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Bacino sull’Enza: per la Cia si deve fare alla stretta delle Gazze; per la Coldiretti serve un bacino adeguato alle necessità del territorio

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Per il presidente di Cia – Agricoltori italiani di Reggio Emilia Antenore Cervi, dopo l’incontro di venerdì scorso in Provincia occorre accelerare i tempi per cogliere le opportunità di finanziamenti

“Ora riteniamo ci sia la possibilità concreta di passare dalle parole ai fatti per realizzare un bacino sul fiume Enza che consenta di affrontare i periodi critici per l’agricoltura e per l’intera valle”. E’ il giudizio del presidente di Cia – Agricoltori Italiani di Reggio Emilia Antenore Cervi, dopo l’incontro di venerdì scorso, promosso dalla Provincia con l’assessore regionale all’Ambiente Paola Gazzolo, i Comuni della valle, la bonifica Emilia Centrale e le associazioni degli agricoltori.

“Dalla riunione – prosegue Cervi – è infatti scaturita la volontà di definire un progetto fattibile di bacino sull’Enza, ed a questo proposito è stata costituita una cabina di regia tra gli enti pubblici e la bonifica per definire la cantierabilità delle opere per realizzare un bacino, con uno sbarramento probabilmente collocato alla Stretta delle Gazze”.

“Siamo soddisfatti che – aggiunge Cervi -, dopo il rilancio del problema e delle possibili soluzioni nel convegno a Barco di Agrisieme un anno fa e dopo un’annata siccitosa come quella che abbiamo vissuto, sia emersa una convinzione comune sull’improrogabilità di un’opera sul territorio per un’entità di 20-30 milioni di m3, che consentirebbe una disponibilità di acqua capace di rispondere alle emergenze irrigue nei periodi di siccità, alle esigenze più generali di un’agricoltura di alta qualità ma anche agli usi plurimi per altre esigenze del territorio”.

“E’ importante – conclude Cervi – accelerare al massimo l’esame e la definizione di quanto si potrà realizzare, anche per poter sfruttare le disponibilità finanziarie previste dai Piani irrigui nazionale e regionale; per noi questo diventa un problema prioritario, per poter andare alla realizzazione del bacino sull’Enza in tempi ragionevoli”.

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Coldiretti Reggio Emilia: partiamo da un’analisi del fabbisogno idrico dell’intero comprensorio della Val d’Enza per dare da bere ai terreni e in prospettiva rispondere anche alle esigenze civili e dei comparti produttivi di Reggio Emilia e Parma

Si è svolto questa mattina un incontro tecnico sul tema dell’emergenza idrica dell’area della Val d’Enza, convocato da Coldiretti Reggio Emilia, a cui hanno partecipato diversi sindaci dei Comuni coinvolti, il Consorzio di Bonifica e i Consorzi di miglioramento e irrigui del territorio dell’Enza.

«Il problema della carenza d’acqua nei territori della Val d’Enza è ormai quasi secolare – commenta il direttore di Coldiretti Reggio Emilia Assuero Zampini. I danni subiti da questi terreni durante quest’estate particolarmente siccitosa sono quasi irreversibili. Un invaso adeguatamente dimensionato con valenza territoriale promiscua è l’unica soluzione duratura».

È necessario partire da un’analisi dei fabbisogni d’acqua del comparto per procedere con la scelta più efficace e duratura. Hanno espresso consenso unanime sulle finalità i presenti tra cui Andrea Costa, segretario provinciale Partito Democratico, il Sindaco di Bibbiano Andrea Carletti, di Canossa Luca Bolondi, di Vetto Fabio Ruffini, il vice sindaco di Montecchio e di San Polo unitamente ai rappresentanti del Consorzio Acque di San Polo, Consorzio del Quarto, Consorzio del Canale Vernazza, Consorzio Irriguo di Bibbiano, Consorzio Pozzo Ferrato Piazza, Consorzio Costa Aiola, Consorzio Irriguo Sant’Eulalia e i vertici del Consorzio dell’Emilia Centrale.

Francesco Vincenzi, presidente Associazione Nazionale Bonifiche, ha rassicurato sulla collaborazione a livello nazionale per creare i presupposti di fattibilità economica per la realizzazione dell’opera di invaso.

