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21 marzo giornata mondiale della poesia: i componimenti dei nostri lettori

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La “Giornata mondiale della poesia” è stata istituita dalla XXX Sessione della Conferenza Generale Unesco nel 1999 e celebrata per la prima volta il 21 marzo seguente. La data, che segna anche il primo giorno di primavera, riconosce all’espressione poetica un ruolo privilegiato nella promozione del dialogo e della comprensione interculturali. 

Questi sono i componimenti giunti dai lettori per onorare questa giornata.

Ringraziamo: Silvano Sala, Mariangela Gualtieri, Miriam Chiareno Bonamico,  Flavia Scebba, Gianfranco Blasi, Normanna Albertini, Giuseppe Vecchi, Clelia Greco Zani, Miria Bellesi, Savino Rabotti, Caterina Cassinadri, Mara Albertini, N. Boni, il Romano Marchi che ci ha inviato le poesie dello nonno Abdenago Marchi, Simona Barberio, Giovanni Annigoni.

Per motivi di impaginazione non abbiamo potuto tenere le spaziature originali, ce ne scusiamo.

***

L'infinito. Foto Silvano Sala

Solo un uomo

Vorrei esser speranza che si fa primavera
vorrei esser di maggio il profumo e la sera
vorrei essere acqua dove nulla non cresce
vorrei essere terra per chi coltiva la pace
vorrei essere sete per chi semina guerra
vorrei essere pane per le gente che ha fame
vorrei essere luce,musica,voce per chi non vede,non sente, non dice
vorrei essere ape senza regina in prati di fiori senza confini
vorrei essere fonte dove attingere amore
vorrei esser tramonto di ogni dolore
vorrei esser di ali per far volare ogni cuore
vorrei essere degno di quella croce di legno
vorrei esser ma sono e resterò solo un uomo.

(Silvano Sala)

***

Tempo

Cade giù come sasso il tempo:
rincorsa, affanno, falsi miti, falsi profeti,
l’effimero, il successo

Cade giù come piuma il tempo:
ho visto giovani al servizio degli altri,
ho visto padri giocare coi figli,
immagino recuperate dignità nel lavoro per tutti.

Impegno, speranza

(Mario Guidetti)

***

Dicono: "Si nasce in avanti. Verso la fonte
di tutta una luce. Al qui.
Al tempo. Al niente. Càlmati ora.
Sono qui per questo. Portare la parola.
Ridere. Stare senza pensiero.
Dare da mangiare. Essere geniale svolta.
Pulire dove si sporca. Miracolare.
Sono opera intera d'un amore
trapuntato di stelle.

(Mariangela Gualtieri)

***

Amatemi ora

Si sta facendo tardi
Mi sfugge il tempo
E i giorni rotolano.
Se qualcuno vuole amarmi
Mi ami ora.

Dopo,al rito funebre
Inutile è la presenza. 
 Amatemi ora o mai più.
  Le frasi postume
 Giocano nell’aria.


(Miriam Chiareno Bonamico)  

***

Fra spighe e terra   

L’ombra di un uomo solitario
vaga sui binari del tempo.
Riflessa la sua immagine,
nel bianco e nero di una foto
mostra il suo volto
ad uno specchio vuoto.
Aggrappato alle radici del vento,
a voci striate nell’azzurro dei ricordi
fra sentori d’artemisia e di gocce
ritrova la via del destino
sulle ruvide e scoscese rocce
di un paese in declino.
Dove la sabbia si posa,dimora
ciascuno ha smarrito la sua ora,
persa sulla strade di campagna
o all’ombra di un grattacielo senza fronde
nelle intricate vie della città
il grigio della nebbia confonde.
Nelle mani piene di pane
di un sconosciuto, di un viandante
il sogno di essere fra spighe e terra
un abitante.

