È scomparso a 94 anni Berto Zambonini, originario della val d’Asta, una vita dedicata alla famiglia e all’arte. Lascia tre figli e la moglie Felicita.
Fondatore della Compagnia Maggistica Monte Cusna di Asta insieme ai suoi fratelli, oltre a essere stato uno dei più grandi interpreti del Canto del Maggio, apprezzato non solo all’interno del suo complesso ma da tutti gli amici delle compagnie emiliane e toscane, ha contribuito a costruire la Rassegna Nazionale del teatro del Maggio Drammatico sin dagli anni 80. Poeta e interprete di grande talento canoro ed espressivo, ha dato avvio al processo di innovazione del canto del maggio introducendo il canto femminile e preziosi elementi scenografici, da lui stesso pensati e costruiti.
Nemmeno la lunga malattia causata dalla prigionia in Germania ha potuto soffocare il suo talento artistico nelle differenti arti visive: scultura su legno e pittura che narravano la vita contadina e le montagne da lui tanto amate.
I funerali si svolgeranno mercoledì, per sua volontà, in forma strettamente privata. Per chi lo desidera sarà possibile rendere un ultimo saluto presso la camera ardente di Coviolo nella giornata di martedì.
Ricordiamo le qualità e la tenacia attraverso le parole scritte in una lettera dalla figlia Nadia Stella:
“Parlare di te, papà è un po’ come dispiegare una stoffa finemente arabescata: da un lato una trama messa in risalto dai numerosi giornalisti che hanno saputo descriverti quale artista eclettico, dotato di grande meticolosità figurativa, accurato nella scelta e preparazione dei soggetti, pervaso da grande estro e gusto artistico; dall’altro un ordito meno visibile ma tenace, formato dai fili dalla nostra comune memoria. I paesaggi a olio, le chine, i bianconeri a carboncino sono per noi i racconti ascoltati della tua infanzia, della tua montagna così tanto conosciuta, amata e immancabilmente ritratta. Leggere il poema della tua vita, scritto in ottave di endecasillabi, altro non è se non tornare ai lunghi inverni quando, piccini, ascoltavamo la storia della tua prigionia in Germania, il rocambolesco ritorno, l’invalidità che da allora con complicità forzata e dolorosa ha accompagnato il tuo percorso d’artista e di uomo. “ Al nonno nascondevo qualche pezzetto di legno da scolpire di nascosto, legno che lui considerava sprecato” ci dicevi mentre intagliavi il camino in noce con la storia del tuo povero maialino ucciso dagli adulti, la stupenda Madonna della nicchia con le fattezze di tua madre, l’incredibile scacchiera in acero bianco e noce.
Pezzi unici di finezza e gusto irripetibili. Quando terminasti le due alzate del letto con quattro pannelli a bassorilievo, (la mamma ti aveva chiesto di costruirle una cosa molto semplice ma tu ti facesti prendere la mano…) finisti su tutti i giornali.
Ma noi quell’allegoria impressa nel legno la conoscevamo già, l’avevi usata per spiegarci la vita. Dall’infanzia con la pianta in fiore e il sole che nasce al mattino, attraverso la spensierata adolescenza e la maturità che chiama l’uomo a scegliere tra bene e male, fino all’albero spoglio dell’inverno intriso del grigiore e della malinconia di un vecchio al tramonto, del presagio di gufi e pipistrelli ma anche della speranza di chi, come il giovane stambecco continuerà a perpetrare la vita.
E poi è tornato per te il tempo dei maggi. Cascate e cascate di stoffe colorate che tu e la mamma cucivate per intere giornate: padiglioni, bandiere, fiumi, costumi variopinti, perline, nastri, frange dorate.
Costruivi marchingegni d’ogni sorta: leoni cervi, troni da re, elmi e scudi. Che divertimento per noi ragazzii e che stupore per questa ennesima abilità!
La voce, che ti ha reso indimenticato maggerino, si sentiva spesso dalle nostre camere quando si indovinava il fuoco morire sugli accordi che traevi dalla tua chitarra a 12 corde (fu il terzo strumento che costruisti dopo due violini) e come non ricordare i tuoi componimenti poetici, sonetti, quartine e ottave da maggio: Paris e Vienna, I due Gemelli, Carlo Magno, oltre all’attenta rielaborazione di antichi copioni adottati poi dalla Compagnia Maggistica monte Cusna diretta con passione per tanti anni.
Adesso l’età si fa sentire, a volte l’emozione ti coglie improvvisa quando rivedi ciò che hai costruito e a stento trattieni le lacrime. Ma per noi sei sempre l’invitto guerriero che lotta instancabile per il bene e la giustizia che ci ha insegnato a valicare monti e a valicare valli, a guardare le cose con occhi attenti ma ad ascoltarle, prima ancora con il cuore".
Un “Maggerino” con la M maiuscola, come pochi. Un uomo vero, un amico di tante generazioni. Un uomo giusto. Esempio di arte e soprattutto di vita. Grazie per le innumerevoli cose belle che ci hai lasciato.
(Stefano Fioroni)
Berto e Bruno. Tanti ricordi assieme, tanti racconti e momenti belli. Ma sopra a tutti, una sera in un teatro gremito a Prato: il vostro duello, le vostre voci, il rumore degli scudi…un teatro ammutolito, sorpreso di tanta bellezza e un applauso finale incredibile. Avevate le lacrime agli occhi, come noi tutti. Ora siete di nuovo insieme.
(Danilo Manari)
Ciao Zio Berto…per me molto più di uno “zio”
Di te è già stato scritto tanto…
Di te parla la nostra casa e non solo…grazie per tutto quello che ci hai dato e lasciato
Ti porterò sempre nel mio cuore
(Luana Zambonini)
Uno dei più grandi maggerini che la storia di questa antica tradizione ci abbia regalato… fortunati noi che lo abbiamo conosciuto un caloroso abbraccio alla sua splendida famiglia, Barbara e la compagnia del Maggio di Regnano MS
(Compagnia del Guiterno)
Gli stava bene la corona a Berto. Un vero re. Tanti ricordi, sì. La sua voce meravigliosa che si spandeva sotto la volta del castagneto, la prima volta a Busana, nel bel Maggio di “Rodomonte”. E poi, ogni volta che si poteva, era felicità andare ad ascoltarli e guardarli muoversi, combattere e morire… lui, Bruno, Vittorio e tutti gli altri. Fu naturale per noi chiedere a Berto e ai suoi di cantare a Marmoreto “La Gerusalemme liberata” in ricordo di nostro padre che lo stimava uno dei più bravi maggerini che avesse mai sentito. Ed era bello ritrovarsi ogni volta in amicizia, accomunati dalla passione per il Maggio, ma non solo. Un’ottava ce la cantò ancora, per gentilezza innata, l’ultima volta che andammo a trovarlo, nel giardino della sua casa. Una casa piena di cose belle pensate, costruite e dipinte da lui; una casa dove tutto parlava di una vita spesa bene. Ci mancherà, come quando cade un albero grande e dopo il paesaggio intorno non è più lo stesso.
Alla sua grande famiglia l’abbraccio più caro.
Euride e Dalmazia Notari e famiglia
(Dalmazia Notari)