«La scelta finale – ha ribadito Vitangelo Tizzano, il neo insediato vice delegato Confederale di Coldiretti Reggio Emilia – deve tener conto delle necessità del territorio ed essere di dimensioni adeguate alle esigenze per molti anni a venire».

«La condivisione dei Sindaci presenti questa mattina con gli obiettivi presentati – concludono i vertici di Coldiretti Reggio Emilia – ci porta ora a presentare gli obiettivi di questa opera, strategica per il territorio reggiano e parmense, e informare anche le altre categorie produttive e i cittadini sulle effettive conseguenze positivi in ambito idrogeologico, ambientale, turistico e produttivo».

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- Prosegue il dibattito sulla diga di Vetto tra Gazze (stretta), Gazzolo (assessore) e Gazzetta (giornale) (22 settembre 2017)

 

9 COMMENTS

  1. Realizzare una diga alla Stretta delle Gazze non è detto che sia la scelta migliore. Abbiamo visto tutti le immagini sui Tg nazionali delle dighe di Molato e Mignano in provincia di Piacenza miseramente vuote (a giugno). Quelle dighe complessivamente hanno una capacità di invaso di circa 25 milioni di metri cubi. Fare la diga a Vetto avrebbe un costo rapporto al volume del lago (circa 90/100 milioni di metri cubi) minore e soprattutto garantirebbe una capacità estremamente maggiore per far fronte meglio alle estati siccitose.

    (FH)

    • Firma - FH
  2. Per solito chi in questi anni si è espresso a favore della diga di Vetto, o in modo opposto e contrario, ha elencato i motivi delle rispettive ed antitetiche posizioni, mentre l’opzione per la Stretta delle Gazze non sembra spiegare, almeno in questa occasione e sempre che qualcosa non mi sia sfuggito, le ragioni per le quali si preferisca questo sbarramento – che è pur sempre un invaso di una certa dimensione che cambia in qualche modo l’ambiente e si presenta peraltro come una ipotesi ancora da verificare, quanto a fattibilità – rispetto alla diga di Vetto, che mi pare essere invece un progetto già definito e per così dire “cantierabile”, e se tali ragioni rimangono sconosciute ai più, oppure risultassero incomprensibili, potrebbe aver visto giusto chi scrive “la solita soluzione di compromesso all’italiana” (lo dico da semplice osservatore, senza parteggiare per l’una o altra soluzione o posizione che si possa avere in argomento).

    (P.B.)

    • Firma - P.B.
  3. Molto corretto il concetto espresso dalla Coldiretti, partiamo dai fabbisogni irrigui delle due province e dai fabbisogni di acqua potabile (buona) per i rubinetti di Reggio Emilia e Parma e per i comuni a valle di Vetto; considerando che un’opera pubblica, che deve durare centinaia di anni, non si realizza per il fabbisogno attuale ma per il fabbisogno futuro e tutti sappiamo che il fabbisogno idrico è in costante aumento; inoltre si dovrebbe capire che andrebbe ridotto l’uso delle acque del Po per usi irrigui per mille motivi. Il commento di Ivano Pioppi in parte lo ritengo sbagliato; i soliti compromessi all’italiana a volte sono accettabili; qui è molto peggio; a fare la diga alle Gazze si rischia di spendere per un’opera forse più grande e più costosa della diga di Vetto per non servire a nessuno; è solo un modo per dire di sì a chi la propone; sono cose da matti. Basterebbe ascoltare il buon senso e non i partiti e decidere cosa serve.

    (Sergio)

    • Firma - Sergio
  4. L’Enza è un capitale naturale di tutti che come tale deve essere tutelato nelle sue parti più incontaminate, meno antropizzate e dove dovrebbe sorgere la diga ne cancellerebbe di fatto una ricchezza non quantificabile. Il rispetto delle sue ricchezze naturali ha fatto sì che in questa estate torrida e siccitosa il livello idrometrico sia sempre stato al di sopra della media di altre estati (rilevazioni Arpa a Vetto), prova ne sia che il livello attuale è ben superiore a quello del settembre 2016. L’acqua che scorre naturalmente nel fiume non è mai acqua sprecata. Rispettiamo e difendiamo quelle poche ricchezze vere che abbiamo. Saluti.