(Flavia Scebba)

***

Voglio andarmene

Voglio un giorno
intriso di sogni
di amori sorprendenti.
Voglio respirare
attese mai vane
incrociare gli sguardi
avvicinare i volti
sentire che le idee
procreano e non dividono.
Voglio accostarmi al tuo seno
di madre e di amante
oltrepassare la siepe
rinfrancarmi
e guardare la luna.
Mi basta solo una stella
una luce accessibile
mi accontento della tua ombra.
Voglio non smettere
di andare
malinconico, euforico
instabile.
Voglio un mondo
tutto mio.
Voglio andarmene.

(Gianfranco Blasi)

***

Al torrente

Radici ossute
nell’acqua distendono
propaggini;
filamenti sottili a ghermire
terra e pietre
s’allargano
come lacrime
sul volto d’un vecchio.
Non tedia loro il canto
della tortora,
(tu-tutu)
né la ranocchia, che il denso
sacco d’uova
v’appiccica.
(C’era un mulino, un tempo, qui)
Radici inglobano rupi e muri
dimenticati
disabitati
curvi, e li rinforzano
che ciò si fa coi vecchi
quando perdono il vigore
e il senno.
(C’eran persone, un tempo, qui)
Graffiato dal buio
il pianto di stelle cadenti
scinde bagliori nel nulla
all’imbrunire
e i pipistrelli tracciano
nel chiaro cielo lunare
linee curve e nere.
Scarabocchi
che a volte fanno
dell’esistenza una vita.
Sul ponticello di tavole rade
lo steccato inerme
(traballante)
resta a guardare, muto,
lo scorrere del tempo.
(Non c’è più l’uomo, ora, qui)

(Normanna Albertini)

 ***
Non ho un luogo
 
Non ho un luogo dove aspettarti
non un prato di fiori o di spine
dove potersi sdraiare e osservare
la stella salire e cadere poi come un soldato
nascere inattesa e svanire nell’angoscia
di un mattino senza la promessa di un ritorno.
 No, non ho un luogo dove fermarmi
a chiedere al tuo sguardo
di rubare ancora per me un momento
imbevuto di Soli e coperto di ricordi
una coperta da avvolgerci insieme
per sempre e per nulla
a guardarci negli occhi che più non vedono
ad ascoltare le voci che più non ritornano
a disperarsi di noia e rimpianti
sereni in una attesa vacua
che profuma di fuoco e di braci
appesa a un capestro
dove abbiamo versato il nostro sangue
e disperso le ceneri dell’abbandono.
 Perché non esiste quel luogo
ove poter appendere le lacrime
più dolci di tutte le musiche ascoltate insieme
di tutti gli istanti bruciati sulla strada
di tutti i momenti sprecati lontano
rubati da un mondo che chiede
altri respiri e altri sguardi.
 Neanche tu lo possiedi
chiunque arrivi prima e ne chieda
avrà la stessa risposta
a negargli un sorriso.
Neppure il tuo Dio, trafitto sulla croce
potrà esaudire il tuo desiderio
come noi impotente a fermare il tempo
a ingannare le attese
fragili come le stagioni
e fuggevole come le nuvole.
 Sapremo allora inutile ogni sforzo
inutile l’ascolto delle parole
che accarezzano l’anima
e tremendamente vuota quell’ombra
che in mezzo al campo attende
i pellegrini incamminati verso il nulla.

(Giuseppe Vecchi)

***

Bismantova

Sembri sfidare i millenni
con la tua mole superba
mentre con l'ampio pianoro
offri un appiglio sicuro
a chi sussurra alle stelle
il sogno suo più segreto:
vagare su mondi infiniti
oltre i confini del cielo.

(Clelia Greco Zani)

***

Primo Amore 

In quel lavoro così faticoso,
La mia presenza di ragazzina
È il mio sorriso sempre radioso
Aiutavano il mestiere della mondina.

Calzoni corti,  cappello di paglia,
Seduta all'angolo di quella via,
Il cuore batteva come una foglia
È mi circondava la nostalgia.

Là, nel paese della risaia,
Di aspra calura e solaio,
Con un lavoro peggior della baia,
In mezzo all'acqua, trovai l'amor mio.

Vane e inutili erano le attese,
Finita la monda si doveva partire
Col lungo treno che portava al paese
l'amor si lasciava con tanto soffrire.

