Bersiòt:
È la struttura essenziale del biroccio: timone, assale, contro-assale, e le due ruote. Serviva per portare a casa i tronchi, oppure gli si applicava il cassone o la benna per portare il letame nei campi o per trasportare materiale minuto. Potrebbe essere la trasformazione di Biròtium = Biroccio, biroccetto, ove sopravvive il concetto delle due ruote (bi-rota).
Bersöla:
E qui facciamo il percorso inverso: quando si cade e si striscia sul fondo stradale ci si procura un’abrasione. In latino era Abrašìola, e in dialetto Beršöla. Deriva da un tardo latino Ab-ràdere = grattare in profondità, grattare con forza. Norme igieniche a parte, per disinfettarla o curarla ci potevano essere tre modi: mettervi sopra una foglia di rovo (ràša), disinfettarla con la pipì, farla leccare da un cane.
Bìndle, Bìndel:
Ragazzino disubbidiente e mascalzone, che ne combina di tutti i colori. Qualcuno usa lo stesso termine per indicare l’arcolaio. Da noi, lungo il Tassobio, l’arcolaio era al guìndle, con quel nonsochè di nordico sopravvissuto. Pare infatti che tutte e due le parole abbiano la stessa origine: Windel, di origine germanica. L’accostamento è giustificato dal fatto che l’arcolaio gira in continuazione per fare e disfare le matasse, e il mariolo gira tutti il giorno per combinare guai.
Bindèl:
In genere con questo termine si indica la motosega a nastro, quella per tagliare la legna da ardere. Un tempo erano relegate nel laboratorio del falegname, oggi sono montate su un carro semovente, dotate di un motore a scoppio e anche della “Formica” per scaricare direttamente la legna segata sul mezzo di trasporto. Ha per antenato una parola franco-germanica: Bàndwa, che indica una striscia di stoffa, una benda. Seppure sia di acciaio, anche la sega a nastro è una benda.
Quando si lavora ci può stare una svista e procurarsi una ferita.