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“Aldo Moro, un gigante politico, giovane”

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Quanto è attuale la figura di Aldo Moro lo si desume anche dalla presenza silenziosa e attenta di trecento persone che, a inizio estate, affollano l’aula Magna dell’Università degli studi di Modena e Reggio. L’occasione è la giornata di incontro sulla sua figura voluta da Fnp Cisl Pensionati Emilia-Romagna e Cisl Emilia-Romagna. Sono intervenuti numerosi esponenti del mondo istituzionale, sindacale e giornalisti. Tra il pubblico i montanari Claudio Bucci e Pietro Ferrari.

“I giovani possono trarre giovamento dagli insegnamenti di Aldo Moro, che fu un apprezzato docente universitario, un politico illuminato ed un grande statista – ha affermato la segretaria generale della Cisl Annamaria Furlan. Bisogna ripartire dal futuro dei giovani, dalla scuola e dalla formazione proprio come predicava Aldo Moro. Ripartire dalla dignità del lavoro, dalla centralità dell’Europa, dalla necessità di una maggiore giustizia sociale. In questo gli insegnamenti di Moro sono assolutamente attuali soprattutto su come costruiamo la comunità attraverso legami forti tra giovani e anziani, tra chi ha il lavoro e chi non ce l’ha, tra le diverse provenienze territoriali, tra il nord ed il sud, tra italiani ed immigrati”.  Per la leader Cisl, Moro “fu ucciso perché aveva una visione del futuro democratico del paese. Era un convinto europeista ed un assertore del dialogo sociale. La sua linea del compromesso significava non accontentarsi, era un idea coraggiosa di mettersi insieme finalizzato al bene comune del paese. Ben altra cosa rispetto  ad un contratto di governo che ha bisogno di essere siglato davanti ad un notaio”.

Inevitabile l’accenno al tema del giorno, l’immigrazione. “Sul caso dei disperati che arrivano sui gommoni e che abbiamo dirottato dai nostri porti è bene ricordare che non sono in crociera, ma cercano di salvare o migliorare la propria vita. Dove sono tutte le voci di sdegno che avremmo voluto ascoltare assieme alla nostra? Come possiamo caricaturizzare tutto questo?. Esprimo apprezzamento per chi, nel governo, ha portato la discussione sulla retta via”. Sui salari: “Dobbiamo chiederci come allargare quel minimo di salari contrattuali a tutti lavoratori? E’ questo il tema centrale in un mercato del lavoro che, invece, all’85% paga i lavoratori con salari minimi”.

Nella giornata, alla presenza di William Ballotta, segretario generale presente assieme alla segreteria della Cisl Emilia Centrale, hanno fatto le veci di padroni di casa Loris Cavalletti, segretario Fnp Cisl Emilia Centrale: “Abbiamo realizzato questa iniziativa perché i più anziani hanno a cuore il futuro che, per noi sono i figli e nipoti. E il farlo all’Università significa dire ai giovani che la deve essere rimessa al centro e deve vedere i giovani impegnati. Oggi c’è bisogno di leggere i segni dei tempi capire l’importanza di essere capaci di lottare per la giustizia per costruire l’Europa come prodotti a di convivenza superando le divisioni”. Con lui Giorgio Graziani, segretario generale Cisl Emilia-Romagna: “Soprattutto in questi giorni la figura di Moro è attuale, un gigante della politica da cui ripartire per progettare un futuro migliore. E’ una figura civica, che promosse l’educazione civica nelle scuole, e che riconosceva il sindacato e i lavoratori”.

 

 

 

SALUTI E INTERVENTI

“Moro, quell’Italia che non vide”

 

All’Università di Modena e Reggio Luca Vecchi, sindaco di Reggio ha legato la figura di Moro a quella del padre costituente Giuseppe Dossetti: “giusto ricordare Aldo Moro nell’Università, perché è una figura che parla ai giovani. Era un uomo di progresso capace di intercettare, con un pensiero innovativo, le energie fresche della società”.