Mentre tornavo a casa mia
Soffrivo, gioito, speravo e piangevo,
Tra contentezza e malinconia
Cercavo l'amor che qua non avevo.

Quanti ricordi che non so scordare,
Anni vissuti che non ci sono più,
Sono rimasti nel mio cuore tanto cari
E nel pensiero della mia gioventù.

Grazie terra piemontese,
Io ti ho donato tutto il mio cuore,
Con me sei stata gentile e cortese
Oltre al lavoro mi hai dato l'amore.

È quel treno ogni anno mi portava
In quel paese dove lui mi aspettava,
È mentre maturata il riso al sole
Noi coronammo il nostro sogno d'amore.

Tagliammo la torta in tante fette:
Era il 14 settembre 1957.

(Miria Bellesi)

***

Lasciatemi  sognare!

Lo so! Non lo permette più il destino,
ma i sogni per me sono medicine,
e io vorrei sognar, tornar bambino
e camminare fra le mie colline.

Vorrei cantare Castellaro in festa
come ai dì dell’infanzia, ormai lontani;
ricordare i miei avi, le lor gesta,
la lor saggezza, i lor valori umani.

Vorrei sentire riecheggiare i canti
dell’osteria, e i cori, allegri o lenti;
rivedere quei volti macilenti,
asciutti e austeri, come antichi santi…

Vorrei sostare ancora, inebriato,
a rimirare il sorger dell’aurora,
la valle del Tassobio illuminata
di rosa, mentre in oro trascolora…

… e contemplar la Pietra che, pian piano,
sorge dalla foschia del mattino,
e il Cimone che veglia da lontano,
e il Cusna, e l’altre cime a lui vicino…

Udire ancora il suon delle campane
trasvolare al mattino, o all’imbrunire,
da Vedriano a Gombio, o più lontane …
come rondini liete di garrire…
… e poi volare, … si, … poter volare
oltre le cose tristi della vita!
Lo so! Non è più il caso di sognare …
ma la voglia di vivere è infinita!

(Savino Rabotti)

***

Epitaffio

….Ogni cosa  ha il suo tempo
e di ogni cosa viene il suo
momento sotto il cielo…….(Ecclesiaste)
- Qualcuno diceva
che ero bella,
ma io non mi piacevo…
- Qualcuno diceva
che ero intelligente,
ma avrei voluto esserlo di più….
- Poi, l’affanno si è placato,
la paura si è stemperata,
gli anni hanno addolcito i gesti….
- E un giorno ho cominciato
ad accarezzare la vita e
ad amare le rose gialle……
- E ora posso scompigliare
i tuoi ostinati capelli bianchi
con dispettosa tenerezza…..

(Mara Albertini)

***

Ventasso

Nostro Piccolo Cervino
Ti vedo da casa caro Ventasso
Da lontano sembri un sasso.
La tua punta è tagliente,
così ti vede tanta altra gente,
mi stai nella mente, quando ventenne,
giravo le tue vie pericolosamente.
Viaggiavo su e giù dalle tue pendici,
aiutando le mie radici.
Ogni volta che mi avvicino a Te,
il ricordo incombe,
e nelle fronde dei tuoi meravigliosi faggi
rammento la vita.

(Caterina Cassinadri, già segnalata nella prima edizione premio letterario nazionale Raffaele  Crovi, sezione poesia  inedita  Appennino)

***

Strade senza ritorno

Andrò per la mia strada,
avanti,
senza voltarmi,
e tu mi capirai,
deluso fino a quando
tu non ritornerai
a sentire quest'onda,
che proviene dall'anima,
dei miei sentimenti,
l'alone d'un rimpianto,
che mi attraversa,
per i tuoi occhi
e il tuo volto,
che m'incanta.
Non so se capirai,
quello che brucia dentro,
nel mio cuore,
all'ombra del tuo essere,
ma è una luce che vibra
in tutti quei momenti,
in cui ti penso
e mi assale la voglia
di tenerti al mio fianco,
tenera come un sogno,
una cara speranza,
che mi rinfranca
nelle mie sere stanche,
prive del tuo tepore
ma non del tuo desiderio

(Boni N.)

