Finchè i bimbi di “Casa nostra” erano una decina, o poco più, era lo stesso don Artemio o i suoi famigliari che si prendevano cura di loro. Aumentando però di numero, don Artemio dovette cercare un “assistente”, un ragazzo maggiorenne che seguisse i bambini in tutte le attività della giornata. L’assistente era una figura molto importante perché doveva farsi interprete del metodo educativo di don Zanni. E si sa che farsi collaboratori di personalità eccezionali non è cosa ordinaria. Per questo la figura del primo assistente, Giacomo Vivi, brilla di una luce tutta sua e originale.
Giacomo era nato a S. Michele dei Mucchietti il 12 novembre 1930. Non aveva ancora 14 anni quando venne coinvolto in un episodio di guerra che segnerà indelebilmente la sua personalità. I partigiani avevano ucciso un tedesco e questi, piombati in paese per una rappresaglia, spararono raffiche su un papà che, con due figli e quattro pecore, tornava a casa dal lavoro nei campi. Erano il suo papà, lui e il fratello Augusto. Il papà e il fratello muoiono. Con l’aiuto del parroco, don Emanuele Rabitti, Giacomo venne accolto nel seminario di Marola e la mamma, poco dopo, troverà lavoro come domestica del parroco di S. Biagio di Busanella. Quando, nel 1949, Giacomo lascia il seminario perché quella non è la sua strada, don Artemio lo accoglie in “Casa nostra” come assistente dei bimbi.
Tra i due c’è una forte consonanza di ideali. Giacomo fa di tutto per creare ai bimbi un ambiente sereno, impegnandoli con serietà nello studio e nella formazione umana e cristiana. Non è portato per lo studio (invano, pur mettendocela tutta, tenterà di diplomarsi maestro elementare) e, proprio perché in lui i bimbi vedono non uno che sa tutto ma uno che umilmente si impegna a ricercare, diventa un esempio trainante anche per chi volentieri cederebbe alla tentazione di non dar peso alla scuola.
Potrebbe avere momenti liberi, ma il senso di gratitudine verso don Artemio lo porta a fare di tutto: imbianchino, muratore, falegname, elettricista, meccanico, autista, operatore cinematografico, burattinaio… Esprime la sua capacità di educatore con l’esempio. Sa proporre, anche per i bimbi della parrocchia, un divertimento esplosivo ma pulito, intelligente, benefico per il corpo e per l’anima.
Un impegno particolare che Giacomo si assume volentieri, per quanto materialmente e psicologicamente pesante, è quello della “cerca” del grano, o di altri prodotti agricoli, presso le famiglie contadine della montagna per mantenere i bimbi di “Casa nostra”.
Scrive nel suo diario in data 16 agosto 1954: “Ritorno dalla cerca del grano pro ‘Casa nostra’. Sono stanco e sfinito. Che bello però elemosinare. E’ un lavoro di sacrificio. E’ quasi una umiliazione. Lo faccio però volentieri, benché mi costi in certi momenti. La Madonna ricompenserà questi miei sacrifici di carità”.
Nel frattempo non nasconde a don Artemio il suo sogno: farsi una famiglia tutta sua, per quanto “aperta” in spirito di carità verso altre famiglie o altre persone in difficoltà. Per questo, dopo aver dato tanto e tanto ricevuto da “Casa nostra”, inizia a pensare altrove il suo futuro.
La svolta giunge il 7 settembre 1956 quando a Giandeto, dove insieme a don Orlando Giaroli è andato alla raccolta del frumento, incontra Maria Pia, maestra dell’asilo parrocchiale, con la quale non tarderà ad entrare in piena sintonia di spiritualità e di progetti di vita famigliare. Il 15 giugno 1958 il matrimonio e l’inizio della nuova vita a Sassuolo, ampiamente narrata da Erio Bertolotti nel libro “Giacomo Vivi: un diacono in punta di piedi”, al quale si fa il necessario rimando.
Continuando infatti, lui e Maria Pia, una vita di preghiera e di servizio alla parrocchia e alla stessa diocesi, il 19 marzo 1997 Giacomo riceve l’ordinazione diaconale. Nulla materialmente cambia, ma ora sa di prestare un servizio che la grazia e la gioia dell’Ordine sacro rendono più efficace e benedetto. Tredici mesi dopo, il 27 aprile 1998, mentre in auto va a prendere Martina, la nipote che frequenta la scuola media, il tragico schianto nel quale Giacomo perde la vita. Giusto vent’anni fa. Felina non può dimenticarlo.
(Tratto da "Bollettino della comunità della zona pastorale di Felina, Gatta, Gombio, Villaberza, S. Giovanni", febbraio 2018)