Così cantava il militare in partenza per potere salutare la sua bella.
Bàšel, Bàšle (bàgiul lungo il Dolo): bastone leggermente curvo, lungo poco più di un metro, con due tacche alle estremità. Serviva per portare i secchi pieni d’acqua dalla fontana a casa.
Viene collegato col termine latino Bàjulus, che in origine indicava il facchino, cioè colui che trasporta. In italiano lo traducevano con Bàggiolo, ma ormai è scomparso anche dai vocabolari. Inoltre “essere in balìa di” equivale a essere portato, essere alle sue dipendenze. E anche Bàlia ha la stessa radice. Infatti la bàlia è colei che porta i bambini, che li regge.
Bašlòt - Catino, bacile. Unito al supporto che lo reggeva era chiamato lavabo, prendendo a prestito un salmo della bibbia recitato dal sacerdote mentre si lavava le mani durante la messa, quando ancora si usava il latino. Si tratta del recipiente ove si versava l’acqua per lavarsi viso e mani. Deriva dal latino Bacìnus, che poi in italiano diventa Bacino (riferito ad un territorio ove l’acqua piovana confluisce in un unico fiume, torrente o lago), oppure Bacile, il cui diminutivo è bacilotto, bašlòt in dialetto.
Il lavabo era costituito dal treppiede, dal catino in alto, dalla brocca in basso,
e dal piattino portasapone sopra alla brocca.
Bernèl, Barnèl: nelle catene usate per legare le mucche all’assone della greppia c’era un traversino fissato all’ultima maglia che veniva inserito nel foro dell’assone in maniera che la catena restasse bloccata. Da questo tratto di catena ne partivano due pezzi da applicare al collo di mucche. Uno terminava con almeno tre anelli rotondi inseriti fra le maglie della catena, l’altro con un secondo traversino che veniva inserito in uno degli anelli per adattare la catena alle dimensioni del collo della mucca.
Nella figura il Bernèl è il traversino in alto a destra e in basso.
Pare che il termine derivi dal latino tardo Vertibellum, un perno, a volte fatto di osso. Ne esistevano anche di legno, applicati però al sughèt, (fune), usato per lo stesso scopo.