“Castellum de Toano cum plebe” è il titolo della serata in programma per mercoledì prossimo (2 maggio), nella corte del Castello, in cui saranno presentati i risultati degli scavi archeologici eseguiti nella scorsa estate.
“L’intervento ha confermato l’importanza di questo luogo - spiega il sindaco Vincenzo Volpi - che ha conservato nei secoli, seppur tra tante vicissitudini, la pieve di Santa Maria Assunta, attorno alla quale sorgeva però il fortilizio, ora scomparso, ma di cui l’indagine condotta dal dipartimento di storia, culture e civiltà dell’Alma mater studiorum di Bologna ha rinvenuto significative testimonianze”.
All’incontro, che avrà inizio alle 20.30, interverranno l’archeologo ed esperto medievalista Nicola Mancassola, docente dell’ateneo felsineo, che ha coordinato le ricerche, gli archeologi Iames Tirabassi, Mattia Cantatore e Federico Zoni, monsignor Tiziano Ghirelli, direttore dell’Ufficio diocesano per i beni culturali e l’assessore alla cultura, Vittorina Canovi, che sottolinea: “La campagna di agosto 2017 ha costituito un punto di svolta nella ricostruzione della storia del castello toanese, che risale al decimo secolo e di cui la chiesa faceva parte. Siamo molto soddisfatti dei risultati sin qui ottenuti, perché quanto è emerso è di notevole interesse storico”.
Prosegue l’assessore Canovi: “Del castello è oggi visibile solo la base di una torre adattata a campanile, ma in quei giorni l’indagine archeologica ha invece portato alla luce un complesso murario ben conservato, oltre a precedenti strutture della pieve, come l’antica apside e diverse sepolture, e interessanti reperti che vanno dal dodicesimo al sedicesimo secolo, appartenenti a entrambe le aree esaminate. L’iniziativa diretta dall’Università bolognese è stata resa possibile anche grazie alla collaborazione, oltre che della nostra Amministrazione, della Diocesi, della Parrocchia, della Pro loco del capoluogo, della cooperativa Tecton di Reggio e di altre realtà del tessuto economico e del volontariato locale”.
Nell’occasione “sarà anche ufficialmente annunciata - concludono il primo cittadino e l’assessore alla cultura - la ripresa degli scavi nella prossima stagione estiva, con l’obiettivo di completare le ricerche e magari rendere visibili e fruibili a tutti, in modo permanente, alcuni dei ruderi scoperti. Ci sono poi molti altri aspetti da chiarire per fare ulteriore luce sul passato della pieve, una delle più suggestive chiese romaniche presenti in Appennino, cui siamo profondamente legati e che è parte costituente della nostra identità territoriale, e soprattutto sulle vicende del castello che un tempo la custodiva e proteggeva”.
Non ci si può che complimentare, per il perspicace attivismo che l’amministrazione comunale di Toano, con la collaborazione del dipartimento di storia cultura civiltà dell’Università degli Studi di Bologna, in accordo con la Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna sta mostrando in questi recenti anni, prima a partire nel 2015 con la campagna di scavi archeologici al Castel Pizzigolo nella frazione di Monzone, e successivamente a partire dall’estate dello scorso, anche in accordo con l’ufficio diocesano per i Beni Culturali e la partecipazione attiva della proloco e della parrocchia, gli scavi archeologici volta ad indagare i resti dell’antico Castello attiguo alla Pieve romanica, con il proposito già espresso di proseguire nelle indagini, relativa sia ai ruderi del Castello che alla Pieve attigua “castellum de Toano cui plebe”, così sta scritto nel frontespizio della locandina relativa alla presentazione dei risultati di scavi conseguiti – Come a citare in parte (plebem de Toano) quanto contenuto nel diploma del 14 ottobre 980 con il quale l’imperatore Ottone II confermava e restituiva alla Chiesa Reggiana i beni ad essa sottratti dai barbari ungarici. Nel suo contesto veniva citata anche la corte e La Pieve di Minozzo (“Cortem de Menocio cum plebe”). Purtroppo di fronte alla volontà alacre dell’amministrazione comunale di Toano e del suo associazionismo, così visibile in questi anni, a Minozzo invece si deve constatare la sospensione, già perdurante dal novembre del 2013 del recupero dell’antica Rocca, nonostante opere inserite negli obiettivi prospettati del recupero medesimo, fra questi anche la riscoperta archeologica e l’annesso recupero murario del suo fronte nord e in parte di quello ovest con la rimozione della coltre sedimentaria ed il restauro dell’accesso ovest del torrione (cantine, prigione ed altri ambienti) con il risultato di lasciare sepolta buona parte della sua memoria storica, da sempre con scrupolo riferita dallo storico minozzese Monsignor Milani, solo citando le altre opere non realizzate, la copertura delle pressoché totalità delle stanze e riscoperte e la realizzazione di un progetto museale, si può di più evidenziare l’immagine di un recupero davvero rimasto incompleto, ad un probabile degrado in un prossimo futuro, soprattutto per la mancata prevenzione di quasi tutti gli ambienti riscoperti. Dopo 20 anni di impegno amministrativo, anche se più che frammentario, sembra, sempre augurandoci che qualcosa torni a mettersi in movimento, davvero scarsa la volontà di portare a termine il recupero della Rocca di Minozzo, senza dubbio l’avanzo monumentale più importante e più imponente del nostro Appennino.
(Alberto Corsi)