Riceviamo e pubblichiamo.
-----
Richiesta alla politica e alle Amministrazioni di avviare un reale e approfondito confronto sul tema della risorsa acqua. Un bene prezioso di tutti
La politica dell’UE, a seguito dell’introduzione della direttiva 2000/60/CE (Direttiva Quadro sulle Acque), si basa sul principio della «gerarchia in materia di acque». Ciò implica che l’introduzione di eventuali infrastrutture supplementari di approvvigionamento idrico va considerata solo dopo l’adozione di tutte le misure relative agli aspetti della domanda, vale a dire risparmio dell’acqua, maggiore efficienza idrica e politica di tariffazione.
Le suddette misure necessarie riguardano principalmente i sistemi ed i metodi di governo delle risorse e lo stesso quadro normativo di supporto, abbandonando l’illusione che grandi opere possano determinare effetti risolutivi, secondo la vecchia cultura dei lavori pubblici.
Conformemente a quanto previsto dalla Direttiva europea 2000/60 e dal D. Lgs. 152/99 ,il Piano Tutela delle Acque (PTA) regionale è lo strumento volto a raggiungere gli obiettivi di qualità ambientale nelle acque interne e costiere della Regione, e a garantire un approvvigionamento idrico sostenibile nel lungo periodo.
La pianificazione provinciale si conforma e approva il piano di tutela delle acque.
A pag 139 della Valutazione ambientale strategica del Piano di Tutela delle Acque della provincia di Reggio E. si dice: “…E ormai unanimemente riconosciuta a livello internazionale, in ambito di gestione delle risorse idriche, la necessità di procedere ad una pianificazione articolata in passaggi successivi, evitando interventi strutturali di tipo irreversibile ed evitando l’accumulo della risorsa lungo i corsi d’acqua in grandi invasi, al fine di non deprivare inutilmente l’alveo e le falde vallive e generare forti alterazioni al contesto naturale, antropico e territoriale…”
Ci chiediamo cosa è cambiato? Molto semplice è cambiata la politica, non certo i processi naturali.
Nella nostra provincia dopo anni di silenzio e incredibile mancanza di iniziativa la siccità dell’estate 2017 ha riesumato vecchi fantasmi del passato, ancor più pericolosi perché calati in un contesto politico radicalmente mutato.
Tanto più discutibile e parziale è apparso il Tavolo Tecnico Enza della Regione Emilia-Romagna, al quale sono stati invitati i soli portatori di interessi economici diretti.
Centrale dunque appare la richiesta del mondo ambientalista di coinvolgere, le organizzazioni socio - culturali della comunità reggiana e parmense, la cui partecipazione diretta o tramite figure di tecnici ed esperti ai passaggi di valutazione programmatoria appare indispensabile a garantire l’apertura di un reale e largo percorso di confronto partecipativo.
Le produzioni agroalimentari tipiche del nostro territorio sono tanto un valore economico che un patrimonio di identità e paesaggio da tutelare. Questo tuttavia non significa una accettazione acritica delle richieste da parte del mondo agricolo. E’ del tutto evidente la mancanza di una riflessione sulla rapida trasformazione del mondo produttivo del parmigiano reggiano come anche si coglie nei toni trionfali del bilancio 2017 del Consorzio del Parmigiano Reggiano, che prevede per il 2018 numeri di forme mai raggiunti. Risultati stupefacenti se confrontati con le profezie di un imminente tracollo dell’intera filiera causa siccità, arrivando a produrre 4 milioni di forme senza che esista una valutazione di dettaglio dell’incidenza del settore lattiero caseario sulla disponibilità della risorsa idrica. La produzione record pare fragile, se il Consorzio sta già affrontando l’ennesima crisi di sovrapproduzione, col contenimento forzoso del prodotto pena la caduta dei prezzi e dei ricavi.
Un fiume è organismo delicato anche nelle porzioni invisibili sotto il materasso fluviale, all’interno dei quali scorrono flussi di falda basilari per conservazione, distribuzione, purificazione di fluidi capaci di affioramento in varie manifestazioni artificiali o naturali (Lago Luceria, casse di espansione di Montecchio, Riserva Naturale di Valle Re). A questa immensa e fragile risorsa contenuta nelle falde attingono pozzi privati e vari sistemi acquedottistici.
Come possa incidere su tale circolazione uno sbarramento, è facile dedurlo dal piccolo impianto del Lago Paduli, che raccoglie al Passo del Lagastrello le acque sorgive dell’Enza e provoca per mesi la cancellazione del corso naturale, nonostante i rilasci estivi iniziati solo dal 2010.
A proposito di annunciati utilizzi a fini plurimi di un futuro bacino, oggi si riscontra piuttosto la dismissione da parte dell’ENEL di tutte le esistenti captazioni lacustri, di difficile ed onerosa manutenzione, aprendo un interrogativo sulla longevità e le problematiche di conduzione di bacini fluviali appenninici.
I comparti produttivi devono essere responsabilizzati dagli organismi territoriali con un più efficace intervento per minimizzare le conseguenze delle stagioni siccitose, come previsto nel PTA (Piano Regionale di Tutela delle Acque) del 2005, che affrontava il tema della carenza idrica attraverso la razionalizzazione dei consumi e la creazione di piccoli invasi nella fascia di alta pianura, in corrispondenza di aree estrattive o in casse di laminazione. Resta necessario ripartire da quello strumento, integrandolo al Piano regionale di adattamento ai cambiamenti climatici, restituendo al territorio la capacità naturale di regimare le acque (forestazione, riqualificazione fluviale, creazione di zone umide, realizzazione di infrastrutture verdi, mantenimento del reticolo idrografico minore per la ricarica degli acquiferi, ecc.).