***

Una gita in montagna

Se brami di salir sulla montagna,
vieni, o figliuol, che ti farò da guida,
la strada seguirem della campagna ;
in me t’affida.
Vedrem sui prati e lungo i ruscelletti
il mite april che ammanterà di fiori,
volteggiano sui rami gli augelletti
belli e canori.
Fiori ed augelli dell’infanzia imago,
priva di triste cura e di pensiero,
dove sorride il ciel, libero e vago
cerca il sentiero.
Ed or convien salir…salir sul colle
di dove l’occhio può spaziar lontano,
pascoli aperti e verdeggianti zolle
come sul piano.
Son plaghe sconosciute ed orizzonti,
candide vette scintillanti al sole,
tortuosi ruscelletti e chiare fonti,
cinte di viole.
Vedrai sul campo biondeggiar la messe;
spazia il tuo sguardo su pel colle e al piano
ricchezze di speranze e di promesse
pel cuore umano.
Il dolce incanto della primavera
apportatrice di ogni ben di Dio,
fa scendere sul cuor mattina e sera
speme e desio.
Oh! luogo di delizie e d’ambizioni,
che sempre del più bel senti vaghezza,
come nel cuor germoglian le passioni
in giovinezza.
E’ bello qui passar tutta la vita
senza pensare a quei che s’attapina;
ma la coscienza in cor sempre t’invita
su via, cammina.
E quando in fin di vita tu sarai
che i figli fan corona al capezzale;
nei cuori lor di certo non morrai.
Conosceranno allor ciò che facesti,
apprezzeranno i tuoi insegnamenti
e cresceranno laboriosi e onesti
Ah! solo allor comincierà tua gloria;
i figli seguiran la tua dottrina
coll’onorar tuo nome e tua memoria.

(Abdenago Marchi. Castelnovo ne’ Monti 30/01/1935)

 

***

Una levata del sole in montagna

Nel suo immenso splendor su dall’oriente,
il gran focolar dell’universo
dietro alle stelle pallide, sorgente
l’astro scomparve.
Le nuvole dorate e variopinte
dai mille lor color salivan lente
come da lieve venticel sospinte
nel ciel sereno.
E tutto il ciel dischiudersi parea
e piovere sul suol celesti cure
di santa provvidenza ( immortal Dea)
sovra i mortali.
Io salutando rimiravo i fiori,
l’innumera famiglia d’erbe e piante
di varie forme e multipli colori
riprender vita.
A poco a poco ognuno alzava il capo
che stava curvo sotto la rugiada,
come da un lungo sonno ridestato
s’alza il bambino.
Già sussurrar fra gli alberi si sente,
si vedon tremolar contro la luce,
le gocce di rugiada trasparente
che il vento assorbe.
Mi scende in cor quell’armonia solenne
che mormora confusa nelle selve;
or gli augelletti al sol spiegan le penne
cantando lieti.
E lungo i ruscelletti i bianchi armenti
van pascolando, e si confonde il grido
col canto e la fatica delle genti
sul solco bruno.
E intanto spira l’aria profumata
di quel vapor che esala dalla terra,
che sotto a quel tepor s’è risvegliata
e si feconda.
Esalta di piacer riconoscente
mandando un inno dalla valle al monte
che sale come incenso al sol nascente
e par che preghi.
E io mi sento in estasi rapito
di fronte a tal prodigio di natura
e il ben che giunge a noi trovo infinito
come il desio.
E’ degno di compianto e sciagurato
chi può destarsi freddo e indifferente
contemplare l’immagin del creato
restando muto.
Qual è quel cuor gentil che non trabocchi
di santa gioia a tanti benefici
non di pianto inumidisca gli occhi
riconoscente?
Se ti punge il desio d’avere un saggio
di quel che fu il terrestre paradiso
guarda l’Italia in un mattin di maggio
a ciel sereno.