    (Liga)

    • Firma - liga
  5. Il concetto espresso da “Sergio” sembra piuttosto eloquente, laddove richiama i fabbisogni irrigui delle due province e quelli di acqua potabile (buona) per i rubinetti di Reggio Emilia e Parma e per i comuni a valle di Vetto, nel senso che da tali parole si evince abbastanza chiaramente che non sarà la montagna, o lo sarà in minima parte, ad usufruire dell’acqua eventualmente raccolta negli invasi ricavati lungo il corso dei suoi fiumi o torrenti, ma a beneficiarne saranno soprattutto i territori posti a valle, cosa del resto prevedibile visto il numero di abitanti delle due città e dei popolosi agglomerati urbani della pianura, in una col genere di colture agronomiche che vi si pratica, e con la tipologia del sistema produttivo. A sua volta “Liga” scrive che “l’Enza è un capitale naturale di tutti che come tale deve essere tutelato nelle sue parti più incontaminate” e non pare essere il solo a pensarla così e se gli altri territori hanno le loro specificità e preziosità da esibire e valorizzare, la montagna può verosimilmente considerare un “tesoro” e una risorsa le proprie bellezze naturali, ambientali e paesaggistiche, che vengono tanto più apprezzate dagli appassionati quanto più restano integre ed intatte, rispetto all’intervento dell’uomo (e vengono altresì viste da parte loro come un investimento, anche in prospettiva cioè guardando al futuro). Ogni punto di vista in materia è ovviamente legittimo, ma logica vorrebbe che se c’è bisogno di ulteriore rifornimento idrico per le sopraddette necessità e destinazioni, causa il persistere di condizioni climatiche che allungheranno i periodi di siccità, aggravandone gli effetti, la montagna non possa sottrarsi alla “incombenza” di trattenere e conservare l’acqua per la successiva distribuzione a valle, e se da un lato c’è chi ritiene che la presenza della diga o invaso rappresenti già di per sé una “fortuna” per la montagna, c’è pure chi la reputa invece una “ferita”, e se dovesse passare questa seconda tesi, visto che non è priva di ragioni, la montagna andrebbe per così dire “indennizzata” e “ricompensata” (e non mancano a mio avviso le maniere per poterlo fare).

    (P.B.)

    • Firma - P.B.
  6. Nel letto dell’Enza da Vetto a Selvanizza non ci vanno più neppure i cinghiali, è diventata una foresta di ramaglie e alberi morti di ogni tipo; un invaso ridarebbe la vita e un valore a questi territori, ma oltre a dare acqua ai rubinetti salverebbe l’agricoltura di Reggio Emilia e Parma, questa è la nostra vera ricchezza. Pur comprendendo il dispiacere di tanti nel vedere modificato questo breve tratto di fiume dobbiamo comprendere che i nostri figli hanno bisogno di lavoro, di turismo e di un futuro su queste terre e che l’agricoltura muore se non avrà acqua dagli invasi, i cambiamenti climatici sono una realtà. Non vogliamo la diga di Vetto?, facciamo almeno quella della Stretta delle Gazze, un invaso più piccolo e meno impattante in una zona quasi invisibile; piuttosto di niente è meglio “piuttosto” diceva un vecchio detto.

    (Davide)

    • Firma - Davide
  7. In paese come l’Italia, dove il consumo del territorio è tra i più alti del pianeta come risorsa da tramandare, consegnare alle nuove generazioni, il tratto Selvanizza-Vetto è quanto di meglio abbiamo. Decidere di cancellare un sito S.I.C (Sito di interesse Comunitario) è togliere sviluppo sostenibile a una terra fragile come il nostro appennino. Illudere con chimere di sviluppo turistico la costruzione della diga è ingannare sapendo di farlo e questo non fa bene a nessuno e se uno frequenta la zona sa che d’estate le zone di Temporia e Ranzano sono frequentate ogni anno sempre più. Che la zona é su faglia sismica è meglio ricordarlo, che il bacino per le caratteristiche del fiume e del territorio ne richiederebbe una manutenzione non sostenibile economicamente, rischiando di essere abbandonato come successe per la briglia di Castellarano sulla Secchia: riempitasi in poco tempo di detriti portati dalle naturali piene. Alle spalle di Vetto esiste un esempio di area S.I.C. chiamato anello del Tassaro dove si può vedere e godere i benefici di uno sviluppo, lento se si vuole, ma continuo e sostenibile. Saluti.

    (Liga)

    • Firma - Liga