Confcooperative scende in campo così all'indomani delle polemiche relative ai compensi ai manager della multiutility, della vendita di azioni da parte di Comuni reggiani e delle riflessioni che nella stessa direzione stanno facendo altre amministrazioni locali socie di Iren.
"Equità delle retribuzioni e nella distribuzione del valore - sottolinea la centrale cooperativa - sono argomenti seri che i Comuni fanno bene a ricordare e che Confcooperative non sottovaluta affatto, convinta che le società partecipate dal pubblico dovrebbero essere, anche su questi aspetti, modelli virtuosi per tutta l'economia e non prestarsi ad inseguirne gli aspetti più deteriori".
"Sfugge però il fatto - e qui c'è il primo affondo di Confcooperative - che mentre si discute solo di questo, la stessa Iren è impegnata in gare per la continuità della sua funzione pubblica contro colossi globali della finanza che fra poco potrebbero sostituirla, non considerando necessariamente un patrimonio (le gare e le politiche non lo richiedono) tutto ciò che abbiamo costruito sin qui in termini di valore, inclusione e capitale territoriale, partendo dalla municipalizzata fino all'attuale società quotata". Per Confcooperative, in sostanza, "c’è un pezzo di governo, sviluppo, infrastruttura e inclusione socio lavorativa locale che passa da questa storia e di cui nessuno parla o sembra preoccuparsi".
Ed è su questo piano che la centrale di Largo Gerra presenta un vero e proprio "cahier de doleance" che racchiude preoccupazioni e fragilità relative ai prossimi passi dei servizi in capo a Iren. "Siamo in presenza - spiega Confcooperative - di gare di aggiudicazione e lavori che si allontanano dal territorio, di una gestione delle risorse e dei servizi collettivi come commodities qualsiasi invece che strumenti di governo e sviluppo locale, di una gestione ambientale nello smaltimento dei rifiuti ampiamente insufficiente per quanti scarti produce ancora il territorio, di multiutilities sempre più prede del mercato finanziario nella scacchiera globale e non più figlie delle comunità dalle quali sono nate". "Ecco perchè - secondo Confcooperative - di fronte a questi scenari e a politiche che continuano a favorirli, anche il futuro di Iren, insieme a quello del territorio, non può esaurirsi in una querelle su retribuzioni e dividendi".
"Non entrando per nulla nella qualità delle gare per l’aggiudicazione - ad esempio - oggi siamo di fronte ad una situazione tale per cui chiunque vinca (Iren o competitori internazionali), cinque minuti dopo saremo tutti (comuni e imprese del territorio) non più proprietari e partner, ma clienti e subfornitori, magari al massimo prezzo e al minor costo". Confcooperative si sofferma poi sulla questione dello smaltimento dei rifiuti. "Il nostro territorio - spiega - non è autosufficiente nello smaltimento dei rifiuti, ma in questo dibattito si parte sempre dal fondo per dichiararsi contrari o favorevoli agli impianti di smaltimento, quando in realtà occorre ragionare partendo dalla testa, cioè dalla necessità di garantirsi l’autosufficienza in modo ambientalmente ed economicamente sostenibile. E' allora possibile ragionare anche di questo o dobbiamo fermarci solo a questioni retributive?".
La vera domanda forte che ora si pone - osserva Confcooperative, riguarda non tanto Iren, ma la funzione di servizio ai cittadini che rappresenta. Di fronte a gare che la possono mettere in discussione e annunci di dismissioni azionarie da parte dei comuni cosa ipotizziamo per questa funzione? In generale e tanto più nei comuni che escono dal sistema, i fruitori dei servizi devono attendersi un futuro da cittadini o da clienti? E la rete di imprese locali sarà partner di un progetto partecipabile o un insieme di subfornitori di una multinazionale?".
"In una terra come Reggio Emilia - conclude Confcooperative - è necessario costruire ipotesi concrete e realistiche ancor più inclusive, partecipative e redistributive di capitalizzazione sociale rispetto a queste opportunità e di sostenibilità ambientale dello sviluppo, ed è di questo che occorre che parlino con urgenza la politica, le amministrazioni locali e il mondo economico".
