarli ad una sorta di distacco e “rigetto” verso un sistema che sembra non saper distinguere l’uno e altro comportamento.
CORPI SOCIALI
Va da sé che le percezioni restano tali, nel senso che non sono dimostrabili, e possono essere anche fallaci, ma si ha nondimeno l’impressione che una quota non insignificante della nostra società vorrebbe riacquistar fiducia verso un sistema che sente “ostile”, pur se col passar del tempo dispera sempre più di riuscirvi, e gradirebbe inoltre una “sterzata” nei nostri costumi, per riportali ad una maggiore “correttezza”, evitando così che la “maleducazione” diventi normalità, e a questo punto non disdegnerebbe una certa qual dose di “imposizione” per raggiungere l’obiettivo, visto che la via dell’autodisciplina pare non aver funzionato (almeno nei termini attesi).
Io mi auguro tuttavia che vi sia ancora lo spazio perché i corpi sociali intermedi, pezzi importanti delle nostre collettività, ancorché non di rado sottovalutati, trovino la forza e il modo di poterci instradare al “viver civile”, o farcelo ritrovare, e darci altresì una mano per quanto altro dicevo, vedendosi riconosciuto tale loro prezioso ruolo, perché sennò dovremmo alla fine dar ragione a chi punterebbe invece ad un modello dai tratti maggiormente risoluti ed “autoritari” (a meno di pensare che gli atti di presunta maleducazione, in una col resto, siano in fondo problemi irrilevanti e tutto sommato trascurabili, e non vi sia pertanto niente da rivedere, rimuovere o cambiare).
P.B. 29.08.2018
“Voi fermatevi all’apparenza: io scendo dopo, alla sostanza”, mi è capitato di leggere nel web. Se ci fermiamo allora alla prossima fermata, questa lettera fotografa la manifestazione epidermica, l’effetto di un qualcosa che è già successo. Cosa? Credo che solo una risposta razionale, priva di qualsiasi pretesa di validità oggettiva, magari la sintesi di più risposte distanti tra loro, possa aiutare a dare lettura di una realtà che spesso ci arriva estranea.
(Giovanni Annigoni)
Il malcostume di tanti italiani è frutto di un mancato insegnamento da parte della famiglia, della scuola, della società, della certezza che nessuno paga e del falso buonismo diffuso in alcune regioni italiane, che ha sempre permesso o tollerato l’abbandono di rifiuti di ogni genere ovunque e accettato qualsiasi illegalità, a partire dall’ingresso in Italia di tanti clandestini; gli immigrati sono un’altra cosa. Chi commette questi reati sa bene che sta facendo un’azione illegale e va punito e non premiato, consentendogli di fare questo lo si premia, lo si incentiva. Ora credo, almeno spero, si sia toccato il fondo; in Italia va ripristinata la legalità; chi tollera questo va mandato a casa, basta con discariche abusive, abbandono rifiuti, campi nomadi abusivi, deturpazioni di ogni tipo, ecc.; ma in che paese siamo; ma che paese diamo ai nostri figli.
(Franzini Lino)
Famiglia, scuola e società sono in effetti la classica triade del percorso educativo, ma io penso che questi tre soggetti o “pilastri”, pur con tutta la loro buona volontà, fatichino non poco a sincronizzarsi, parlare una stessa od analoga lingua, cioè aiutarsi a vicenda nella nostra formazione, se manca un modello di riferimento, come credo avvenisse ai miei tempi (se la memoria non mi tradisce, visti i tanti anni trascorsi da allora).
Poi irruppe sulla scena un diverso modo di pensare, che cominciò a mettere in discussione un po’ tutto, o quasi – a cominciare dal ruolo della famiglia, vale a dire il primo mattone di una comunità – un vento fresco e rinnovatore a detta di qualcuno, che avrebbe rimosso abitudini arretrate e valori sorpassati, mentre altri temevano che si risolvesse di fatto in una azione demolitrice, seguita soltanto da un cumulo di “macerie”.
Col senno del poi i secondi non avevano forse torto, anche se in questo campo il condizionale è d’obbligo perché nessuno può credere di avere la verità in tasca, ma se la tesi delle “macerie” ha un qualche fondamento non sarà facile e semplice ricostruirvi sopra qualcosa, ed è per questo che mi sembra molto importante la funzione sviluppabile dai corpi sociali intermedi, giustappunto nell’opera di ripristino, così da riavere una qualche forma di “modello” cui poterci richiamare.
P.B. 02.09.2018
Concordo e sottoscrivo, caro Lino: qui, piu’ che di filosofia, c’e bisogno di senso pratico e ispetto dele regole..
Ivano Pioppi
Meno parole, o chiacchiere, e più fatti, sembra dirci il commento di Ivano, e in questo c’è sicuramente un fondo di verità, ed è peraltro una convinzione che hanno in molti dal momento che udiamo spesso tanti bei discorsi destinati a rimanere tali, ossia finire nel nulla (ed “evaporare” come una illusione).
Ma non è poi facile orientare i fatti in assenza di coordinate e di un filo conduttore, ossia senza una “filosofia di vita”, che deve ovviamente riguardare l’agire di una comunità nel suo insieme, e non dunque la sfera privata di ciascuno di noi ma piuttosto i comportamenti che ci mettono in relazione con gli altri.
E’ peraltro vero che le norme e disposizioni varie rappresentano già un filo conduttore da seguire, e a cui attenersi, e chi non rispetta le regole andrebbe sistematicamente e immancabilmente “sanzionato”, il che comporta purtuttavia un ragguardevole numero di controllori, coi relativi e non indifferenti costi.
Giusto per questa ragione io penso che, accanto al sistema delle regole, dovremmo farne funzionare un altro, per così dire spontaneo e non imposto, a complemento del primo, e cioè riscoprire il valore di stati d’animo – quali il senso di vergogna, pudore, reputazione…- che possono indirizzare e “moderare” i nostri comportamenti (come un volta).
Ma il “voltarsi indietro”, ispirandovi in qualche modo le nostre azioni, non è mai facile per una comunità, solitamente proiettata in avanti, anche quando ci capita di apprezzare le cose del passato e vorremmo in qualche misura recuperarle, ed è giustappunto per questo motivo che conterei nell’aiuto che in merito può venire dai corpi sociali intermedi.
P.B. 08.09.2018