Riceviamo da Giovanni Teneggi (direttore provinciale Confcooperative) e pubblichiamo.
-----
Chi è figlio di questa montagna si emoziona aspettando la Fiera di S. Michele. Non è banale, magari popolare, certamente, per noi che siamo cresciuti qui, è infantile di natività e non ce ne vergogniamo. Anzi, le dedichiamo un pensiero.
La montagna reggiana chiede attenzione. La montagna non può attendere a lungo né la politica né le sue comunità. Mentre sogna, rivendica, espone, intavola, ha bisogno di un sano e audace fare della gente. Da queste parti è sempre andata così.
Abbiamo urgenza di buone notizie e troppo importanti. L’elenco è lungo ma specifico e noto: potremmo citare l’ospedale, le cure primarie, la scuola, le infrastrutture viarie e di connettività, le azioni di marketing territoriale, i sostegni fiscali alle attività delle imprese che qui sono di funzione pubblica a tutela dell’ambiente e senza le quali le città dovrebbero guardarsi attorno per difendersi (anche dai lupi e dai torrenti) invece che avanti per svilupparsi (anche per la sua attrattività e l'export), aiuti e semplificazioni ai nuovi settori che vogliamo crescere come il turismo e ai giovani che vogliono proseguire artigianato e agricoltura o stabilirsi qui con nuove tecnologie.
La montagna, ancor più di altri territori, ha bisogno subito di dare fiducia alla sua gente nei servizi e più facile velocità agli imprenditori nelle autorizzazioni a costruire e intraprendere. Malgrado tutto - e ce n'è - di questo abbiamo ancora poco. Confcooperative lo rivendica quotidianamente e continuerà a farlo. Questo è il nostro impegno.
Nel frattempo bisogna lavorare. Qui per protesta non si incrociano le braccia. Qui si deve fare comunque, prima e meglio degli altri.
Siamo certi che una stagione nuova possa iniziare in Appennino e sebbene l’inverno sociale ed economico si attardi ancora e ci preoccupi anche gravemente, alcuni frutti ne annunciano la possibilità. Vi abbiamo lavorato, li rappresentiamo, ne hanno il merito persone capaci e tenaci che fanno questo territorio senza troppo rumore. Per questo possiamo e dobbiamo parlare per fatti, non per esempi. Consorzi forestali per nuove filiere di utilizzo sostenibile del bosco, prodotti mai visti e integrati di turismo, progetti di valorizzazione del parmigiano reggiano di montagna al fianco delle aziende agricole, consolidamento e diffusione dell’esperienza della cooperazione di comunità, cooperative di lavoro al servizio di giovani di questo territorio, imprese e associazioni di servizio alla persona resistenti e partecipate dalla gente, progetti che strutturano e consolidano il movimento sportivo come impresa sociale nelle comunità. Questo è lo stile e questi sono i fatti che Confcooperative racconta e aiuta a crescere.
Tutti gli anni la Fiera di S. Michele, oltre agli intrattenimenti, è anche occasione per fare il punto e rimettersi al lavoro. Lo sia con la voce per ciò che attendiamo perché non ce ne dimentichiamo. Continui ad esserlo con le mani di un fare coraggioso – anche contro gufi e mulini - che testimoni la possibilità e la volontà di abitare qui.
Verissimo!, ci sono emozioni che per chi vive altrove sembrano cose futili. Noi siamo montanari, certo. Testardi, ma persone di cui fidarsi, che mettono il tempo necessario per capire, conoscere e aprire le porte a chi se lo merita, valorizzare cose semplici ma di un valore condiviso da noi. Pochi luccichini e merletti. Cose essenziali, ma profonde.
(L. Magnani)
Nell’attesa che arrivi questa fiera si avverte effettivamente in montagna l’emotività ricordata dall’autore di queste righe, che con ogni probabilità si è mantenuta e tramandata attraverso il racconto di quanti dicevano che si aspettava S. Michele per fare un determinato acquisto, o per condurre al mercato qualche capo del proprio bestiame, semmai a piedi lungo i percorsi che tra campi e boschi portavano a Castelnovo Monti da località più o meno lontane. Sta bene anche l’ottimismo che sembra uscire sempre da queste righe, anche perché la montagna non manca certo di potenzialità, ma i dati dell’ente camerale apparsi ieri, 23 settembre, sempre sulle pagine di Redacon, stanno a dirci, sempreché non li abbia fraintesi, che il “passo in avanti” della nostra montagna nell’ultimo periodo, rispetto al precedente, sarebbe “da ascrivere tutto alla zootecnia, che ha registrato un incremento del 9,7%, con un rialzo ancor più elevato per il solo latte (+12,8%)”, nel senso che soltanto un comparto, rappresentato da un’attività primaria, figurerebbe essere qui quello trainante. Questo andamento delle cose se, come dicevo, non ho mal interpretato i dati camerali, dovrebbe far riflettere chi ritiene che per il futuro economico della montagna vadano ricercate strade diverse dai modelli produttivi tradizionali, e sta pure a dirci che il merito di tale lusinghiero risultato va assegnato esclusivamente agli operatori, nella fattispecie gli imprenditori agricoli, sul cui lavoro nessuno può “metterci il cappello”, e se è così dovremmo allora chiederci a cosa sia servito il “fare il punto” tutti gli anni della situazione, visto che la “situazione” si è mossa per conto suo, mentre noi siamo ancora a dirci che “la montagna non può attendere a lungo né la politica né…” e stiamo ancora a rinnovare “l’elenco” delle cose da fare. La politica, le istituzioni, ecc., continuano a promuovere incontri e convegni per continuare a domandarsi come possa configurarsi l’avvenire della montagna e vorrebbero altresì indirizzarlo e incanalarlo, il che denota sicuramente buone e lodevoli intenzioni, ma forse basterebbe sostenere intanto il vigente sistema economico, prima di prefigurarne uno nuovo, cercando di “alleggerire” quanto più possibile il carico di adempimenti cui sembra essere oggigiorno tenuta ogni azienda, di qualsivoglia settore (iniziativa che potrebbe essere presa allorché, annualmente, si “fa il punto”).
(P.B.)