“Ho trovato diversi elementi di interesse nella nota Confcooperative – afferma Bini – che rimarca tra l'altro posizioni che nel recente passato mi era già capitato di esprimere pubblicamente. Ad esempio sulla metodologia delle gare di appalto per i servizi, che era stata il motivo principale per il quale nel 2016 mi ero dimesso dalla Commissione legalità della multi utility. Al di là di alcuni appalti discutibili che erano stati assegnati prima delle mie dimissioni, il criterio che criticavo allora e ancora oggi, e che purtroppo non riguarda soltanto Iren, è quello del massimo ribasso, che come anche Confcooperative nota, è foriero di una situazione in cui non esiste più tutela per quegli aspetti di “governo, sviluppo, infrastruttura e inclusione socio lavorativa locale” che un tempo contraddistinguevano questa realtà territoriale. Il fatto che oggi ci sia una carenza di dibattito attorno a tali aspetti è legato, a mio parere, ad una semplice presa d'atto di un quadro profondamente mutato. Negli anni, ciò che Iren è divenuta ha seguito un percorso per stare al passo con il mercato globalizzato. Se questa sia stata una scelta giusta o meno, o se vi fossero opportunità diverse rispetto alle decisioni intraprese, è un dibattito che purtroppo non ha più influenza. Perchè è facile constatare che tale percorso non prevede la possibilità di un ritorno al passato. I territori e i Comuni sono quindi chiamati a relazionarsi con Iren per ciò che è diventata, appunto un operatore le cui scelte strategiche sono in capo ai manager, e ai pochi grandi Comuni capoluogo, Reggio Emilia, Torino, Genova, Parma, che comunque non potranno seguire altra linea se non quella delle performance economiche, visto che politicamente sono amministrati in modo assai differente uno dall'altro. Il legame con il territorio, e con i comuni medio – piccoli in particolare, è ormai improntato a un normale rapporto tra fornitore di servizi e cliente che li richiede. Condivido anche le riflessioni di Confcooperative sulla necessità di rivedere il sistema integrato della gestione ambientale e dei rifiuti, e i costi che essa oggi richiede ai cittadini, anche questo un tema che abbiamo avanzato da tempo e in più occasioni. Da parte mia, anche dopo la scelta di uscire dai patti parasociali, c'è la piena disponibilità a discutere di questi temi con la multiutility, con la quale anzi in queste settimane c'è stato un dialogo costruttivo”.
Per chi volesse visionare le riprese del dibattito che si è svolto in consiglio comunale sull'uscita dai patti parasociali Iren, sono a disposizione sul sito del Comune di Castelnovo all'indirizzo www.comune.castelnovo-nemonti.re.it/consiglio-comunale-07052018/
RISPONDE CONFCOOPERATIVE
All'indomani delle dichiarazioni del Sindaco di Castelnovo ne' Monti, Enrico Bini, sui temi aperti da Confcooperative attorno a Iren, la centrale cooperativa ritorna sul tema.
"Siamo grati al Sindaco Enrico Bini per aver colto le nostre preoccupazioni e le nostre sollecitazioni a riaprire un dialogo su Iren e sulla gestione di servizi essenziali per i cittadini". "Un dialogo - sottolinea Confcooperative - che deve però concentrarsi urgentemente su ciò che anche Iren subisce e che deve stare a cuore delle amministrazioni locali, a partire da procedure di affidamento delle concessioni sui servizi che non è certo Iren a stabilire".
"Abbiamo fatto molti passi in avanti - prosegue Confcooperative - sulle modalità di gara dell'azienda, in un positivo percorso che ha consentito di superare il criterio del massimo ribasso e di dare maggior valore a criteri qualitativi; vi sono ancora da superare casi critici, ma su questo positivo percorso avviato incombe, ora, il rischio connesso a gare internazionali che non tengono conto del sistema territoriale che anche Iren rappresenta e potrebbe concorrere a rafforzare".
"E' questo - conclude Confcooperative - che interroga con urgenza le sedi politiche, perchè sta a loro indurre diversi orientamenti in procedure che, altrimenti, rischiano di penalizzare - come abbiamo sottolineato - tanto Iren quanto tutto il territorio".
C’è un punto di questo articolo dove compare la parola “cliente”, ma non mi sembra che il termine sia riferito anche agli utenti, ossia noi cittadini, e d’altronde come cliente noi intendiamo convenzionalmente chi acquista beni o servizi dall’uno o altro rivenditore, a seconda delle condizioni in cui avviene la “cessione”, nel senso che il cliente può eventualmente cambiare il proprio fornitore, o per insoddisfazione o perché si propone più semplicemente di fare un confronto (il che gli fornisce automaticamente un po’ di peso, anche sul piano negoziale). Quando invece non ci si può permettere in concreto alcuna opzione o scelta, perché non si hanno sostanzialmente alternative, il termine “cliente” non sembrerebbe essere il più appropriato per noi cittadini, e sarebbe forse più indicato parlare di semplici utenti, i quali non hanno alcuna influenza sulle decisioni di chi cede loro un bene od eroga loro un servizio, e neppure riguardo a chi funge da soggetto intermediario (nella fattispecie i comuni, mi par di comprendere, i quali si configurano probabilmente anche come i veri clienti). Se le cose stessero effettivamente come io le ho comprese, si spiegherebbe il perché sentiamo discutere di quote, dividendi, ecc…., senza bisogno di interpellare i cittadini-utenti, quanto a tariffe, gradimento, ecc.., visto che questi, ossia i cittadini-utenti, non hanno modo di “rifornirsi” altrove, e pertanto non hanno “voce in capitolo, e verrebbe altresì da chiedersi come i comuni, a loro volta, possano o riescano ad esercitare il ruolo di clienti, al punto da cambiare se del caso fornitore (ma forse io sono troppo pessimista e le cose sono molto più semplici di come le vedo, e spero pertanto di essere smentito).
(P.B., 18.5.2018)