E a Reggio Emilia il primo applauso che interrompe il relatore è quello a Giuseppe Fioroni, ex Dc e Ministro dell’istruzione, ha guidato la terza relazione della Commissione parlamentare d'inchiesta sul rapimento e la morte di Aldo Moro: “Certo è che Moro lo hanno rapito e ucciso le Br: ma la domanda è come mai nel condominio nessuno vide? Questo è uno dei motivi per cui non lo si riuscì trovare. Per troppi anni ci siamo affidati al memoriale Morucci Faranda, ma questa non è la verità storica sul caso Moro, ma lascia fuori moltissimi protagonisti di quel tempo. Da Reggio Emilia partì l’avventura brigatista che, poi, riuscì a stringere legami a livello internazionale, dai Palestinesi dell’Olp ai Tedeschi ai giapponesi. Oggi è inaccettabile che terroristi che hanno fatto solo 10 anni di carcere vadano a fare interviste. Non basta chiedere il perdono occorre, oltre al perdono, il ravvedimento operoso”. E qui scoppia l’applauso della vasta platea.

Stefano Bonaccini, governatore della Regione Emilia-Romagna ha portato ricordi personali: “quando rapirono Moro e a scuola ci mandarono a casa. Quando ne ritrovarono il corpo eravamo in gita e ci inviarono a casa. E Firenze trovammo persone che, assieme con bandiere del Pci e dello Scudocrociato, andavano in centro a manifestare. E i miei genitori, militanti comunisti, mio padre camionista, mia madre operaia, di Moro dicevano. ‘Lè na brava persoina’ è una ‘brava persona’. Voleva dire tutto”.

Per l’onorevole Pierluigi Castagnetti: “Moro non era paragonabile a molti altri. Ora occorre un passaggio per emancipare Moro dai suoi ultimi 55 giorni e capire chi era effettivamente. Non era un uomo di intelligenza politica e autorevolezza come gli altri, era un uomo che ha costruito la fase più lunga di completamento della democrazia nel nostro Paese. Viveva la politica come arte di costruire la convivenza tra diversi, alla dialettica, al riconoscimento del diverso. Ha anticipato sul piano pratico i documenti del Concilio realizzando l’autonomia del cattolico impegnato in politica, è stato l’ideatore e il costruttore del passaggio dal centrismo al centrosinistra (concretizzare la possibilità dell’alternanza, era per lui un limite alla democrazia il monopolio di governo del centro). Subì l’opposizione della Chiesa, per lui credente un’opposizione durissima. Era un progettatore e realizzatore dei disegni politici. Ero assistente parlamentare di Giuseppe Dossetti nel 1967 quando si rivolse a Moro per comunicargli il suo desiderio di non ricandidarsi “abbiamo fatto troppo poco’. E Moro replicò: ‘Io sono convinto che abbiamo fatto troppo’, perché erano anni di forte cambiamento tra solidarietà nazionale e compromesso storico, cui non tanto la Chiesa, ma soprattutto il mondo Occidentale era contro, compresa la Nato. Possiamo mettere i comunisti al governo ci si chiedeva in quegli anni? Per lui più del potere era importante il disegno e, per questo, spiegò a Berlinguer che era Andreotti, e non lui stesso, la figura più autorevole per guidare il paese: di Andreotti gli americani si fidavano, di Moro no”.

“L’Italia – ha concluso Castagnetti - si è salvata all’omicidio di Moro perché non ha ceduto alla tentazione di cambiare la Costituzione in quelle ore. Non ha introdotto la pena di morte. Non ha ridotto la libertà di stampa. Oggi viviamo momenti difficili per altre ragioni: dobbiamo essere molto vigilanti”.

“Non mi aspettavo una platea così numerosa – ha detto il direttore de l’Espresso, Marco Damilano, autore di Un atomo di verità, sulla figura dello statista. Un libro che sente suo dato che da piccino recandosi a scuola passava da via Fani ogni giorno -. La generazione di Moro, Berlinguer, Dossetti aveva per la politica una dimensione assoluta. Oggi invece la politica è ridotta alla dimensione di pura gestione dell’esistente, con dimensioni temporali di qualche ora o dello spazio di un Tweet”.

“Piccolo borghesi rivoluzionari di professione”, definisce i terroristi Damilano e ancora: “’Datemi un milione di voti e toglietemi un atomo di verità e sarò comunque un perdente”, scriveva Aldo Moro dalla sua prigionia. Dopo abbiamo conosciuto politici che pur avendo milioni di voti non avevano un atomo di verità e si sono rivelati perdenti”. E presenta la copertina del prossimo numero dell’Espresso, in edicola domenica, in maiuscolo porta la scritta “Partigiani”. Anche se non c’è un partito per cui schierarsi, c’è la necessità di schierarsi contro una idea di politica che scatena la rabbia e, sulla frustrazione, lavora per costruire il futuro consenso. Siate indipendenti, diceva Moro, non guardate all’oggi ma al domani e al dopodomani”.