Il naturale regime torrentizio del corso d’acqua, costretto a magre esasperate in periodo estivo, a variazioni intense in stagioni piovose, risulterebbe di estrema pericolosità per eventuali frequentatori, smentendo la favola della destinazione turistica di un romantico lago, ammesso che possa costituire meta appetibile l’orribile panorama estivo di rive scoscese, franose e spoglie.
Le già ricca fruizione turistica non può che soffrire dalla presenza ingombrante di uno sbarramento sull’asta dell’Enza, in quanto ne compromette la continuità, altera il ciclo vitale degli organismi vegetali ed animali, tanto che gli invasi non sono compatibili con aree di elevato pregio naturalistico com’è l’Enza nel tratto interessato dal progetto, che risulta tutelato come sito della rete Natura 2000 IT4030013 “Fiume Enza da La Mora a Compiano”.
In simmetria con la netta chiusura del Tavolo Tecnico Enza, appare l’accelerato conferimento che affida uno studio di fattibilità di una diga, che è l’obiettivo unico, centrale e dominante facilmente individuabile nel documento oggi disponibile, all’Autorità di Bacino del Po, prima ancora che si offra nelle due provincie interessate qualsiasi occasione di informazione e relativa discussione.
Quanto lo scavalco e il silenziamento dei corpi sociali, delle istituzioni culturali diffuse sul territorio, dei gruppi associativi della cittadinanza, degli organismi di intermediazione, abbiano inciso sulla desertificazione e l’inaridirsi dei metodi tradizionali nel governo della cosa pubblica italiana, fomentando linee di rancorosa separatezza tra amministratori ed amministrati, pare superfluo ricordarlo.
In un settore di massima sensibilità come l’ambiente, che interferisce con le condizioni stesse di sopravvivenza dei cittadini, pare indispensabile ed urgente ripristinare forme larghe, attente e pazienti di valutazione, confronto e sintesi, che accantonino la schematicità straniante e rancorosa dei like. Pertanto, si devono spendere risorse ed energie per offrire occasioni e strumenti di reale partecipazione attraverso una procedura deliberativa di grande impegno, impostata per contrastare il banalizzante costume di offrire risposte semplici a problematiche di estrema complessità.
Le Associazioni Ambientaliste dichiarano perciò la piena disponibilità ad affrontare un percorso di effettivo dibattito, evitando la logica dei contrasti di posizione e la brutale semplificazione affidata alle formule della propaganda ostinata e sorda a fronte delle ragioni reciproche; siamo profondamente convinti che nel pieno di un passaggio epocale per la nostra società, la nostra democrazia e il nostro territorio, sia giunto il momento di “reintrodurre almeno un po’ di intelligenza nella politica” (M. Revelli).
Invitiamo perciò tutti gli amministratori e i possibili interlocutori, ad avviare un largo e insistito confronto, per ascoltare argomentazioni di pari dignità, per non trovarsi precipitosamente di fronte (e l’analogia con altre drammatiche situazioni non è affatto casuale) all’erezione di un muro, inutile, devastante, incancellabile, nel pieno di uno straordinario paesaggio montano, quale magica soluzione di problemi. Questo in verità, come ha spiegato in un importante volume Wendy Brown, potrà soltanto impedire di vedere il reale futuro.
Per aderire scrivere a [email protected]
oppure attraverso la pag facebook “ami la val d’enza se” dove si può trovare la versione completa del documento.
Seguono firme dei promotori
Associazioni
WWF Italia
Univesità Verde Reggio Emilia
Legambiente Appennino Reggiano
Legambiente Val d’Enza
Legambiente Reggio Emilia
Organizzazione Regionale Pro Natura Emilia Romagna
Comitato Difesa dei Fiumi E.R
Comitato Salviamo il Paesaggio RE
Singoli
Fulvio Pezzarossa
Duilio Cangiari
Roberto Tedeschi
Giuseppe Neroni
Luciano Gobbi
Giuliano Tagliavini
Sergio Simonazzi
Stefano Bagni
Daniele Bigi
Andrea Aguzzoli
Giuseppe Corradini
Gioacchino Pedrazzoli
Alberto Iotti
Claudio Mori
Maurizio Vergallo
Daniele Lonidetti
Valterio Ferrari
Paolo Magnani
Franco Corradini
Marco Scarpati
Fabio Simonazzi
Non mi dispiace di certo il ritrovare qui una mia foto scattata lo scorso dicembre, che immortala un momento di piena dell’Enza, fiume al quale ci legano tanti ricordi personali o narrati e tramandati dai nostri genitori e nonni, e anche pareri e discussioni, non sempre unanimi e concordi, sulla “leggendaria” diga di Vetto, il mio paese. Tante volte penso a come potrebbe essere quella foto se ci fosse l’invaso, e la perplessità affettiva fa a gara con i potenziali progetti che forse sosterrebbero la green economy: riserve idriche, energia pulita e rinnovabile, a supporto anch’esse della tutela dell’ambiente. Altra cosa infatti è il pensare che, visto l’accostamento con questo articolo, io ne condivida appieno valutazioni e contenuto, il che non significa affatto l’intenzione di “estraniarmi”, ovvero sottrarmi al dibattito e confronto su un tema che non è certo di poco conto (l’argomento è così complesso che non si può liquidare in modo semplicistico), ma non mi pare il caso di esporre ulteriormente il mio pensiero in queste righe, il cui solo intento è l’anzidetta precisazione. (Giorgia Fiori)