(Abdenago Marchi. Castelnovo ne’ Monti   Maiago 1934)

***

L’arte dei poeti 
 
L’arte dei poeti si dice non sia il vero,
lor parlan di mistero, di sogni e di illusioni. Si narra di emozioni, si parla poi d’amore,
è l’arte del cantare le gioie e poi il dolore.
E questo certo è vero ma non è sempre detto perché con tante e più parole,
può dire ciò che lui vuole...
chi usa fantasia, ne crea poi maestria.
Si ingegna, si cimenta,
si scrive con la penna,
si stende con il cuore, si usano parole...
che vibran nella mente,
che riempiono la testa,
si affaccian alla finestra e dicon molte cose. Non solo fantasie,
si dicon verità,
celate,
forse è vero,
a menti alquanto ottuse.
Si scrive in apparenza,
non manca la sostanza,
si usa ridondanza per far cantar le note
ma se le osservi bene e vai oltre la rima appare presto e vero quel piccolo mistero.
Se leggi il letterale il senso sembra uno,
se solo a ciò ti fermi non molto tu comprendi.
Se invece stai un po’ attento,
vi trovi rudimento,
perché poi nel traslato vi è un gran significato. Appare un po’ celato
ma se lo cerchi bene
pian piano ti sovviene
e al cuore tuo si svela.
E questo ti rivela l’intenso suo splendore perché ti parla al cuore
di cose che non sai.
E, infine, per chi scrive,
è ancora più sublime,
in quanto ciò che narra è dotto alla sua mente ma nasce dentro al cuore,
perché parla d’amore,
di vita, anche vissuta,
in veste inusitata,
ed ogni parolina ha dietro molte cose,
svelate solo in parte da questa grande arte.
 (Simona Barberio)
 
***
 
Hai mai visto piovere nel deserto
o nevicare sul minareto di Labrah ...hai mai fatto la pista di N'Jamena
nel periodo delle piogge ...sei mai stata sulle sponde del Tigri a Baghdad
o giù a Babilonia a primavera ...
hai mai fatto la strada di Dawadmi , venendo da  Jeddah,
scendendo dal passo di Ahmad Al Alif con il Sole al tramonto ...
hai mai visto sorgere o tramontare il Sole
sull'orizzonte dell' Hassanbek  ...
hai mai pescato nel lago di Bol
con i pescatori di frodo della sponda nigeriana ...
hai mai mangiato il cous- cous  sotto quella tenda kurda
in quel catino comune ...
Sì, perchè tu allora eri ancora con me.
(Giovanni Annigoni)

2 COMMENTS

  1. Avevo vent’anni, tu avevi vent’anni …

    Non ha orologio
    E non batte le ore
    Come gli anni il mio cuore
    Non batte l’amore.

    Il tempo s’illude,
    non passa,
    non è passato.

    Il mio cuore
    Tiene appeso un quadro
    Sulle quattro pareti imbiancate
    Della nostra casa e
    Un vaso di rosse rose
    Sul tavolo al quale
    Abbiamo cenato.

    Da una bianca finestra
    Guarda l’azzurro di questo cielo
    E la notte non vede
    Né luna. né stelle.

    Dove sono andate ?

    Alessandro Raniero Davoli, (15 luglio 2008. Ziggurat di UR, IRAK)

    (Alessandro Raniero Davoli)

    • Firma - Alessandro Raniero Davoli
  2. Quel pò di mondo che ho visto,
    quel pò di vita che ho già vissuto,
    contrastano con l’essere qui a costruire
    cose nuove, le dicevo.

    … ma Nàuàl non voleva capire,
    nella notte di Sulaymaniyya
    si ostinava a raccontarmi il cielo del Kurdistan,
    quel territorio tra Irak, Iran, Sira e Turchia
    che mai sarebbe stato una patria.

    Quella notte il cielo del Kurdistan …
    Poi il tempo, solo un ricordo prezioso,
    di due mondi lontani.

    (Giovanni Annigoni)

    • Firma - Giovanni Annigoni